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Che cos’è il primato di Pietro?

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Mons. Jacques Perrier - pubblicato il 20/03/13

Nella fede cattolica si trasmette ai vescovi di Roma

1. Tra i doni comunemente accettati dagli storici, c'è l'intenzione di Gesù di prevedere ciò che sarebbe accaduto dopo la sua morte.



Se andiamo indietro nel tempo, troveremo comunità cristiane diverse (Corinto non è Gerusalemme), ma strutturate e collegate tra loro. È in questo contesto che si collocano i quattro Vangeli, a partire da testimonianze dirette. Nei Vangeli la scelta degli apostoli, la formazione, le istruzioni lasciate da Gesù per il futuro e i consigli su come comportarsi di fronte alle difficoltà esterne e interne occupano un posto di grande rilievo.

Gesù non è solo un predicatore itinerante. Come Mosè per gli israeliti, Gesù ha stabilito una nuova istituzione, fondata sugli apostoli. Questa si riconosce non solo in una stessa professione di fede, ma anche in diversi riti come il Battesimo e l'Eucaristia.

“Gesù ha annunciato il Regno e ciò che è arrivato è stata la Chiesa”: questa frase (di Loisy, 1902) viene in genere citata come una condanna della Chiesa che non ha nulla a che vedere con il messaggio originale. Al contrario, per Loisy c'è un elogio: l'annuncio del Regno non era senza futuro, anche se i tre brevi anni del ministero di Gesù continuano ad essere inimitabili.

2. Nel gruppo degli apostoli, Pietro occupa sempre il primo posto, qualunque siano i testi del Nuovo Testamento.



Il Nuovo Testamento contiene varie volte l'elenco dei Dodici Apostoli: Pietro viene menzionato sempre per primo. San Matteo insiste: “Il primo, Simone”, è da dove deriva il termine “principe” degli apostoli. Il suo posto è così originale che Gesù ha cambiato il suo nome: da “Simone” è diventato “Pietro”, perché Gesù possa dire che su quella “pietra” edificherà la sua Chiesa.


I Vangeli insistono sia sulla fede di Pietro che sulle sue debolezze, ma la fede gli deriva da ciò che il Padre gli ha rivelato e Cristo ha pregato perché non gli manchi la fede. Nella notte del Giovedì Santo, Pietro ha rinnegato Cristo, ma ha pianto per il suo peccato. Per questo, ha potuto svolgere la missione affidatagli da Gesù: “Quando sarai convertito, conferma i tuoi fratelli”.


La mattina di Pasqua, Pietro è stato il primo apostolo a entrare nella tomba vuota. Dopo la pesca, Pietro ha ritirato la rete piena di grandi pesci, ben 153; e anche se erano moltissimi, “la rete non si spezzò”.

 
3. Rafforzare i suoi fratelli e vegliare sull'unità: sono due missioni fondamentali del papa, successore di Pietro.



A Pentecoste, Pietro è stato il primo a proclamare “Cristo è risorto”. Pochi anni dopo, Cristo ha creato un nuovo apostolo, unico nel suo genere: San Paolo. Paolo affronterà Pietro su questioni da lui ritenute cruciali. Desidera convincerlo, perché sa che se si separa da Pietro agirà invano.



La generazione degli apostoli ha qualcosa di unico: essere stati testimoni diretti dei fatti. E come Gesù li ha chiamati, allo stesso modo possono chiamare a loro volta altri, visto che per l'imposizione delle mani ricevono lo Spirito Santo e portano avanti la missione.


Al momento della redazione finale dei Vangeli, Pietro era già morto, martire a Roma. Che interesse avrebbero avuto i Vangeli a valorizzare tanto Pietro se non per continuare la sua missione?


Per secoli il primato della Sede di Roma non è stato discusso, anche se il suo esercizio è molto diverso da quello dei tempi moderni. È un criterio di cattolicità: una comunità non può definirsi “cattolica” se non è in comunione con il successore di Pietro.


San Clemente, uno dei primi successori di Pietro, morì prima della fine del I secolo. Intervenne in un conflitto che lacerò la comunità di Corinto, e non solo scrisse una lettera, ma inviò anche messaggeri per risolvere il problema. Questo fatto è ancor più interessante se si sottolinea che la comunità di Corinto venne fondata da San Paolo. San Clemente si riconosceva, quindi, una certa responsabilità in relazione a una comunità che avrebbe potuto rispondergli che non aveva motivo di rendergli conto.

