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Perché la libertà religiosa è un diritto fondamentale a rischio?

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Franck PREVEL/CIRIC

Aleteia - pubblicato il 14/11/12

Tre persone su quattro vivono in Paesi che pongono restrizioni alla libertà religiosa.

La verità sulla libertà religiosa è accessibile a tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro affiliazione religiosa o anche in mancanza di essa. Non è una verità tipica della Chiesa cattolica o di qualsiasi altra Chiesa o religione. È una verità naturale.

L’intolleranza religiosa deriva dalla cecità nei confronti della nostra fratellanza condivisa nella ricerca della verità e della Verità Ultima. Abbiamo perso quello che il beato papa Giovanni Paolo II definiva il senso della “solidarietà”. Questa intolleranza, sia che derivi da una falsa visione della religione che dal cinismo, compromette la dignità della persona umana.

Pur non assolutamente necessaria per una comprensione della libertà religiosa, la nostra fede cattolica approfondisce e garantisce il nostro apprezzamento per la libertà religiosa, illumina più chiaramente di quanto possano fare le nostre luci naturali la fonte divina della nostra libertà e il destino soprannaturale per il quale ci viene data. Il mezzo migliore per incoraggiare la libertà religiosa nella vita civile, quindi, è testimoniare la verità della fede cattolica.

Il cardinale Timothy Dolan, nel suo recente eBook “True Freedom: On Protecting Human Dignity and Religious Liberty”, sostiene che l’opposizione all’autentica libertà negli Stati Uniti – ed, estrapolando, nell’Occidente in generale – deriva da una “trinità di colpevoli”: il pragmatismo, l’utilitarismo e il consumismo. 

Queste tre ideologie non sono tanto “cugine prime”, come afferma il cardinale, quanto le tre teste di un’unica Idra: una comprensione degli esseri umani che pone il desiderio al di sopra del destino. Più esattamente, questa comprensione privilegia gli scopi umani a scapito dei fini naturali. Uno scopo, secondo il filosofo monsignor Robert Sokolowski, è semplicemente il desiderio di un agente; un fine, invece, è un “telos” o perfezione “inserito” nella natura umana.
Il più importante di questi fini – dei nostri talenti naturali – è la nostra capacità di cercare la verità e la verità su Dio. Questa capacità ha un diritto corrispondente che non può essere ostacolato. Nel perseguimento e nel godimento della verità, la nostra coscienza deve essere libera dal potere coercitivo non autorevole dello Stato o di qualsiasi individuo o gruppo. Ciò è di estrema importanza quando si parla dell’esercizio della religione (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2104-09).
Il pragmatismo, l’utilitarismo e il consumismo, ad ogni modo, respingono o ignorano i fini naturali e i diritti che ne derivano. Queste ideologie si concentrano piuttosto sui mezzi migliori per raggiungere qualsiasi scopo che un individuo o comunità possa avere, indipendentemente dal fatto che comporti fini umani o no. Tutto è soggetto al calcolo degli interessi. Nulla è inviolabile – né il bambino nel grembo, né il diritto alla pratica religiosa.

Nella misura in cui una cultura respinge o ignora i fini umani a favore degli scopi, quella cultura può essere definita una cultura della morte, poiché in essa il punto centrale è mettere le mani su qualsiasi cosa si voglia, e il potere di resistere alla tentazione di fare qualunque cosa pur di raggiungerla si atrofizza. 

Al contrario, una cultura della vita stima soprattutto il dono dell’essere umano in sé, e non solo i fini perfezionati della natura umana, ma anche il potenziale o la capacità che possa o non possa (come nel caso della persona handicappata o del concepito) realizzarsi. 

In una cultura della vita, l’essere è più importante dell’avere. In questo modo, il diritto di perseguire la verità e la verità su Dio senza ostacoli – indipendentemente dal fatto che altri arrivino a credere in Dio nel nostro stesso modo – deve essere sempre una questione che suscita il massimo rispetto e merita tutta la nostra protezione, perché la libertà di conoscere e adorare Dio è al centro di ciò che significa essere umani. Come esempio significativo, anche se non singolare, di grave minaccia alla libertà religiosa che si presenta come minaccia legale o sociale, consideriamo il recente mandato dell’amministrazione Obama perché le istituzioni religiose forniscano una copertura sanitaria dei farmaci che inducono l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione (il cosiddetto “Mandato HHS”).

Questo mandato ostacola direttamente l’impegno delle istituzioni religiose – incluse quelle cattoliche ma non solo – a non fornire accesso alle pratiche per il controllo delle nascite che ritengono gravemente immorali. Nel febbraio 2012 è stata firmata una lettera aperta che protestava contro il mandato e il conseguente “adattamento” dell’amministrazione; tra i 118 firmatari, l’ex ambasciatore presso il Vaticano Mary Ann Glendon, il docente di Princeton Robert George, il docente di diritto della Notre Dame Carter Snead e il presidente della The Catholic University of America, John Garvey. “Il fatto è che l’amministrazione Obama sta obbligando le persone e le istituzioni religiose datori di lavoro ad acquistare una polizza di assicurazione sanitaria che fornisce farmaci abortivi, contraccezione e sterilizzazione”, si legge nella lettera. “È una grave violazione della libertà religiosa e non possiamo sopportarla. È un insulto all’intelligenza di cattolici, protestanti, cristiani ortodossi orientali, ebrei, musulmani e altre persone di fede e coscienza pensare che accetteranno un attacco alla loro libertà religiosa se coperta da un trucco contabile a buon mercato”.

I firmatari difendono le proprie affermazioni sostenendo che si tratta di una questione che qualsiasi persona di retta coscienza può valutare. Il diritto a non essere obbligati dallo Stato a impegnarsi in attività espressamente contrarie alle proprie convinzioni più care e fondamentali può e deve essere rispettato da tutti. 

Sotto l’influenza delle ideologie secolari menzionate in precedenza, i Governi civili, almeno in Occidente, stanno sempre più accantonando le considerazioni morali radicate nella natura degli esseri umani quando elaborano le proprie leggi. La legge non può mai essere ridotta a un calcolo di interessi. È piuttosto un mezzo attraverso il quale gli esseri umani possono raggiungere la propria perfezione naturale.

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