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Come sarebbe un papato africano?

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padre Dwight Longenecker - pubblicato il 16/02/13
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Da più parti si guarda a un pontefice non europeo
Il romanzo più famoso di Joseph Conrad esplora i temi dell’oscurità e della luce attraverso una giornata nell’Africa più oscura, e da allora questo continente è stato caratterizzato come un luogo di oscurità, povertà, violenza, superstizione, malattia e morte.

Non si può negare che la maledizione della schiavitù, il depredamento del colonialismo e la violenza delle guerre etniche e intertribali abbiano macchiato una parte del bel continente africano, ma ci sono molte buone ragioni per considerare l’Africa di oggi non come il cuore delle tenebre, ma come un continente di speranza, gioventù e con un futuro brillante… soprattutto per i cattolici.

Il cristianesimo è in crescita in Africa, e il cattolicesimo è il settore in cui i cristiani aumentano di più. Quando papa Benedetto XVI ha visitato il continente nel 2009 c’erano circa 158 milioni di cattolici. Nel 2025 ce ne saranno 230 milioni, un sesto dei cattolici del mondo intero. Il più grande seminario del mondo si trova in Nigeria, e l’Africa offre la più alta percentuale di nuovi sacerdoti al mondo. Il continente esibisce con orgoglio i suoi 16 cardinali; tra questi Peter Turkson, del Ghana, è in cima alla lista di molti per la successione a Benedetto XVI.

Sarebbe possibile eleggere un papa africano? Philip Jenkins, autore de “La prossima cristianità”, ha scritto che “la prospettiva di un papa di colore africano eccita comprensibilmente i cristiani di tutti i settori politici”. Lo stesso cardinale Ratzinger, tre anni prima della sua elezione al pontificato, suggeriva che un papa africano sarebbe “del tutto plausibile” e “un segno meraviglioso per tutta la cristianità”. Avrà accettato il papato prevedendo che sarebbe stato una transizione tra il pontificato radicale di Giovanni Paolo II e un papa ancor più radicale dell’Africa?

Come sarebbe un papato africano? In primo luogo, un pontefice africano porterebbe una prospettiva del tutto diversa al cattolicesimo mondiale. La sua comprensione della fede sarebbe condizionata dalla conversione relativamente recente dell’Africa dalle religioni tribali. Il cardinale Francis Arinze, ad esempio, è stato allevato in seno a una religione tribale e si è poi convertito al cattolicesimo. La lunga storia dell’Europa fusa con il cattolicesimo a tutti i livelli è per gli africani un tema di studio, e non un’esperienza primaria. Ciò darebbe al nuovo papa un’inclinazione del tutto nuova nella fede cattolica.

Questo significa che la presa di coscienza sull’Africa, il suo potenziale e i suoi problemi inizierebbero ad essere presenti nella mente di tutti i cattolici. Come il pontificato di Giovanni Paolo II ha aperto i cattolici del mondo alla sofferenza della Polonia e dei Paesi dell’Est europeo, così un pontefice africano catalizzerebbe l’attenzione del mondo sull’Africa.

Un papato africano porterebbe anche alla ribalta il conflitto tra islam e cattolicesimo. In alcuni Paesi africani le due religioni si fanno una concorrenza spietata, suscitando violenze e persecuzioni. La guerra aperta tra cristiani e musulmani in Africa getterà luce sullo stesso conflitto che si agita sotto la superficie in Europa e in America del Nord. Un papa africano avrebbe la possibilità di comprendere meglio il conflitto con l’islam, ma vi sarebbe coinvolto in prima persona, così come sarebbe coinvolto nella ricerca di una soluzione.

Un papa africano aiuterebbe, inoltre, anche a sviare un po’ l’attenzione dell’Europa e del Nordamerica verso alcune questioni ritenute cruciali ma verso le quali gli africani sono del tutto indifferenti. L’intellettualismo nordamericano ed europeo sembra ossessionato dall’uguaglianza dei diritti, dal matrimonio omosessuale, dall’ordinazione femminile, dalla contraccezione e dalle questioni di genere. La maggior parte degli africani non si interessa a tali questioni. In realtà, provano disgusto di fronte alla decadenza occidentale.

Per quanto riguarda le questioni economiche, invece, gli africani si preoccupano della pace e della giustizia, ma vogliono sfidare le Nazioni occidentali sul loro continuo colonialismo economico. Quanto a povertà e ricchezza, per molti africani le preoccupazioni sono immediate: mio figlio mangerà oggi? C’è una scuola dove mia figlia possa andare? Mia madre e mio padre troveranno un ospedale? Un papato africano sottolineerebbe le reali necessità dei poveri e le ragioni globali della loro povertà. Gli africani vedono la lotta per l’uguaglianza dei diritti a un livello più profondo ed essenziale. Vogliono il diritto di guadagnarsi da vivere, il diritto di mangiare tutti i giorni, il diritto di avere un alloggio e l’accesso all’acqua potabile.

Bisogna poi ricordare che il papa non è un leader politico, un uomo di Stato, un diplomatico, un economista o un assistente sociale. È il leader spirituale di un miliardo di cattolici in tutto il mondo. Un papa africano, se educato in Occidente, equilibrerebbe un’istruzione occidentale razionale con una fede viva nel cattolicesimo come religione rivelata a livello soprannaturale. Il cortese ed educato liberalismo dell’Occidente non si adatta a molti africani per i quali la religione è essenzialmente una transizione tra questo mondo e quello che verrà. Un papa africano aiuterebbe i cattolici a ricordare che la loro fede riguarda, prima e al di sopra di tutto, la battaglia tra il bene e il male e la lotta per la salvezza dell’anima.

Questo cambiamento di prospettiva è forse il più grande dono che un papato africano porterebbe alla Chiesa e al mondo. Sarebbe un dono di luce venuto dal cuore delle tenebre e un dono di rinnovamento per una cultura europea invecchiata, fredda e che ora è diventata il nuovo cuore delle tenebre.