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Che idea si fecero i medici delle estasi di Maria Valtorta?

Maria Valtorta

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 06/11/19

Scambiarono costantemente i suoi sintomi con patologie cliniche. Causandole maggiori dolori e nessun miglioramento

Visioni, locuzioni interiori, estasi: una esistenza donata a Gesù tra malattie, sofferenze, dolori violenti. Il misticismo di Maria Valtorta si è incrociato spesso con le diagnosi di medici che non hanno mai compreso la vera causa di questo stato. Lo hanno derubricato quasi sempre a patologie che peraltro non riuscivano mai a curare nella maniera giusta, come si legge in “Il Cielo in una stanza – Vita di Maria Valtorta” (edizioni Fede e Cultura), a cura di don Ernesto Zucchini.

Secondo il medico Ezio Bocedi di Carrara, lettore ed estimatore di Maria, il suo quadro clinico era di una persona in «perenne agonia». Ebbene, nonostante tutti questi gravi pesi fisici, Maria Valtorta non si fece fermare da nessuno di essi, continuando a scrivere i suoi volumi, per un totale di 13mila pagine, a gloria di Dio, di Gesù, e per la salvezza di tutti gli uomini.

Maria Valtorta
© Public Domain

Le prime sofferenze

L’inizio delle sofferenze fisiche è senz’altro la sprangata al basso schiena del 1920, che finì per allettarla e in seguito alla quale arrivarono anche le formidabili tentazioni al suicidio. Le lacrime causate dai molti mali non cessarono mai.

Scriveva nella sua autobiografia:

«Alle malattie già esistenti se ne aggiunsero altre: nevriti di un dolorare spasmodico, talmente forte che supplicavo il medico di farmi morire. Giunsi a pennellarmi tutto il volto con della tintura di iodio molto forte per intontire il trigemino che mi dava dolori da ammattire. Dolori che non potevo calmare con nessun analgesico per lo stato del cuore. Alle nevriti si unì una pachimeningite che mi rese intirizzita come fossi mummificata. Al minimo movimento dovevo urlare. Le reni si guastarono e la cistite cronica si complicò con una pielocistite culminata in emorragie renali e vescicali. La peritonite aumentò dando fenomeni di occlusione intestinale. La pleurite aumentò al lato destro dove si formarono aderenze dolorose».

Maria soffriva anche di cuore per una miocardite con soffio sistolico fortissimo, cuore dilatato oltre misura, esiti di pericardite essudativa; e da un’indagine ginecologica era risultato un «corpo tumorale o ciste ovarica che dall’ovaia destra è penetrata nell’utero e sempre più avanza. Questo ha prodotto peritonite, aderenze, infiammazione del colon e appendice che sono incorporati e stretti dall’ammasso tumorale».




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Come Padre Pio

Intanto continuava la sua storia fatta di incomprensioni, errori anche gravi e insufficienti attenzioni, con i medici. E bisogna capire che, pur essendo malata, Maria non lo era come una persona qualsiasi. È tipico dei mistici – basti pensare alle malattie di San Pio da Pietrelcina durante la Prima Guerra Mondiale – essere ammalati di malattie inspiegabili: se un medico non lo comprende, finisce per sbagliare grandemente sia analisi che cure, e con Maria è avvenuto sempre così.

Spesso i dottori che la visitavano cambiavano le cure per le malattie di cui soffriva, complicandole ancora di più la vita. Maria non guariva perché non era il farmaco il modo per alleviarla.

tomba di maria valtorta
Sailko

La tomba di Maria Valtorta

Intellettualmente vivacissima

Inoltre le avevano diagnosticato due o tre anni di vita, perché le molte malattie, specialmente quella del cuore, avrebbero dovuto avere la meglio sul suo corpo. Non fu così. Spesso in fin di vita, si riprese sempre, e fece un lavoro che neppure una persona in piena salute e gioventù poteva arrivare a fare. Bisogna aggiungere che la situazione psicologica e spirituale di Maria Valtorta era davvero eccellente: fisicamente malata, certo, ma intellettualmente e psicologicamente vivacissima.

L’ultimo cedimento di Maria

Verso la fine di agosto del 1961 Marta Diciotti, che l’assistette fino alla morte, si accorse che Maria – dopo 26 anni che era allettata e circa sei che era “assente” – stava peggiorando. Lei aveva sempre rifiutato i ricoveri ospedalieri, per timore che mentalità eugenetiche potessero spingere i medici a non curarla bene o magari a ucciderla, anche se, tramontati i tempi dell’imperare del razzismo (1936-1945), questi pericoli non ci sarebbero più stati. Su consiglio pressante dei medici Maria Valtorta fu quindi portata all’ospedale di Pisa, dove rimase dal 16 al 29 settembre 1961.

Marta Diciotti ha ricordato: «Il progressivo e lento spegnersi di Maria si manifestava nel fatto che non chiedeva niente, non mostrava desideri, bisogni: voleva sempre meno, anzi non voleva, non avrebbe voluto niente. E non era inquieta: niente affatto. […] A volte impallidiva, impallidiva, impallidiva… E poi si riprendeva».




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Gli ultimi cinque anni non era “assente”

Il dott. Emilio Pisani ricorda gli ultimi momenti: «Si spense nella sua casa di Viareggio il 12 ottobre 1961, come ubbidendo alla parola del sacerdote che le recitava la preghiera per gli agonizzanti: ‘Parti, anima cristiana, da questo mondo’». E così Maria Valtorta terminò la sua immolazione. Da viva. perché anche da morta incomprensione e persecuzione continuarono senza posa.

Gli ultimi cinque anni non sono stati una vaga assenza da questo mondo causata da una malattia psichica. La sola malattia psichica non spiegherebbe i momenti di lucidità chiara in alcuni avvenimenti: ogni riduzionismo razionalistico non spiega tutto. L’interpretazione corretta deve essere diversa, per tenere insieme tutti gli elementi, compresi i due casi raccontati sopra. Maria Valtorta ha vissuto in una mistica elevatissima; la spiegazione deve tener conto anche di questa dimensione. L’“assenza” di Maria Valtorta era la sua totale identificazione col Cristo Crocifisso; lo sperimentare l’immolazione totale in Lui e come Lui; ora lei era rintracciabile solo in Lui.




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