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Il digiuno secondo la Sacra Scrittura

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padre Angelo Bellon, o.p. - pubblicato il 22/02/13
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Espiazione, rinforzo della preghiera, preparazione a ricevere grazie1. Per digiuno s’intende comunemente il privarsi di cibo o di bevanda, eventualmente anche delle relazioni sessuali, per uno o più giorni, da un tramonto all’altro. Gli occidentali oggi, sebbene cristiani, lo praticano poco. Apprezzano la moderazione nel mangiare e nel bere, ma il digiuno sembra loro dannoso per la salute o, comunque, non ne comprendono l’utilità spirituale. È un atteggiamento opposto a quello che gli storici delle religioni riscontrano ovunque: per motivi di ascetica, di purificazione, di tristezza, di preghiera, il digiuno ha un posto importante nei riti religiosi.

2. Nell’Antico Testamento è praticato da Mosè per disporsi corpo e anima a ricevere la Legge di Dio nei comandamenti: “rimase con il Signore quaranta giorni e quaranta notti senza mangiare pane e senza bere acqua” (Es 34,28). Viene praticato da tutti volontariamente per umiliarsi davanti a Dio, per essere liberati da dolori e preoccupazioni , perché siano allontanate le calamità, per essere ascoltati da Dio rinforzando la preghiera con un sacrificio personale.

3. Presso gli ebrei per legge era previsto soltanto il “grande digiuno”, nel giorno dell’Espiazione, lo “iom kippur” (Lv 16,29-31), che si celebrava verso l’equinozio di autunno. Questa pratica era una condizione di appartenenza al popolo di Dio (Lv 23,29). Durava, come anche l’assoluto riposo, tutto il giorno e per i trasgressori era prevista la pena capitale.

4. Ai tempi di Gesù alcuni giudei digiunavano per devozione personale, come la vecchia Anna che compare al momento della presentazione di Gesù al Tempio. Rinforzava col digiuno la supplica a Dio di mandare sulla terra il Messia: “Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere” (Lc 2,37). In questa linea si trovano i discepoli di Giovanni Battista e i farisei, alcuni dei quali digiunavano due volte la settimana (Lc 18,12).

5. Anche Gesù digiuna per quaranta giorni e quaranta notti. Il suo digiuno però ha un significato nuovo. Mentre Mosè, digiunando, si prepara a ricevere la rivelazione divina, Gesù che è la Rivelazione stessa perché è Dio che si manifesta in una natura umana, digiuna per meritare che coloro che avrebbero ascoltato la sua parola avessero la forza di aprirgli il cuore.

6. Il digiuno compiuto dai cristiani conserva il significato dei digiuni compiuti nell’Antico Testamento: espiazione, rinforzo della preghiera, preparazione a ricevere grazie. Ma aggiunge il significato del digiuno compiuto da Gesù: è una forma concreta di unirsi al Signore e al suo sacrificio per completare nella nostra carne ciò manca ai patimenti di Cristo (la nostra partecipazione) a favore della sua Chiesa, per la conversione di molti. A coloro che domandavano come mai gli apostoli non erano riusciti a cacciare un demonio, Gesù rispose che certa specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e il digiuno (Mt 17,21).

7. La Chiesa apostolica conserva le usanze ebraiche del digiuno, compiendole con lo spirito definito da Gesù.  Gli Apostoli digiunano in alcune circostanze per disporsi a conoscere la volontà di Dio e anche per comunicare con maggiore aderenza al Signore la grazia dell’ordine sacro: “Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati». Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono” (At 13,2-3);  Così fanno anche Paolo e Barnaba quando nelle varie Chiese istituiscono i presbiteri: “designarono in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto” (At 14,23). Paolo non si contenta di soffrire la fame e la sete quando le circostanze lo esigono, ma vi aggiunge ripetuti digiuni (2 Cor 6,5; 11,27).

8. È per questo che la Chiesa guarda alla quaresima come ad un tempo di rifiorimento spirituale, come ad una nuova primavera. Per il digiuno e le pratiche penitenziali compiute in comunione con Gesù molti ricevono la forza di aprirgli il cuore e di convertirsi.