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Se Dio esiste, dov’è? Dove vive Dio?

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Don Carlo Molari - pubblicato il 20/12/12
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Sentiamo dire che Dio è in cielo, in terra e in ogni luogo. Ma dov’è che ha stabilito la sua dimora? Si tratta di un luogo spirituale distinto dall’universo fisico?

Le dimensioni temporali e spaziali sono caratteristiche della nostra attuale condizione di creature materiali. Per quello che di Dio riusciamo a capire Egli non è limitato nel tempo né circoscritto nello spazio per cui non si può parlare di un ‘luogo’ dove Dio risiede. Per noi creature Dio è dove noi possiamo cogliere la sua azione che si esprime come forza di vita, come rivelazione di verità o fascio del bene. Lì dove Dio opera esiste per noi. E dove le creature esprimono la sua azione lì è Dio. Il modo di concepire la presenza di Dio è quindi collegato alla modalità di interpretare la sua azione.

Ora vi sono vari modi di concepire l’azione di Dio e quindi la sua presenza nella creazione e nella storia. Il primo considera il creatore come colui che avvia il processo, imprime l’impulso per lo sviluppo completo, ma lascia la creatura nella sua autonomia in modo che essa possa gestire il suo divenire fino al compimento, senza dovere mai intervenire. A questo modello si può ricondurre l’opinione dei filosofi e teologi medievali che parlavano dell’impulso divino (impetus lo chiamava Giovanni Buridano 1290-1358), come di una determinata quantità di forza immessa da Dio nella creazione che le consente di procedere nel movimento senza alcun aiuto esterno. Riconducibile a questo quadro è pure l’opinione dello tzimtzum, sviluppata dalla cabala ebraica che suppone il ritrarsi di Dio da un ambito della sua immensità, per lasciare spazio alle creature. Esse, una volta immesse nell’esistenza, procedono in modo autonomo sino alla fine. Dio ritirandosi crea lo spazio per l’esistenza delle creature.

Il secondo modello, più tradizionale, oltre all’azione iniziale di Dio che offre un quadro di azione alle creature e determina le leggi che lo regolano, attribuisce a Dio anche una assidua attenzione al loro divenire, intervenendo con azioni puntuali e gesti circostanziati quando il processo deve superare una soglia entitativa (dall’esistenza inanimata alla vita, dalla vita vegetale alla sensibilità, alla consapevolezza ecc.).

Un terzo modello invece considera la creatura continuamente dipendente dall’azione divina ma in modo fontale, aperto e non deterministico. È il modello della creazione continua. La creatura è sostenuta da una forza arcana, che dal di dentro ne alimenta il divenire, offrendo molte possibilità. Non si tratta di interventi successivi di Dio, ma di un’azione fondante che sostiene il divenire cosmico e dei viventi. La creatura però può accogliere il dono solo a piccoli frammenti successivi, che la strutturano e la conducono al suo compimento.
 

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