Erano sovrani, astrologi o maghi? Hanno portato a Gesù oro, incenso e mirra?
Tra i quattro Vangeli canonici è solo Matteo a nominare i Magi. Il testo di Matteo è stato, a quanto sembra (ma oggi al riguardo i pareri degli studiosi sono controversi), il primo a essere stato redatto: perché gli altri due ad esso affini in quanto “sinottici”, Marco e Luca, non ne parlano? Una “censura” nei confronti di figure “scomode”? Il Vangelo di Matteo fu composto in due differenti redazioni, una in aramaico e un’altra in greco: poiché la prima è andata perduta, rifacciamoci alla seconda. Nato Gesù in Betlemme di Giudea al tempo di Erode III il Grande, giunsero là alcuni magi venuti “dall’Oriente” in cerca del “re dei giudei”, del quale avevano scorto “la stella”.
Erode, convocati i sacerdoti e i saggi d’Israele, chiese loro dove sarebbe nato il Messia: essi risposero che ciò sarebbe avvenuto in Betlemme, com’era stato annunziato dal profeta Michea. Il re ricevette allora segretamente i Magi e accuratamente li interrogò sulla stella prima di congedarli, raccomandando loro di fargli sapere dove fosse il Bambino in modo che anch’egli potesse recarsi ad adorarlo. I Magi ripartirono , seguendo la stella che li precedette sino a fermarsi sul luogo dov’era il Bambino: dopo averlo adorato aprirono i loro scrigni e gli offrirono oro, incenso e mirra. Quindi, avvisati in sogno di non tornare da Erode, rientrarono al loro paese seguendo un’altra strada.
E’ vero il racconto dei Vangeli?
E’ plausibile il racconto evangelico? E’ possibile che i Magi siano figure davvero storiche, e non soltanto simboliche? Al tempo di Gesù in tutta l’area orientale dell’Impero romano circolavano personaggi detti magi, e spregiativamente, magusaioi (magastri), indovini e astrologi, di solito detti “caldei”: la Caldea, cioè la Mesopotamia e l’area immediatamente circostante, era reputata una terra nella quale allignavano numerosi gli astrologi. Per questo, nell’antichità greco – romana, “caldeo” e “indovino” praticamente si equivalevano.
Erano dunque una specie di ciarlatani, quelli convenuti a Betlemme? In verità, resta aperta l’ipotesi che si trattasse di veri e propri magi iranici, cioè di astrologi – sacerdoti che negli astri scrutavano la venuta di un futuro Saoshyant , il Difensore – Salvatore – Vincitore atteso nella religione mazdaica. Noi siamo abituati a chiamare “re” i “Magi”; a ritenere che fossero tre e a conoscere i loro nomi (Melchiorre, Gaspare, Baldassare); a ritenere tradizionalmente che almeno uno di loro sia nero; a vederli seguire una cometa da una lunga coda luminosa.
Nulla di tutto ciò nel testo di Matteo; i suoi Magi provengono genericamente “dall’Oriente” , non se ne conoscono né il nome né il numero, a guidarli è una stella di cui nulla si dice. In effetti, un minimo d’imbarazzo dinanzi ai magi la tradizione cristiana l’ha sempre mantenuto. I Magi figurano anche altrove che non in Matteo, nel Nuovo Testamento, e sono presentati in una luce – giusto o sbagliato che ciò sia – non positiva. Appartiene a tale categoria anche Simone che, negli Atti degli Apostoli, propone a Pietro di acquistare, col denaro, la forza che permetteva all’apostolo di compiere miracoli.
Oro, incenso e mirra
E, da “Simon mago” (come lo chiamò Dante) si chiamano “simoniaci” tutti coloro che fanno traffico venale di valori spirituali. L’oro, l’incenso e la mirra recati dai magi a Gesù – tre tipi di dono, che stanno alla base forse del numero dei magi stessi, più tardi fissato dalla tradizione – rinviano, nella logica testuale di Matteo (una fittissima trama di riferimenti veterotestamentari, volta a comprovare come la nascita di Betlemme adempisse puntualmente le Scritture), agli arabi, ai sabei, ai “re delle isole”, citati nel Salmo 72: si tratta di prodotti commerciati abitualmente sulla “via dell’incenso” che, dall’Oceano Indiano, risaliva la penisola arabica recando al mondo mediterraneo le merci dell’Asia orientale, del Corno d’Africa, dell’Arabia felix.