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Le dimissioni del Papa: un atto di fiducia nella Chiesa

Aleteia - pubblicato il 12/02/13

Da Benedetto XVI, una lezione incredibile per ogni singolo uomo

Il teologo Pierangelo Sequeri così “balbetta parole” di fronte al coraggio di Benedetto XVI: «“Sentiamo però che mai così efficacemente siamo stati messi di fronte alla nuda fede che ci è necessaria, affinché la Chiesa – la Chiesa, sì, il vangelo che è affidato agli umani! – lasci spazio a nuove energie e a nuovi chiamati. Perché le sia concesso di mostrare, in modo totalmente persuasivo, la sua totale passione per il vangelo insieme con il suo totale distacco da se stessa. Dovremo al gesto del Papa Benedetto – ci verrà in mente per secoli – la riscoperta ecclesiale della forza che viene da questa perfetta sovrapposizione di totale passione e di totale distacco. È per questo che esiste, un Papa. E che cosa può fare di più, un Papa, per convincerci ad abbandonare una volta per tutte le passioni tristi e gli ambigui interessi che ci distolgono dall’appello del Signore alla Chiesa? Non potremo mai più dimenticare il modo con il quale ci è stata spalancata la porta di una fede totalmente disinteressata, alla quale restituire appassionata evidenza per tutti coloro che ne hanno perso l’immagine. E non avremo scuse, se non faremo tesoro, di fronte alla storia, di questo splendido magistero del congedo di un Papa» (Avvenire, 12 febbraio).

Stessi accenti nel commento del sociologo Franco Garelli: «È un grande atto di umiltà e di onestà, ma nello stesso tempo anche di enorme fiducia nelle risorse della Chiesa. Una dichiarazione che (…) spinge i credenti a chiedersi sin dove si spinga l’azione dello Spirito Santo nell’accompagnare la vita della Chiesa e degli uomini. Un Papa che risponde anzitutto a Dio e alla sua coscienza, che si dimette perché avverte che gli mancano le forze per portare avanti un compito sovrumano. La coscienza, dunque, prevale sull’investitura; il senso del limite sulla pressione a mantenere nel tempo l’alto ruolo di responsabilità a cui era stato chiamato; la libertà di spirito di un’alta figura più attenta al servizio che all’esercizio del potere. E che al momento opportuno rompe gli schemi e le consuetudini» (Il Messaggero, 12 febbraio).

Della grande fiducia del papa per il “futuro di Dio” previsto per la Chiesa parla anche il direttore dell’Osservatore romano, Gian Maria Vian: «Benedetto XVI dimostra una lucidità e un'umiltà che è innanzi tutto, come ha spiegato una volta, aderenza alla realtà, alla terra (humus). Così, non sentendosi più in grado di “amministrare bene” il ministero affidatogli, ha annunciato la sua rinuncia. Con una decisione umanamente e spiritualmente esemplare, nella piena maturità di un pontificato che, fin dal suo inizio e per quasi otto anni, giorno per giorno, non ha smesso di stupire e che certo lascerà una traccia profonda nella storia. Quella storia che il Papa legge con fiducia nel segno del futuro di Dio» (L'Osservatore Romano, 11-12 febbraio).

Secondo Lucetta Scaraffia l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI è “il significato più forte del suo pontificato”, «una decisione che rivela fino in fondo la sua straordinaria statura spirituale. E, soprattutto, la sua fiducia in Dio, nelle cui mani ha rimesso il destino della Chiesa. La sua fiducia che lo Spirito Santo saprà farsi sentire – come è stato finora nei conclavi dell’ultimo secolo – spiazzando cordate e alleanze, e portando i cardinali a scegliere sempre il migliore, l’uomo adatto a quel momento storico. Così, anche se l’inaspettata decisione di Benedetto XVI sembra lasciare i cattolici che molto lo amano nella tristezza e un po’ anche nell’abbandono, si può guardare insieme a lui con speranza e fiducia a ciò che Dio riserva nel futuro della Chiesa» (Il Messaggero, 12 febbraio).

Per Enzo Bianchi, priore del monastero di Bose, Papa Benedetto ha compiuto “un grande gesto, evangelico innanzitutto, e poi umano”.  Così la presenza di Ratzinger nella Chiesa non si conclude, ma «sarà un presenza altra e non meno significativa: una presenza di intercessione. Si metterà cioè tra Dio e gli uomini, non per compaginarli nella comunione cattolica – questo non sarà più il suo compito – ma per chiedere che Dio continui a inviare le energie dello Spirito santo sulla Chiesa e i suoi doni sull’umanità» (La Stampa, 12 febbraio).

In molti hanno detto che il gesto del Papa deve essere di insegnamento ai leader politici e a quanti gestiscono il potere, ma per Fulvio Scaglione questo gesto deve insegnare a ogni uomo: «Le dimissioni del vicario di Cristo sono uno shock per la Chiesa universale e una questione teologica ma, anche, una lezione incredibile per ogni singolo uomo. E' impossibile calarsi nei panni di un Pontefice che decide di lasciare la guida della Chiesa. Troppo grande la questione. Ma possiamo certamente calarci nei panni di un uomo che si esamina in quanto uomo, e si giudica non più sufficiente quanto al "vigore sia del corpo, sia dell’animo", non più pari al compito a cui era stato chiamato. Anzi, dobbiamo calarci in quei panni e benedire la lezione che ne deriva, impastata di lucidità e umiltà, di coscienza di sé e di rispetto per gli altri, di una stupenda accettazione del senso del limite che, giustamente, esalta la potenziale grandezza dell'essere umano. Così grande da non lasciarsi schiacciare, nemmeno dall'infinitezza del tempo» (Famiglia Cristiana, 11 febbraio).

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