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Perché la vita nascente va difesa?

Aleteia - pubblicato il 04/02/13

Ogni vita umana ha inizio da a un atto dei genitori, che generano il corpo, ma anche di Dio, che infonde l'anima.

1. La vita umana è sacra perché viene da Dio, resta sempre in una speciale relazione con Lui e va a Lui. Il padre e la madre trasmettono la vita, ma il Creatore è l'unico Signore di questo dono.


Come conferma la genetica attuale, nel momento in cui l'ovulo viene fecondato dallo spermatozoo inizia l'avventura della vita di un nuovo individuo umano, che ha già la propria identità biologica e svilupperà progressivamente il proprio potenziale senza salti qualitativi.


La nuova vita possiede una dignità intrinseca alla sua natura e un inestimabile valore indipendente da qualsiasi considerazione soggettiva – ad esempio il desiderio di non avere un figlio o la convinzione che la persona concepita non sarà felice –, e richiede di essere accolta con responsabilità.


La libertà umana, anche nelle circostanze più difficili, è capace, con l'aiuto di Dio, di gesti straordinari di sacrificio e di solidarietà per accogliere la vita di un nuovo essere umano. Una gravidanza inaspettata e forse non desiderata può richiedere sacrifici, formazione, informazioni e aiuto, ma gli esseri umani, malgrado le difficoltà e le loro debolezze, possono corrispondere all'altissima vocazione per la quale sono stati creati: quella di amare.


Di fatto, l'esperienza dimostra che, quando si permette al figlio di nascere, moltissime gravidanze non desiderate si trasformano in maternità gioiose. Dall'altro lato, numerosi bambini dati in adozione hanno potuto godere di una vita piena e dare il proprio apporto al mondo.

Pur essendo molto piccolo e nascosto nel grembo della madre, il concepito è infinitamente amato da Dio perché è una persona umana, fatta a sua immagine e somiglianza, ed è chiamato alla felicità eterna.

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2. Per una donna, avere un figlio risponde a una chiamata inscritta nel proprio essere femminile: nell'aspirazione della sua anima a riflettere insieme all'uomo il potere creatore e la paternità di Dio, nella sua struttura psichica incline ad accogliere la vita, nella sua stessa costituzione fisica e nel suo organismo, disposti naturalmente al concepimento, alla gestazione e al parto del bambino come frutto dell'unione con l'uomo.

La struttura femminile, unita alla dimensione del dono propria di ogni persona, offre quindi indicazioni chiare sul disegno divino per la donna, la cui realizzazione le permette di trovare la propria pienezza. La politologa femminista Janne Haaland Matláry descrive così l'esperienza della maternità che riempie di gioia e di senso la vita di milioni di donne: “Sono sempre stata una donna lavoratrice, interessata innanzitutto al mio lavoro, ma quando sono diventata madre mi sono resa conto che questa era, in un senso molto profondo, la vera essenza della femminilità”.

Cristo parla della profonda soddisfazione, del significato e della portata della maternità, paragonando la vita che la madre dà alla luce alla Vita eterna che Egli dona: “La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia” (Gv 16, 21-22).

Nel corso della storia, la maternità è stata molto valorizzata. A volte, tuttavia, è anche stata (ed è) penalizzata o disprezzata, ad esempio dal femminismo radicale sviluppatosi negli anni Settanta del XX secolo, che la collegava alla donna passiva e arretrata, e dai sistemi economici che nella pratica discriminano le donne lavoratrici che hanno figli o non le sostengono. Questo atteggiamento ha impedito a molte donne di sviluppare liberamente un aspetto essenziale di sé e ha impoverito l'umanità.


3. Le donne che danno la vita e aiutano la sua crescita offrono alla collettività un apporto trascendente che lo Stato e la società devono riconoscere e salvaguardare.

