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Il diritto-dovere all’elezione del pontefice

Chiara Santomiero - pubblicato il 22/02/13

Un cardinale può rinunciare al voto in Conclave?

Nei giorni scorsi il settimanale "Famiglia Cristiana" ha rilanciato in Italia la campagna svolta negli Stati Uniti da un gruppo cattolico di sinistra (Catholics United) che chiede l’esclusione dalla partecipazione al prossimo conclave dell’ex arcivescovo di Los Angeles, Roger Mahony, accusato di aver coperto i preti pedofili della sua diocesi. Non a caso quindi, l’interesse dei giornalisti della sala stampa vaticana chiamati questo venerdì a un briefing di approfondimento sulla costituzione apostolica Universi Dominici Gregis in materia di sede vacante ed elezione del pontefice con mons. Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, si è appuntato in particolare sulla possibilità che un cardinale rinunci o sia costretto a rinunciare al diritto di voto in conclave.

Il diritto di eleggere il Romano Pontefice, recita l’art. 33, della Universi Dominici Gregis spetta unicamente ai cardinali di Santa Romana Chiesa, ad eccezione di quelli che, prima del giorno della morte del Sommo Pontefice o del giorno in cui la Sede apostolica resti vacante, abbiano già compiuto l’80° anno di età. Il numero massimo di cardinali elettori non deve superare i centoventi.

“L’elezione – ha spiegato Arrieta – è demandata a un corpo elettorale non troppo numeroso per la facilità della convocazione”. Nessun cardinale, si sottolinea nel testo normativo, “potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva”. Si tratta, secondo l’esperto del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, di “un diritto inviolabile e di un ministero” e l’elettorato non può venir meno “per proteggere la libertà della Chiesa”.

E’ un’esigenza talmente importante, quella di tutelare da qualsiasi incertezza l’elezione del pontefice, che “anche nel caso del crimine di simonia (n.d.r. l’acquisizione di beni spirituali in cambio di denaro), tutti coloro che se ne rendono colpevoli sono colpiti da scomunica latae sententiae ma il voto resta valido perché non possa essere impugnata la validità dell’elezione del Papa”.

Qualsiasi ingerenza nel voto in Conclave – ogni sorta di promessa, patteggiamento, accordo per dare o negare il voto ad uno ad alcuni cardinali – prevede per chi vi si presti o la commetta scomunica latae sententiae (articoli 78-79). Così all’art. 80 della costituzione è previsto che nessuna autorità civile possa esercitare pressione sull’elezione del pontefice. “Vi sono più scomuniche latae sententiae in questa legge – ha commentato scherzosamente con i giornalisti Arrieta – che in tutto il diritto canonico".

E se il cardinale Mahony che domani deporrà in un tribunale statunitense sulle accuse di insabbiamento fosse arrestato?

“Non esistono norme per un caso del genere”, ha risposto Arrieta che si è limitato a sottolineare che il porporato "non potrebbe venire a Roma" ma non perderebbe per questo il diritto di voto. Anche l’ipotesi di un impedimento a raggiungere Roma per motivi di salute deve essere accettato e certificato dal collegio dei cardinali riunito nella Congregazione generale dopo l’inizio della sede vacante.

E’ il caso del cardinale indonesiano Julius Riyadi Darmaatmadja, arcivescovo emerito di Jakarta di 78 anni che ha annunciato con “scelta libera e personale” di “non essere in grado di sedermi con gli altri cardinali e votare per il nuovo Papa. Per questo ho deciso di non andare a Roma, per un evento importantissimo e storico per la Chiesa''. La sua rinuncia porterebbe il numero dei grandi elettori da 117 a 116.

“Per non avere diritto al voto – ha spiegato Arrieta – un cardinale dovrebbe perdere la dignità cardinalizia”. Questa rigidità delle norme si giustifica “con l’esigenza di conservare l’unità della Chiesa”. “Occorre leggere queste prescrizioni – ha concluso il canonista – con il senso dei 2000 anni di storia della Chiesa, dell’esperienza degli scismi e quindi con le preoccupazioni che le ispirano”.

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