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Il nuovo papa? Riformi la Curia e la Chiesa universale

Aleteia - pubblicato il 04/03/13

Gli incontri pre-Conclave necessari per capire la personalità dei cardinali

Uno dei compiti principali del nuovo papa sarà quello di riformare la Curia romana e la Chiesa. È l'indicazione che arriva da più parti in questo periodo di pre-Conclave, in cui i cardinali stanno iniziando a riunirsi per analizzare le priorità principali da affrontare e conoscersi meglio.

Come ha indicato il cardinale Walter Kasper, infatti, l'obiettivo degli incontri che precedono il Conclave è quello di scoprire la personalità dei vari porporati, assai più importante della loro età o nazionalità. Non sono incontri per “conversazioni sottobanco”, come spesso la cosa viene rappresentata, e non si fanno accordi, “comunque proibiti”. “Si parla gli uni con gli altri, ci si conosce – anche a livello non verbale – e si inizia ad avere un'idea degli uni e degli altri”. Anche per questo, il cardinale Kasper non è d'accordo ad anticipare troppo il conclave, perché conoscersi reciprocamente “richiede tempo” (Die Presse.com, 3 marzo).


Quello che tutti si attendono è innanzitutto “un papa che sia un coraggioso riformatore”. Senza un cambiamento deciso in vari aspetti della vita della Chiesa e delle sue istituzioni, infatti, la ripresa dell'evangelizzazione non può decollare, perché in molti Paesi, “paradossalmente, proprio certi aspetti del volto della Chiesa ostacolano quell'approccio simpatetico con il mondo, la reciproca stima, la disponibilità al dialogo, indispensabili per comunicare la fede agli uomini”  (Corriere della Sera, 1° marzo).

La riforma dovrebbe iniziare dalla Curia, al cui interno si verificano fenomeni che il cardinale Kasper ha definito “profondamente preoccupanti”, come “corruzione, cose che hanno a che fare con la sessualità, aspirazioni di carriera e di potere”; fenomeni “molto umani”, ma che “nella Curia non dovrebbero esserci, o esserci in maniera sensibilmente inferiore ad altri ambienti”. Anche se alcune campagne mediatiche offrono un’immagine “certamente falsata” della Curia romana, invece, “non c’è dubbio che troppo spesso certi ecclesiastici offrono l’occasione di scrivere certi articoli” (La Stampa, 4 marzo).

 La santità personale di coloro che operano a capo delle istituzioni ecclesiastiche, ad ogni modo, non risolve il problema, perché molti non sperimentano dal di dentro la vita della Chiesa, scorgendone il volto solo dalle sue manifestazioni “pubbliche”. Proprio in questo senso,  dom Alessandro Barbán, priore generale dei Camaldolesi, ha sottolineato quanto conti la trasparenza, “fondamentale non solo per la legittimità e la credibilità della Chiesa verso gli stessi credenti, ma anche come cartina di tornasole decisiva per coloro che guardano alla Chiesa da fuori e che spesso non sono credenti” (L'Unità, 4 marzo).

Per il direttore de “L’Osservatore Romano” Giovanni Maria Vian, il “governo della Chiesa” sarà la chiave di volta del Conclave. In questo contesto, appare necessario snellire gli organismi curiali e ripristinare regolari incontri dei capi-dicastero con il pontefice perché questi abbia maggiori input, riunioni plenarie più frequenti (non solo due o tre volte l’anno), riunioni del collegio cardinalizio con un’agenda precisa, sessioni dei sinodi dei vescovi con uno o due temi su cui esprimere un parere specifico e non assemblee generiche su argomenti vasti come la nuova evangelizzazione (Il Fatto Quotidiano, 3 marzo)
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Perché questa riforma avvenga, per il cardinale Kasper serve che il papa abbia “forza di volontà e di resistenza”: “non può semplicemente dire: da domani facciamo in un altro modo. Deve anche imporsi”. Il nuovo pontefice non può dunque essere “solo un manager”, ma “una persona con profondità spirituale, un pastore”, capace di annunciare il Vangelo in una società “che non è atea, ma si è fabbricata gli idoli del denaro, del successo, dell’apparenza”.

Anche la Chiesa ha bisogno di una riforma profonda, considerando che “l'unità è importante, ma in una leale molteplicità”. Da valorizzare soprattutto la collegialità episcopale, che “non può attendere la straordinaria convocazione di un concilio ecumenico per essere attuata pienamente” (Corriere della Sera, 1° marzo).

Prima e al di sopra di tutto, ad ogni modo, resta la necessità di partire dall'intenzione fondamentale  di Benedetto XVI, che “ha voluto risalire alle origini apostoliche, ripartire dal Vangelo, impostare il rinnovamento della Chiesa a partire dall'essenza della fede” (Corriere della Sera, 2 marzo).

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