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La spiritualità come una forma di “hacking” interiore

Aleteia - pubblicato il 07/02/13

Padre Antonio Spadaro e le domande di senso dell'“uomo decoder”

Un tema ostico, che può apparire “banale” o “superficiale” come normalmente siamo abituati a considerare oggetti come: internet, social network (Facebook, Twitter, Pinterest, G+) oppure per come il tema dei giovani viene affrontato appena gli si affiancano questi termini.

Eppure – come ha spiegato oggi il teologo e direttore de La Civiltà Cattolica (www.laciviltacattolica.it), padre Antonio Spadaro – così non è. Il senso della riflessione del gesuita esperto di rete e teorizzatore della cyberteologia (www.cyberteologia.it), è che chi è nato nei confini dell'era digitale assapora il mondo e ne fa esperienza in maniera differente dalle generazioni precedenti, in un modo disaggregato e non gerarchico ma anche in un modo radicalmente nuovo che mette al centro le domande di senso di ciascuno di noi.

Nel suo intervento alla plenaria del Pontificio Consiglio della cultura ha ripreso le intuizioni di Marshall McLuhan che spiegava come “ogni tecnologia crea un nuovo ambiente. Esso crea un totale stordimento nei nostri sensi perché il nostro istinto è quello di nasconderci da ciò che è ignoto, da ciò che è strano, così la gente rimane inconsapevole del nuovo ambiente”.

Posta in questi termini è una sfida reale e anche avvincente al tema dell'evangelizzazione e spiega il grande interesse che il papa ha dimostrato nel suo messaggio per la 47a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: “L'ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani”. Per questo Spadaro avverte: “Lo spazio digitale non è inautentico, alienato, falso o apparente, ma è un'estensione del nostro spazio vitale quotidiano”.

Ed è sempre Spadaro a ricordare un illustre e profetico predecessore di questo rapporto positivo tra umanità e tecnologia: Paolo VI. Egli di fronte ai progressi dell'automazione disse nel 1964 “il cervello meccanico viene in aiuto del cervello spirituale” e si domandava: “E' lo spirito che è fatto prigioniero della materia, o non è forse la materia, già domata e obbligata a eseguire le leggi dello spirito, che offre allo spirito sublime ossequio?”.

La costante connessione ossessivamente ricercata specie dai più giovani, bisognosi di sentirsi collegati ad una realtà di collegamenti, contatti, condivisioni formata dalla nube di amici e followers è la spia di un bisogno di fruire la realtà a partire dall'esperienza e di plasmare questa attraverso un flusso di coscienza a disposizione della propria cerchia di relazioni. Esisto perché decodifico quello che mi accade intorno secondo le mie domande di senso è “l'uomo decoder” – sostiene il direttore di Civiltà Cattolica – “oggi è importante riconoscere le domande importanti, quelle fondamentali”, le risposte invece sono tutte a portata di mano grazie alla Rete.

Essa “plasma il modo di intendere i contenuti di senso che diventano orbital contents, contenuti che orbitano attorno a chi li cerca o li trova”. Si cerca, si salva un contenuto e poco importa da dove provenga: un giornale professionale, un blog, un canale di Youtube, una fanzine. La cosa importante è che entri a far parte di quel mosaico di risposte che incrociano la domanda di senso dell'utente, del navigatore, del surfer della Rete.

La Chiesa deve inserirsi in questo modo di percepire il mondo e di pensarlo da parte dei giovani e di quelle che saranno sempre di più le prossime generazioni, costantemente connesse, impegnate a costruirsi la propria playlist tanto musicale, quanto di notizie, di riflessioni. Cercano dialogo e scambio e – non per ribellismo – rigettano la gerarchizzazione. Ascoltano e solo se qualcosa li colpisce ne cercano una definizione per memorizzarla, invertendo completamente lo schema della trasmissione del sapere. Il flusso lineare di conoscenza è saltato, ma non è necessariamente un male.

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