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Il Super Bowl sdogana la pubblicità di tipo religioso

Aleteia - pubblicato il 16/02/13

La setta di Scientology manda in onda un proprio spot durante l'evento

Il Super Bowl, la finale del campionato americano di football che richiama frotte di spettatori reali e televisivi, è da ricordare quest'anno anche per un elemento che nulla ha a che fare con lo sport: lo sdoganamento del concetto di pubblicità televisiva di carattere religioso.

Nel corso della trasmissione è stato infatti mandato in onda sulla Cbs – davanti a circa 100 milioni di spettatori – uno spot della setta di Scientology, costato a quanto pare 8 milioni di dollari (Huffington Post, 5 febbraio).

Il fenomeno della pubblicità di tipo religioso è quasi sconosciuto in Italia, fatta eccezione per le pubblicità dell'8×1000 alla Chiesa cattolica, ma arriverà presto anche da noi? Per il fotografo Oliviero Toscani “non è una novità. L'abbiamo inventata noi la pubblicità religiosa. La pittura del Rinascimento, le Vergini Marie, i papi… La Chiesa mica vende l'ostia: vende comunicazione”.

A suo avviso, una pubblicità non è diversa da un libro, perché il linguaggio pubblicitario televisivo non ha una sua specificità. “Le chiese sono mezzi di comunicazione, uno entra e non vede altro che immagini, e con la comunicazione pubblicitaria televisiva non c'è nessuna differenza”. Michelangelo, ha aggiunto, “lavorava per il Papa e raccontava delle bugie, perché non è provato che esista Dio, la verginità della Madonna, potrebbe essere tutto contestabile, come si fa a provare?”.

Si potrebbe allora obiettare che è questa la prova della differenza tra la comunicazione religiosa quella della pubblicità commerciale, perché quest'ultima non può promuovere un prodotto che non si sa se esista o meno, altrimenti è ingannevole. Per Toscani, “la comunicazione religiosa infatti è totalmente ingannevole, perché non è sicura”, e non vede perché non dovrebbe diffondersi anche in Italia.

I sessanta secondi acquistati da Scientology per mandare in onda il suo spot, pieni di immagini accattivanti all'ultima moda, ricordano ad ogni modo più un promo di un nuovissimo prodotto tecnologico che quello di una “religione” (Tempi, 5 febbraio).

Il tema della pubblicità è la conoscenza di se stessi e del mondo, che Scientology cerca di promuovere con fotogrammi patinati in cui vengono mostrati potenziali adepti del culto. “Tutti splendenti e vestiti all’ultimo grido, ovviamente, che guardano in camera sorridenti e felici, mentre una voce fuori campo illustra le virtù della cerchia di Scientology. Come se si trattasse di una crema antirughe”.

“Per chi è curioso, chi è assetato di conoscenza, chi ha bisogno di sapere. Per chi ha domande sull’universo, per chi se ne frega delle etichette, per i ribelli, gli artisti, i liberi pensatori. (…) Abbiate il coraggio di pensare da soli, per cercare la verità, e quello che è vero per te. Guardate per credere”, dice la voce di fondo.

A riprova del potere esercitato dal mezzo televisivo, nei giorni successivi al Super Bowl il video della setta su Youtube è stato uno dei più visti. “Siamo molto felici dell'interesse che ha suscitato”, ha dichiarato un portavoce della setta (DailyMail, 4 febbraio). La reazione su Twitter e altri social media è stata tuttavia di scherno, e molte critiche sono giunte soprattutto da persone coinvolte nell'industria video.

Per Jeff Sharlet, assistant professor presso il Dartmouth College che ha scritto su religione e media, la pubblicità religiosa riguarda soprattutto le religioni minoritarie, nel tentativo di proporle come anticonformiste e accattivanti. “Più che evangelizzare fanno questo”, ha affermato. “Cercano di dire 'Puoi fidarti di noi'” (The New York Times, 5 febbraio).

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