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Quaresima da “imbarcati”: Vangeli commentati per chi vive la solitudine del mare, sempre

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Di Anastasios Papazachariou - Shutterstock

Una penna spuntata - pubblicato il 18/03/20

C'è chi vive nella solitudine e nella lontananza da famiglia e sacramenti sempre: sono i marittimi. Leggere il Vangelo delle domeniche di Quaresima commentato per loro può essere la guida per mantenere la rotta in questo preparazione in isolamento anche per noi.

*PLIN PLON!*

Il servizio Segretaria Bigotta Quaresimale ricorda che oggi è un venerdì di Quaresima, giorno di astinenza dalle carni.

*PLIN PLON!*

Il servizio Segretaria Bigotta Quaresimale ricorda che oggi è San Giuseppe, l’Annunciazione, la Domenica di Mezza Quaresima, fate festa!

Inizialmente era partito come un gioco; poi mi sono resa conto che, dall’altra parte, quei promemoria erano preziosi per davvero (…ehm: o almeno, così mi è stato detto). Perché anche un messaggino di questo tipo può avere una certa utilità, quando sei chiuso da settimane nello stesso buco, le giornate si susseguono tutte quante uguali, puoi comunicare coi tuoi cari solo per telefono ed è già tanto se, nel marasma quotidiano, riesci a non perdere il conto del tempo quel tanto che basta per ricordare che, ehi!, là fuori è un venerdì di Quaresima, e quindi bisogna evitare di mangiare carne.

Che bizzarra Quaresima, quella nella quale mi son messa in testa di essere vicina a chi non aveva la possibilità di andare in chiesa.
Che bizzarra Quaresima, quella del 2019. Sì, 2019. È stato nel 2019 che mi sono ritrovata con un amico imbarcato in nave e ho deciso di fargli compagnia in questo modo…

Qualche mese fa, avevo già tentato di affrontare il tema dell’assistenza religiosa per i marittimi. Nessuno mi si è filato manco di striscio.
Il che è pienamente comprensibile: se tu hai una vita normale, puoi entrare in chiesa quando ti pare, sei circondato da una vasta comunità cristiana e, per accedere ai sacramenti, non hai che da chiedere, possono davvero sembrarti molto lontane le sfide di quei quattro gatti che vivono su una nave. Chi li conosce? Io ne conosco uno, e se non fosse stato per lui avrei serenamente continuato a ignorare le difficoltà degli uomini di mare, così come le ignora la gran parte della popolazione.
Ma adesso che la gran parte della popolazione ha improvvisamente un sacco di tempo libero, vorrei fare un esperimento: vogliamo soffermarci un attimo sulle difficoltà dei marittimi?

“Marittimi” vuol dire che parliamo di marinai impiegati nella marina mercantile.
Gli ufficiali della marina militare sono ovviamente degli eroi che affrontano difficoltà di tutt’altra natura, ma – correggetemi se sbaglio – hanno spesso la fortuna di viaggiare con un cappellano di bordo, specie per le missioni più lunghe.
I poveracci che lavorano per la marina mercantile, no. Gli uomini che trasportano da una parte all’altra del pianeta il nostro petrolio e le nostre merci se ne stanno soli soletti a bordo di una nave, con imbarchi che durano mediamente dai quattro ai nove mesi.
Non c’è per loro un cappellano. Non c’è la possibilità di accedere ai sacramenti. Frequentemente, non c’è nemmeno la possibilità di ascoltare la Messa in streaming o di usare le app per recitare la liturgia delle ore: se te ne stai nel bel mezzo dell’oceano, non è detto che il tuo telefono abbia campo e che la connessione funzioni bene.


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Sol per quello, per loro non c’è nemmeno la possibilità di abbracciare la famiglia o di avere un’assistenza medica adeguata in condizioni di emergenza. Per alcuni, non c’è neppure la possibilità di ottenere soldi contanti con cui comprare un trancio di pizza quando ti fermi in porto. La vita dei marittimi è incredibilmente dura, in modi che noi persone normali non possiamo nemmeno immaginare.
Ma focalizziamoci sul tema dell’assistenza religiosa: a bordo di una nave non ci sono sacerdoti, chiese, tabernacoli o sacramenti.
Non ci sono per mesi. E mesi e mesi e mesi.

In questi giorni, mentre la gente si disperava all’idea di dover guardare in streaming un paio di Messe domenicali, più volte mi è venuta la tentazione di dire “vatti a fare una chiacchierata con un marittimo, poi mi dici”.

