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E’ vero quello che i Vangeli raccontano sui Re Magi?

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By Zvonimir Atletic | SHUTTERSTOCK

don Marcello Stanzione - pubblicato il 01/01/20

Erano sovrani, astrologi o maghi? Hanno portato a Gesù oro, incenso e mirra?

Tra i quattro Vangeli canonici è solo Matteo a nominare i Magi. Il testo di Matteo è stato, a quanto sembra (ma oggi al riguardo i pareri degli studiosi sono controversi), il primo a essere stato redatto: perché gli altri due ad esso affini in quanto “sinottici”, Marco e Luca, non ne parlano? Una “censura” nei confronti di figure “scomode”? Il Vangelo di Matteo fu composto in due differenti redazioni, una in aramaico e un’altra in greco: poiché la prima è andata perduta, rifacciamoci alla seconda. Nato Gesù in Betlemme di Giudea al tempo di Erode III il Grande, giunsero là alcuni magi venuti “dall’Oriente” in cerca del “re dei giudei”, del quale avevano scorto “la stella”.

Erode, convocati i sacerdoti e i saggi d’Israele, chiese loro dove sarebbe nato il Messia: essi risposero che ciò sarebbe avvenuto in Betlemme, com’era stato annunziato dal profeta Michea. Il re ricevette allora segretamente i Magi e accuratamente li interrogò sulla stella prima di congedarli, raccomandando loro di fargli sapere dove fosse il Bambino in modo che anch’egli potesse recarsi ad adorarlo. I Magi ripartirono , seguendo la stella che li precedette sino a fermarsi sul luogo dov’era il Bambino: dopo averlo adorato aprirono i loro scrigni e gli offrirono oro, incenso e mirra. Quindi, avvisati in sogno di non tornare da Erode, rientrarono al loro paese seguendo un’altra strada.

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Pixabay

E’ vero il racconto dei Vangeli?

E’ plausibile il racconto evangelico? E’ possibile che i Magi siano figure davvero storiche, e non soltanto simboliche? Al tempo di Gesù in tutta l’area orientale dell’Impero romano circolavano personaggi detti magi, e spregiativamente, magusaioi (magastri), indovini e astrologi, di solito detti “caldei”: la Caldea, cioè la Mesopotamia e l’area immediatamente circostante, era reputata una terra nella quale allignavano numerosi gli astrologi. Per questo, nell’antichità greco – romana, “caldeo” e “indovino” praticamente si equivalevano.




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Erano dunque una specie di ciarlatani, quelli convenuti a Betlemme? In verità, resta aperta l’ipotesi che si trattasse di veri e propri magi iranici, cioè di astrologi – sacerdoti che negli astri scrutavano la venuta di un futuro Saoshyant , il Difensore – Salvatore – Vincitore atteso nella religione mazdaica. Noi siamo abituati a chiamare “re” i “Magi”; a ritenere che fossero tre e a conoscere i loro nomi (Melchiorre, Gaspare, Baldassare); a ritenere tradizionalmente che almeno uno di loro sia nero; a vederli seguire una cometa da una lunga coda luminosa.

Nulla di tutto ciò nel testo di Matteo; i suoi Magi provengono genericamente “dall’Oriente” , non se ne conoscono né il nome né il numero, a guidarli è una stella di cui nulla si dice. In effetti, un minimo d’imbarazzo dinanzi ai magi la tradizione cristiana l’ha sempre mantenuto. I Magi figurano anche altrove che non in Matteo, nel Nuovo Testamento, e sono presentati in una luce – giusto o sbagliato che ciò sia – non positiva. Appartiene a tale categoria anche Simone che, negli Atti degli Apostoli, propone a Pietro di acquistare, col denaro, la forza che permetteva all’apostolo di compiere miracoli.

Oro, incenso e mirra

E, da “Simon mago” (come lo chiamò Dante) si chiamano “simoniaci” tutti coloro che fanno traffico venale di valori spirituali. L’oro, l’incenso e la mirra recati dai magi a Gesù – tre tipi di dono, che stanno alla base forse del numero dei magi stessi, più tardi fissato dalla tradizione – rinviano, nella logica testuale di Matteo (una fittissima trama di riferimenti veterotestamentari, volta a comprovare come la nascita di Betlemme adempisse puntualmente le Scritture), agli arabi, ai sabei, ai “re delle isole”, citati nel Salmo 72: si tratta di prodotti commerciati abitualmente sulla “via dell’incenso” che, dall’Oceano Indiano, risaliva la penisola arabica recando al mondo mediterraneo le merci dell’Asia orientale, del Corno d’Africa, dell’Arabia felix.

