Esco di casa, ho il maglione sporco di qualcosa che mia figlia mi ha spiaccicato addosso quando l’ho presa su dal seggiolone terminato il pranzo. Le infilo il giubbino, lei si lamenta, le si incastra il pollice non so dove, sfilo e infilo nuovamente il braccio nella manica, le metto il cappellino e la posiziono nel marsupio. Prendo le chiavi, la borsa, il mio giaccone anche se non lo metterò perché tenere mia figlia addosso mi scalda già abbastanza. Scendo le scale, piano, attenta a non inciampare perché non è come prima, ora c’è lei e faccio tutto con più lentezza, con più attenzione.
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Saliamo in macchina, partiamo. “Tesoro, diciamo un rosario?” e iniziamo. Lei ha 11 mesi, rimane lì in silenzio ad ascoltare quelle parole che si ripetono finché non si addormenta. Le mamme rubano Ave Maria mentre guidano e i bimbi si addormentano.
La domenica in chiesa arriviamo sempre due minuti dopo l’inizio della messa. Io mi arrabbio tantissimo perché non voglio arrivare tardi ma purtroppo succede. Entriamo, ci mettiamo nelle ultime panche e se lei non dorme la teniamo in braccio a turno finché lei non inizia a lamentarsi. Vuole addormentarsi e per farlo ha bisogno della sua amata tetta. E allora la prendo in braccio e andiamo nella cappellina dove si trova, sopra ad un altare, una statua di Maria Addolorata con Gesù tra le braccia. Domenica l’ho guardata mentre stavo allattando e ho pensato a lei, a quando allattava Gesù e lo teneva tra le braccia. L’ho sentita vicina come non mai.