Mi è venuta la tentazione di dirlo a mo’ di provocazione, intendo. Poi mi sono resa conto che, forse forse, ci sarebbe utile farla per davvero, questa chiacchierata. Noi privilegiati che abbiamo il lusso di poter soffrire perché è da un paio di settimane che non andiamo fisicamente a Messa, facciamocela davvero una chiacchierata con un uomo di mare. O, meglio ancora, con l’ente che si occupa di dare assistenza spirituale ai marittimi – e cioè, l’Apostolato del Mare.

Posto dalla Santa Sede sotto l’egida del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, l’Apostolato del Mare offre ai marittimi vicinanza spirituale (e/o anche solo emotiva), creando una rete di sacerdoti (o volontari laici) che si mettono a disposizione, di porto in porto, per un veloce rendez vous durante le operazioni di carico e scarico. Cura inoltre una app con preghiere e meditazioni scritte apposta per i naviganti e, soprattutto, fornisce loro risorse spirituali come, ad esempio, il bel magazine mensile Stella Maris. Tra le tante altre belle cose, il magazine riporta i Vangeli delle domeniche e brevemente li commenta.
Li commenta sapendo di star parlando a fedeli che vivono nella solitudine, nella stanchezza, nella lontananza dai propri cari. A fedeli la cui intera vita di preghiera ruota attorno a uno smartphone connesso a Internet.

…come dite, state cominciando a empatizzare?

Io sì, e quindi mi è venuta la curiosità di leggere in che modo l’Apostolato del Mare commentava i Vangeli di questo mese di marzo.
Ecco quello che ho trovato.

Prima Domenica di Quaresima: le tentazioni di Gesù nel deserto

Credo che il commento al Vangelo non potesse cominciare in modo più attuale. Nel senso che inizia sottolineando che anche noi, come Gesù nel deserto, “siamo invitati ad addentrarci in quei luoghi in cui l’inatteso è sempre all’agguato. Spaventoso!”.
Spaventosa mica poco questa Quaresima, in effetti.

Ma è possibile,

prosegue il commento,

che ancor più spaventosi siano quei deserti selvaggi e incolti all’interno del nostro cuore, quelle zone buie e inesplorate dentro di noi nelle quali preferiremmo non doverci addentrare. È possibile che ci spaventi l’idea di indagare su cosa si nasconde in quegli anfratti. È possibile che ci spaventi realizzare quanto potremmo improvvisamente scoprirci vulnerabili se provassimo a dare un’occhiata più ravvicinata. Quanti demoni, quali animali selvaggi tramano nell’ombra? Sì, anche noi ci sentiamo a disagio in questi luoghi. Forse non ci fanno temere per la nostra salvezza fisica ma ci fanno temere per la nostra santità.

Salto alcuni passaggi del commento per arrivare al punto più interessante: l’autore si augura che questa Quaresima possa essere l’occasione propizia in cui noi, dal nostro deserto, oseremo avventuraci in quelle aree inesplorate. Ma sempre nella certezza che, anche se ci sembra lontano, “il Dio che ha saputo sconfiggere i demoni del deserto è sempre al nostro fianco e ci dà la forza”.




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Seconda Domenica di Quaresima: la Trasfigurazione

Il commento parte dall’esclamazione di Pietro: “Signore, è bello per noi essere qui”.

Aggrapparci alla memoria [delle cose belle] è così importante.

sottolinea il commentatore.

Nei momenti di oscurità, i discepoli avrebbero ricordato quella luce. Aggrapparsi al ricordo di Gesù trasfigurato li avrebbe aiutati nei momenti di incertezza e dubbio, dopo la passione e la crocifissione. La stessa cosa accade anche nella preghiera. Certamente, tutti noi riusciamo a ricordare un momento in cui si siamo sentiti veramente vicini a Dio. È importante fare tesoro di questi momenti, perché avremo bisogno di aggrapparci a quel ricordo quando le cose si faranno difficili e quel Dio che cerchiamo di raggiungere con la preghiera ci sembrerà distante ed intoccabile.