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Per tradizione esegetica cristiana, i Magi sono essenzialmente la primitia gentium , i primi fra i pagani ad aver riconosciuto e adorato il Signore. Per questo il loro culto fu tanto fortunato, diffuso e radicato tra i convertiti d’origine non ebraica. Ma i testi canonici fornivano ben poche indicazioni. Da dove venivano, in realtà? Quanto tempo era durato il loro viaggio? Con quali mezzi erano giunti? Che itinerario avevano seguito nell’andata? Quale scelsero per il ritorno? Quanti erano? Come si chiamavano?




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I Protovangeli

A fornire, magari in modo contrastante e ridondante, queste e altre informazioni provvide una lunga serie di testi evangelici apocrifi: il Protovangelo di Giacomo (forse anteriore al V secolo) e il Vangelo dello Pseudo – Matteo (un testo aramaico derivante dal precedente e datato al V – Vi secolo), il Vangelo arabo – siriaco dell’Infanzia (metà VI secolo), il Vangelo armeno dell’Infanzia che pone la nascita di Gesù al 6 gennaio e l’arrivo dei Magi al 9 e che fissa a tre il numero dei Magi, li chiama per nome e li definisce re (Melkon re dei persiani, Gaspar re degli indiani, Balthasar re degli ara bi).

I temi della profezia di Zarathustra relativa alla nascita del Soccorritore e alla sua attribuzione a Gesù furono a loro volta sviluppati in testi profetico – esegeti d’origine soprattutto siriaca, come il Liber nomine Seth (antico: forse del III secolo), il Libro della Caverna dei tesori (V- VI secolo), la Cronaca pseudoidoriana detta anche di Zuqnin (VIII secolo) e il Liber scholiorum siriaco di Teodoro Bar Konai (VIII – IX secolo). Tali testi furono tutti o in parte , a differenti riprese, tradotti anche in latino: un rifacimento di alcuni di essi è da considerarsi l’Opus imperfectum in Matthaeum, una cui redazione – forse originaria – in greco potrebbe appartenere al IV secolo, da cui sembra dipenderne una latina redatta in ambiente ariano africano tra VI e VII secolo.




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L’iconografia dei Magi

Da questi testi ha finito con l’affermarsi,anche grazie al soccorso d’una tenace e splendida tradizione iconica – si pensi alla teoria dei magi nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo di Ravenna – la nostra tradizione, sostenuta da un acceso dibattito esegetico che dei “tre santi re” ha fatto di volta in volta il simbolo delle tre “razze primigenie” della terra, scaturite dai tre figli di Noè,. Dei tre continenti della vecchia ecumène, dei tre stati del mondo( i sacerdoti, i guerrieri, i produttori), dei tre momenti dell’esistenza umana (la giovinezza, la maturità, la vecchiaia), dei tre aspetti dello tempo (il passato, il presente, il futuro).

Il culto dei Magi, rimasto forte per tutto l’alto Medioevo – anche perché i germani convertiti al Cristianesimo, in quanto “barbari”, li sentivano come i loro patroni – si corroborò in Occidente a partire dai secoli VIII – X, quando la festa dell’Epifania si andò sempre più strettamente collegando con i rituali regali e imperiali, e raggiunse l’acme nel XII secolo per volontà dell’imperatore Federico I Barbarossa.

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© José Luiz Bernardes Ribeiro/Wikipedia | CC BY-SA 4.0

Le reliquie

Infatti, secondo una tradizione che risa liberebbe al IV – VI secolo, le reliquie dei Magi erano custodite nella chiesa milanese di sant’Eustorgio (ma nel Duecento Marco Polo ne avrebbe vedute altre in una città della Persia). Comunque nel 1164, allorché Milano era stata distrutta perché ribelle all’Impero, l’arcicancelliere imperiale Reinaldo di Dassel arcivescovo di Colonia le prelevò per portarle nella sua città, dove esse furono deposte nel duomo di cui era appena avviatala costruzione. Là esse riposano ancora oggi, e sono state oggetto del grande pellegrinaggio dei giovani guidato, nell’estate del 2005, da Benedetto XVI.

Il culto dei Magi dette luogo durante il Medioevo a una serie di pellegrinaggi e di tradizioni devozionali che ancora perdurano specie nell’Europa centrale, dalla Lombardia e dalla Toscana attraverso la Svizzera e la Germania fino al nord dei Balcani.




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