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Benedetto XVI, pietra miliare della storia

Aleteia - pubblicato il 27/02/13

La sua scelta di dimettersi “umanizza” la Chiesa

L'annuncio di Benedetto XVI di porre fine al suo pontificato ha suscitato stupore in tutti i settori, religiosi e laici, con ripercussioni ancor più evidenti in Italia per i tradizionali vincoli che questa ha con il pontefice. La notizia è giunta, inoltre, nel pieno della campagna elettorale, distogliendo improvvisamente dalla cronaca e permettendo di “respirare l'aria della grande storia” (Il Sole 24 ore, 27 febbraio).

Alla vigilia dell'entrata in vigore della rinuncia, che scatterà alle 20.00 di giovedì 28 febbraio, i commenti su questo gesto storico del pontefice sono tutti positivi. Dopo lo sconcerto iniziale, infatti, uomini e donne di fede, laici e atei esprimono giudizi solo a favore della scelta di questo pontefice diventato “una pietra miliare”, tanto che “ci sarà un prima e un dopo papa Ratzinger” (Corriere della Sera, 26 febbraio).

Lungi dall'essere una sconfitta, la sua rinuncia è ritenuta “un momento importante nella storia della Chiesa, che si umanizza”. “Se la Chiesa fosse una repubblica, lo definirei un gran gesto repubblicano, come quello di Cincinnato”, ha commentato Michael Onfray, il più ateo dei pensatori francesi, che pur avendo fatto della scristianizzazione della scienza e della conoscenza occidentale una delle sue principali battaglie non nasconde ammirazione e rispetto per Benedetto XVI (Il Messaggero, 26 febbraio).

Rinunciando alla sua carica, Benedetto XVI ha infatti avuto il coraggio di “spogliarsi di tutto e di cedere il posto a un altro”, dando prova della “stessa disponibilità a obbedire allo Spirito di Giovanni Paolo II”, ha spiegato il filosofo Rémi Brague (L'Osservatore Romano, 27 febbraio), ricordando che “il papa non è una persona sacra, ma il portatore di una funzione”.

Benedetto XVI, ha sottolineato, è del resto “abbastanza teologo” da sapere che “il solo capo, la sola 'testa' della Chiesa, è Cristo risorto”. Il ruolo del papa è invece quello di “custodire e trasmettere, senza dispersioni, il deposito della fede ricevuto dagli apostoli”.

Quello di Joseph Ratzinger si pone dunque come un “gesto profetico”, “ricco di umiltà molto profonda”. “ Il papa non fugge dalla responsabilità ma è consapevole che, nelle sue condizioni fisiche, non può continuare la sua missione. Quindi lascia il suo posto a un altro che il Signore indicherà per guidare la Chiesa in questo momento critico” (Agenzia Sir, 26 febbraio).

Per lo storico delle idee Remo Bodei, “è come se egli avesse voluto sparigliare le carte e aprire il tavolo ad un nuovo gioco” (Il Mattino, 25 febbraio). Secondo il poeta e filosofo Marco Guzzi, “è come se avesse voluto dire che bisogna cambiare radicalmente. Non si è limitato a dirlo, ma ha cominciato a  farlo mettendo in gioco la sua stessa persona. Il suo è stato, insieme, un atto di umiltà, di coraggio e di sfida: il riconoscimento dei limiti e della fragilità del corpo e della mente di ogni uomo, ma anche la volontà di segnare un nuovo inizio, affidato però a chi verrà dopo di lui” (“Viandanti”, 25 febbraio).

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