L’esempio di povertà di San Francesco per uno stile di vita sobrioChe cosa era la povertà per San Francesco, come la viveva in concreto, e come si può vivere oggi, nella società attuale, la dimensione della povertà indicata dal Santo di Assisi? Quali infine le povertà di oggi? Ne parliamo con due padri francescani che ci aiutano a comprendere il tema di una vita cristiana povera, in tutte le sue forme. “Se dovessimo delineare la povertà di San Francesco oggi – dice in questa intervista padre Enzo Fortunato, del Sacro Convento di San Francesco di Assisi – c'è una povertà esistenziale, nel modo di porsi, dove l'uomo vuole spogliarsi di Dio, che si spoglia del suo soggettivismo, della sua arroganza per entrare in dialogo con tutto ciò che ci circonda”. La povertà va vissuta, secondo padre Enzo, “nell'essenzialità e nella semplicità, ovvero l'essenzialità nelle cose e la semplicità nel vivere. Povertà – prosegue il francescano – significa amare le persone e usare le cose e non usare le persone e amare le cose”.
“Francesco d'Assisi – spiega da parte sua padre Pietro Messa, preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum – muore il 4 ottobre 1226 e viene canonizzato nel luglio 1228. Solo da quel momento è denominato santo e la sua vita viene narrata nella prospettiva della santità, ossia in uno stile agiografico che tende a evidenziare la vita virtuosa, compresa la povertà. Quindi sarebbe bene distinguere ciò che afferma frate Francesco d'Assisi, ad esempio nei suoi scritti, e ciò che invece narrano i successivi biografi, alcuni tendenti ad esaltare l'aspetto della povertà, come il famoso Sacrum commercium che narra di un patto sponsale tra il Santo e la povertà. Quando nel Testamento Francesco riepiloga la sua esistenza – prosegue – è assente l'aspetto della povertà mentre centrale risulta il fare misericordia con i lebbrosi”.
Come va vissuto questo ideale di povertà di San Francesco nella società di oggi? “Nella condivisione dei beni – risponde padre Enzo Fortunato – nel saper condividere con chi ha più bisogno, con gli indigenti. Questo è il primo aspetto e forse il più importante: condivisione e solidarietà. E poi nella giustizia, ovvero occorre essere uomini e donne che amano la giustizia”. E in scelte concrete? “Occorre saper rinunciare al superfluo, a tutto ciò che appesantisce la propria vita, per andare al cuore delle cose”.
“Anche in Francesco d'Assisi ci furono dei passaggi nella vita e negli ultimi tempi, dopo varie traversie, evidenzia che centrale è la misericordia”, spiega padre Pietro Messa. “Ad esempio ad un certo punto richiama i frati a non criticare coloro che vivono in morbide vesti, segno che vide come la povertà diventando una ideologia può distruggere la carità. Questo richiamo alla misericordia, che comprende la predicazione del Vangelo fonte di salvezza, significa lasciarsi conformare sempre più all'amore di Gesù, che spinge a prendersi cura dell'altro non solo quando è povero. Su questo possiamo ricordare madre Teresa di Calcutta che, spinta dall'amore eucaristico, non solo ebbe uno sguardo misericordioso per i più poveri tra i poveri, ma anche per persone come Lady Diana. Se l'amore fosse per il povero, nel momento che diventa ricco finirebbe, ma se la passione è per la persona concreta, lo sguardo di benevolenza avvolge tutta l'esistenza”.