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Il cardinale Christoph Schönborn, il “figlio spirituale” di Ratzinger

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padre Dwight Longenecker - pubblicato il 08/03/13
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Figlio di aristocratici tedeschi, è colto e poliglotta
Uno dei dettagli affascinanti che emergono quando si considerano i cardinali della Chiesa cattolica è la vasta gamma non solo di nazionalità, ma anche di background di tipo socio-educativo. Il figlio di un camionista qui, quello di un contadino lì. Da una parte il figlio di una famiglia borghese di un Paese sviluppato, dall’altra quello di operai di un Paese in via di sviluppo. Qui il figlio di un agricoltore statunitense, lì il rampollo di un’aristocratica dinastia europea.

Il cardinale Christoph Schönborn appartiene alla nobile e venerabile famiglia boema degli Schönborn-Buchheim-Wolfstahl. Nel corso degli anni, la sua famiglia ha dato alla Chiesa due cardinali e 19 arcivescovi, vescovi, sacerdoti e suore. Il cardinale segue le orme del suo prozio, il cardinale Franz Graf Schönborn, che era anche alla guida dell’episcopato austriaco.

Dopo la II Guerra Mondiale, la famiglia Schönborn venne costretta ad abbandonare la Boemia. Christoph è entrato nell’Ordine domenicano nel 1963, studiando poi Teologia a Parigi e Filosofia e Psicologia a Bornheim-Walberberg. Ha compiuto altri studi all’Institut Catholique di Parigi e ha studiato Cristianesimo slavo e bizantino alla Sorbona. È stato allievo di Joseph Ratzinger a Ratisbona, ha conseguito un dottorato in Teologia Sacra a Parigi e ha insegnato Teologia presso l’Università di Friburgo (Svizzera). Parla correntemente sette lingue ed è noto come principale editore del Catechismo della Chiesa Cattolica.

 Come arcivescovo di Vienna, il cardinale Schönborn ha affrontato periodi tormentati, dovendo affrontare una Chiesa in subbuglio e aiutandola a stabilizzarsi dopo uno scandalo di abusi sessuali. È sembrato tuttavia impotente nel far fronte a un’aperta ribellione di alto livello nel clero liberale che chiede riforme nella Chiesa su questioni come il celibato e l’ordinazione femminile. Ha anche avuto scontri con alti officiali vaticani ed è stato criticato per aver interferito in dispute interne in settori della Chiesa al di là della sua autorità.

Come sarebbe un pontificato di Schönborn? Ha sicuramente l’acume intellettuale per guidare la Chiesa. È stato definito il “figlio spirituale” di Benedetto XVI, per cui sarebbe un conservatore e un affidabile difensore della fede. Non è solo un valido accademico, comunica bene anche con la gente ordinaria. Sa poi usare i media: ha eloquenza, è popolare e in grado di comunicare con persone di estrazione diversa, compresi i giovani.

Il cardinale Schönborn è attivo nella Nuova Evangelizzazione ed è un grande sostenitore della nuova missione e dei movimenti spirituali che attirano i giovani. Ho incontrato il cardinale quando visitavo Vienna per una conferenza sulla Nuova Evangelizzazione. Ha parlato bene e con passione, ed era a suo agio con i tanti giovani che volevano ascoltarlo e parlare con lui. Parlando molte lingue ed essendo un abile comunicatore, si troverebbe bene nella posizione più elevata. Saprebbe gestire tutti gli aspetti del pontificato più di Benedetto XVI, caratterizzato da un fare riservato.

La questione è che Schönborn sembra spesso prendere una posizione, farsi coinvolgere in un problema, mettere un piede in fallo e poi cercare di fare ammenda. In lui ci sono un’ambiguità e un’incertezza che lasciano perplessi. Il suo modo di gestire la crisi nella sua arcidiocesi è stato un esempio di leadership debole e inefficace o è stato sensibile a livello pastorale, pronto ad ascoltare e al compromesso, a lavorare dietro le quinte per mantenere l’unità? Un’ambiguità simile potrebbe significare una mancanza di spina dorsale per avviare la riforma di cui la Chiesa ha bisogno in questo momento.

Con il cardinale Schönborn avremmo un aristocratico europeo intellettuale che guida la Chiesa. Anche se parla sette lingue e ha un interesse e una conoscenza profondi relativamente alle Chiese orientali, ha l’esperienza estera necessaria per guidare la Chiesa globale? La Chiesa ha bisogno di un altro intellettuale che parla tedesco o di un leader di un Paese in via di sviluppo? Ha bisogno di un aristocratico nato in un castello ed educato nelle migliori scuole o di un uomo con una sensibilità più comune?

Forse sono domande irrilevanti. Il sacerdozio cattolico è un grande livellatore; le questioni legate a origini familiari e background diventano meno significative quanto più una persona occupa gli incarichi più elevati. Le vesti color porpora dei cardinali li rendono tutti uguali. Se il cardinale Schönborn fosse eletto papa per opera dello Spirito Santo, saprebbe superare i limiti della sua ascendenza aristocratica quanto il figlio di un contadino potrebbe superare la propria serie di ostacoli.

È questo, in definitiva, il ruolo degli elettori: valutare i requisiti di un uomo, il suo background sociale ed etnico, la sua esperienza e le sue relazioni, le necessità di tutta la Chiesa, e poi discernere quel “qualcosa” extra – quelle indefinibili qualità spirituali che distinguono l’uomo che entrerà nel “Lacrimatoio” per indossare la veste bianca.

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