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Nascere donna è un’opportunità, non un limite

Aleteia - pubblicato il 08/03/13

L'impegno a porre fine alle discriminazioni non si limiti all'8 marzo

L'8 marzo di ogni anno si celebra la Giornata internazionale della donna. Ancora oggi, tuttavia, nascere donna è spesso un limite anziché una ricchezza e un'opportunità. Troppo diffuse sono infatti le discriminazioni nei confronti del genere femminile, dalla violenza fisica a quella psicologica, dai maltrattamenti in ambito familiare alle limitazioni nel mondo del lavoro.

La violenza contro le donne, in tutte le sue declinazioni, non conosce confini. Nei Paesi meno sviluppati nascere donna significa avere più probabilità di vivere in condizioni di povertà, essere emarginate e veder violati i propri diritti fondamentali. Puntare su ragazze e donne principalmente attraverso l’educazione è invece “la chiave per rompere il ciclo della povertà”, “per promuovere la loro autonomia e far sì che possano avere una voce propria. Educare una donna è educare un popolo” (Agenzia Sir, 8 marzo).

In tutto il mondo, anche nei Paesi sviluppati, uno dei drammi più diffusi affrontati dalle donne è la violenza tra le mura domestiche, “là dove si pensa di essere al sicuro” (Agenzia Sir, 8 marzo), dovuta soprattutto a una concezione malata dell’amore che confonde sentimento e possesso, senza riconoscere il confine della libertà altrui.

Il problema non riguarda solo le fasce marginali. Secondo un’indagine Istat del 2006 – l’unica disponibile -, in Italia erano 6.743.000 le donne tra i 16 e i 70 anni che dichiaravano di essere state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita, e nella maggior parte dei casi le violenze – “coperte da silenzio e vergogna, quasi che la colpa fosse della vittima” – provenivano da partner e familiari (Avvenire, 8 marzo).

Ornella Obert, referente dell’area Vulnerabilità del Gruppo Abele, attivo da anni contro la violenza sulle donne, spiega che solo il 18% delle vittime considera reato quanto subito, il 44% lo considera sbagliato, il 36% “qualcosa che è successo”. Gravissimi poi i danni subiti dai bambini picchiati o che assistono alle violenze sulla madre, che tendono a replicare quanto visto e già nell’adolescenza picchiano le madri. Per questo, il gruppo chiede che sia inserito nel Codice Penale il reato di violenza assistita sui minori.

Ci sono poi le violenze “mascherate” da usanze culturali, come le mutilazioni genitali femminili (Mgf), subite ogni anno da milioni di bambine, ragazze e donne, soprattutto nei Paesi meno sviluppati ma che con l'emigrazione di stanno diffondendo ovunque. Solo nell'Unione Europea, infatti, si calcola che le vittime siano circa mezzo milione (Avvenire, 8 marzo).

Anche se le violenze subite dalle donne “non sono mai tollerabili”, come ha sottolineato in un messaggio per la Giornata internazionale il Segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon (Radio Vaticana, 8 marzo), sembrano non aver fine e diffondersi in modo sempre più sottile. In Italia la situazione non è certo incoraggiante. Secondo l’ultimo Report sul Global Gender Gap 2011, siamo al 90° posto per occupazione femminile, al 121° per parità salariale e al 97° per incarichi al vertice.

L'occupazione femminile è appena del 46%, meno che in Romania e Bulgaria. In campo lavorativo, si registra un divario retributivo fra uomini e donne del 10%, per non parlare dei riconoscimenti delle competenze. Lavoro e maternità sono poi “sono meno conciliabili che in qualsiasi Paese europeo”, ha sottolineato la demografa sociale Rossella Palomba. L'Italia detiene anche un altro triste primato europeo: il carico di lavoro non pagato dovuto alla famiglia, pari a 5 ore e mezzo al giorno (Famiglia Cristiana, 8 marzo).

In questo contesto, bisognerebbe prendere ispirazione dal cristianesimo, che riconosce e proclama l'uguale dignità e responsabilità della donna rispetto all'uomo. Di fronte alla persistente mentalità maschilista, come ha affermato papa Benedetto XVI, i cristiani devono impegnarsi sempre più per essere ovunque “promotori di una cultura che riconosca alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità che le compete” (La Nuova Bussola Quotidiana, 8 marzo).

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