Benedetto XVI ha richiamato l'attenzione sulla questione ricevendo nel gennaio 2011 un gruppo di responsabili delle istituzioni pubbliche italiane, sottolineando che “è necessario sostenere concretamente la maternità, come pure garantire alle donne che svolgono una professione la possibilità di conciliare famiglia e lavoro. Troppe volte, infatti, esse sono poste nella necessità di scegliere tra i due. Lo sviluppo di adeguate politiche di aiuto, come pure di strutture destinate all’infanzia, (…) può aiutare a far sì che il figlio non sia visto come un problema, ma come un dono e una gioia grande”.

Pochi mesi prima, consacrando la basilica della Sagrada Familia di Barcellona (Spagna), il papa aveva rimarcato la necessità che “la natalità sia stimata, valorizzata e sostenuta sul piano giuridico, sociale e legislativo”.

Attualmente in Europa l'indice di fecondità non garantisce il ricambio generazionale. La diminuzione e l'invecchiamento della popolazione nascondono un grande problema sociale e culturale collegato alla mancanza di speranza e ne pongono altri, come il futuro delle pensioni. Le madri hanno una funzione fondamentale nella configurazione di una società umana con un futuro incoraggiante.

La vera uguaglianza dei sessi contempla lo speciale sforzo integrale della donna nel concepimento comune, che lascia l'uomo in debito con lei, come diceva Giovanni Paolo II. La Chiesa indica la famiglia come il luogo più idoneo per accogliere la vita umana e richiede che lo Stato la rispetti, la difenda e la sostenga. Allo stesso tempo, consapevole della sua solidarietà corresponsabile, dimostra il proprio sostegno incondizionato alle madri perché accolgano la loro maternità con un atteggiamento positivo e portino avanti la gestazione, la nascita e l'educazione dei figli, e perché sempre e ovunque tutti gli esseri umani che vengono al mondo ricevano un'accoglienza degna dell'uomo, se è necessario attraverso l'aiuto alle famiglie, alle madri single e ai bambini.

4. La vita umana deve essere rispettata e protetta dal momento del concepimento. I problemi che possono accompagnare la gravidanza e il figlio concepito possono giustificare l'espulsione del feto dall'utero, che provoca la morte di quell'essere umano che si trova nella prima fase della sua esistenza?

Oltre all'omicidio concreto di un essere umano inerme totalmente affidato alla protezione della donna che lo porta in grembo, l'aborto provocato è una forza distruttrice per la vita delle persone che vi sono coinvolte, soprattutto delle donne che spesso hanno dovuto affrontare da sole il dolore e il rimorso profondi che emergono dopo la decisione di porre fine alla vita di un bambino concepito.

L'aborto distrugge vincoli naturali tra genitori e figli e viola la parentela spirituale di tutti gli uomini, sminuisce la dignità della persona umana, implica una profonda ingiustizia nelle relazioni umane e sociali, offende il Creatore.

La sua proliferazione danneggia tutti perché indebolisce il rispetto della vita di anziani e malati; “si oscura la distinzione tra il bene e il male, e la società tende a giustificare anche pratiche evidentemente immorali”, constatava Giovanni Paolo II nel 25° anniversario della legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti.

Fin dal primo momento della sua esistenza, l'essere umano deve veder riconosciuti i suoi diritti di persona, tra i quali spicca il diritto alla vita, che è inoltre un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione. Gli Stati sono tenuti a difendere questo diritto fondamentale. 

Le proposte di legittimare un presunto diritto all'aborto si basano su discriminazioni arbitrarie e sulla legge del più forte, che fanno retrocedere a un'epoca di barbarie che si credeva superata per sempre. La pace richiede il rispetto della dignità delle persone.

Ad ogni modo, se una persona ha abortito o ha partecipato a questa grave ingiustizia può sempre pentirsi, accogliere il perdono e la pace di Dio nel sacramento della Riconciliazione e affidare con speranza quell'essere umano defunto alla misericordia del Padre. Anche attraverso quella morte, Dio può indirizzare e trarre vita.

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