Nel II secolo, Sant'Ignazio di Antiochia si riferisce a Roma come a “colei che presiede la carità”, e Sant'Ireneo le attribuisce un ruolo speciale nelle questioni dottrinali: “Perché con questa Chiesa, a causa della sua preminenza speciale, deve concordare tutta la Chiesa, ovvero i fedeli di tutto il mondo; perché in essa si è sempre mantenuta la successione apostolica con coloro che sono di ogni parte”.

A partire dal IV secolo, i primi concili cercarono di trattare i seri problemi teologici che agitavano le comunità orientali. Per questo, Roma intervenne poco, se non mediante i legati o riconoscimenti a posteriori delle conclusioni. Durante il IV Concilio Ecumenico (Calcedonia, 451), però, una lettera di papa Leone Magno è ratificata come espressione della fede cattolica.

L'esercizio del primato nel I millennio richiederebbe uno studio obiettivo e dettagliato. È necessario uno studio per superare lo scisma del 1054 e trovare, in un modo nuovo, la Chiesa unica e indivisibile dal I millennio.


4. Esistono crisi dal I millennio, ma sono soprattutto la rottura con Costantinopoli e la Riforma protestante che sfidano in modo radicale il primato del papa.



I concili ecumenici non sono stati accettati da tutte le comunità orientali. Alcune Chiese si sono trovate quindi indirettamente in rottura con Roma, soprattutto la Chiesa armena e la Chiesa copta.


Dalla caduta di Roma in mano ai barbari nel 410, il centro dell'impero “romano” si trovava a Bisanzio, che divenne “Costantinopoli”. Per quanto riguarda la Chiesa, cosa succedeva con lo status di Roma in relazione a Costantinopoli? Le tensioni e i malintesi daranno luogo a varie rotture temporanee. Quella del 1054 non sarebbe stata molto grave, ma è durata quasi mille anni, nonostante i tanti sforzi di riconciliazione realizzati per mezzo secolo. Il primato del successore di Pietro fa parte dei disaccordi che persistono. È solo un primato “d'onore”?


Il papato all'epoca di Lutero non era sicuramente esente da sospetti. Il primo grande riformatore, ad ogni modo, ha affrontato il papa con violenza (verbale) inaudita, considerandolo l'Anticristo. La tradizione protestante non riconosce il Sacramento dell'Ordine: l'unico sacerdozio è quello dei fedeli. A maggior ragione, la tradizione protestante non può riconoscere l'autorità suprema di qualsiasi cristiano come successore di Pietro.

Per secoli, il primato del papa è stato un tema tabù: la maggioranza dei cattolici si è mantenuta salda ed è stata odiata dagli altri cristiani. Fino ad oggi, quando da entrambe le parti si è accettato di riaprire la questione, anche se la strada è lunga.

Il movimento della storia ha dato luogo al consolidamento e all'estensione del primato papale, che è stato cambiato dal centralismo romano. Con il dogma dell'infallibilità papale, alcuni si chiedevano se fosse necessario convocare sinodi o concili. Con il Vaticano II si è evidenziato che un concilio era possibile. Anche se il loro funzionamento non è perfetto, gli organi collegiali si riuniscono a Roma ed è riconosciuta qualche autorità a livello di istanze locali, come le conferenze episcopali nazionali. Papa Giovanni Paolo II ha chiesto a tutti di pensare a come esercitare il primato in futuro.

Da parte ortodossa, alcuni percepiscono che il riconoscimento di un semplice “primato d'onore” è troppo debole, non corrisponde alla storia del I millennio e può non essere fedele alla volontà di Cristo. Questa apertura è presente nello spirito di accoglienza dell'attuale patriarca di Costantinopoli, ma è senza dubbio ancora una minoranza nel mondo ortodosso.

Da parte protestante, per molti il primato del successore di Pietro è una questione che non li riguarda e che non ha realmente importanza. Per loro basta la professione di fede comune: “Cristo è risorto”. Egli non ha bisogno di cercare un'altra unità, più visibile.

Alcuni continuano a infastidirsi nei confronti di tutto ciò che porta il segno romano. Esistono parole come “indulgenza” che ravvivano le antiche ire. Altri, invece, in dialogo con i cattolici o i cristiani, accettano di riaprire la questione. Nell'era della globalizzazione, la possibilità data da Cristo di riferirsi al successore di Pietro non è provvidenziale?

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