Sa di star parlando a un gruppo di marinai, il nostro autore, e non a caso gli preme osservare

i nostri capitani usano spesso una dolcissima espressione: At Sea, awaiting orders. Amo questa frase. Riassume il modo nel quale passiamo la maggior parte del nostro tempo – non solamente a bordo, ma più in generale nella vita. Nei momenti di angoscia o di confusione (perché ce ne sono, ce ne sono stati anche per i discepoli!) oppure nei momenti in cui ci troviamo a fronteggiare un problema che non è in nostro potere risolvere, noi facciamo esattamente quello: aspettiamo ordini. Aspettiamo che qualcuno, di cui abbiamo fiducia, ci indichi la direzione da seguire. Certo, quella direzione potrebbe anche non essere di nostro gradimento, ma se davvero ci fidiamo della nostra guida – e se la nostra guida è la voce di Dio che ci raggiunge in preghiera – allora saremo più propensi a prestarle ascolto.

Terza Domenica di Quaresima: la donna al pozzo

Il commento si focalizza su un sentimento con cui, di questi tempi, molti di noi avranno dolorosa familiarità.

La donna al pozzo era sola. Solitamente, andare a prendere acqua al pozzo era un’occasione di socialità: le donne si incontravano nella piazza e passavano qualche tempo a chiacchierare e ad aggiornarsi sulle ultime notizie. Spesso e volentieri, erano accompagnate dai loro bambini – si respirava un’aria vibrante, c’era un’atmosfera quasi familiare. Ma la donna della nostra storia era sola. Non le era stato dato di potersi unire al gruppo. Vorrei che avessimo almeno un nome per lei, vorrei che non fossimo costretti a chiamarla “la donna del pozzo”. Ma neppure questo, di lei, ci viene detto.

Eppure, la sua solitudine non le ha impedito di essere cercata, raggiunta, amata da Gesù. Non siamo mai veramente soli, nemmeno quando ci sembra d’esserlo.

Quarta Domenica di Quaresima: la guarigione del cieco

Che il cieco sia stato guarito dalla sua infermità è una bella cosa, ma la cecità del malato offre all’autore l’occasione di riflettere su quell’espressione che così tante volte dice di aver ascoltato dai marittimi. Sea Blindness.

Spesso, il lavoro degli uomini di mare viene dato per scontato. Alcune persone sono a malapena consapevoli che esistano degli uomini di mare. Le merci arrivano nei negozi ma nessuno si chiede chi ce le abbia portate, e certamente non c’è alcun tipo di consapevolezza sulle condizioni di vita che i marittimi devono sopportare per darci la possibilità di fare agevolmente shopping.

Se dovessi chiosare il commento al Vangelo, mi verrebbe da dire che solo in queste settimane molti di noi sembrano aver preso consapevolezza di quei tanti corrieri che (peraltro, senza adeguati dispositivi di protezione) scorrazzano qua e là per permettere a noialtri di non mettere il naso fuori casa.
Quante cose diamo per scontate, quante volte siamo ciechi di fronte ai sacrifici altrui!
E non solo di fronte a quelli. Prosegue il commento di Stella Maris:

A terra, anche noi entriamo spesso in modalità lamentela criticando questo e quello e incolpando gli altri per le cose che ci rendono ansiosi. A forza di lamentarci, rischiamo di diventare ciechi di fronte alle tante benedizioni che invece abbiamo ricevuto.



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Quinta Domenica di Quaresima: la resurrezione di Lazzaro

Malati guariti, lebbrosi sanati, ciechi che tornano a vedere, paralitici che camminano. Tutte storie meravigliose,

commenta l’autore, sottolineando che

nel Vangelo c’è una incredibile varietà di miracoli, ma tutti hanno una cosa in comune: ci viene detto che, dopo la guarigione, i malati furono riaccolti nella loro famiglia e nella loro comunità. Nei miracoli operati da Gesù, gli outsider tornano a far parte del gruppo. Chi è senza speranza, ha una ragione in più per avere fede. E la storia di Lazzaro non è un’eccezione: tornato da morte, viene restituito alla sua famiglia, alle sue sorelle.

La sesta domenica di Quaresima sarà il 6 aprile: teoricamente, la nostra quarantena sarà già finita.

Sarà già finita per davvero? O le circostanze ci costringeranno a pazientare ancora un po’ prima di riabbracciare i nostri cari?
Solo il tempo può dirlo, ma una cosa è certa: quel momento, prima o poi arriverà. Ce lo assicura il Vangelo.

Fino ad allora, direi che potrebbe essere una cosa furba starcene come quei marinai citati dall’Apostolato del Mare. Sul ponte, a vegliare, sopportando con stoicismo la lontananza, la solitudine e la nostalgia. Consapevoli che il nostro compito, in questo momento, è starcene lì. At Sea, awaiting orders.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG UNA PENNA SPUNTATA

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