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Nello scrigno dell’Amazzonia il tesoro dei “viri probati” che saranno preti

amazzonia

Ana Cotta

Agi - pubblicato il 17/10/17

Il Sinodo Panamazzonico del 2019 dovrà mettere a tema il dibattito sulla ordinazione sacerdotale di uomini sposati ma dalla fede sicura

di Salvatore Izzo

Papa Francesco accende i riflettori sull’Amazzonia, la regione dell’America Latina che rappresenta un vero scrigno con molti tesori naturali (che fanno gola agli speculatori dai quali vanno difesi) e etnico-culturali (le tradizioni dei popoli indigeni) ma anche di fede (la Chiesa locale che ha pochissimo clero si incarna infatti nelle famiglie, vere chiese domestiche).  “Accogliendo il desiderio di alcune Conferenze Episcopali dell’America Latina, nonché la voce di diversi Pastori e fedeli di altre parti del mondo, ho deciso di convocare – ha detto all’Angelus, al termine della messa per le canonizzazioni – un’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la regione Panamazzonica, che avrà luogo a Roma nel mese di ottobre 2019”. “Scopo principale di questa convocazione – ha spiegato – individuare nuove strade per l’evangelizzazione di quella porzione del Popolo di Dio, specialmente degli indigeni, spesso dimenticati e senza la prospettiva di un avvenire sereno, anche a causa della crisi della foresta Amazzonica, polmone di capitale importanza per il nostro pianeta”.

“I nuovi Santi – ha aggiunto il Papa – intercedano per questo evento ecclesiale, affinché, nel rispetto della bellezza del creato, tutti i popoli della terra lodino Dio, Signore dell’universo, e da Lui illuminati percorrano cammini di giustizia e di pace”. “Ricordo anche – ha aggiunto Francesco – che dopodomani ricorrerà la Giornata del rifiuto della miseria”. Secondo Francesco, “la miseria non è una fatalità: ha delle cause che vanno riconosciute e rimosse, per onorare la dignità di tanti fratelli e sorelle, sull’esempio dei santi”.

Il cardinale amico Claudio Hummes

Dietro questo sintetico annuncio ci sono mesi di consultazioni che Francesco ha gestito in modo molto riservato con l’aiuto soprattutto di un cardinale suo amico, il francescano ex arcivescovo di San Paolo e ex prefetto del clero Claudio Hummes. Era lui il cardinale che gli era affianco sulla Loggia della Basilica quando il 13 marzo 2013 si affacciò per la prima volta da Papa e chinando il capo chiese la benedizione del popolo prima di impartire la sua alla folla. Hummes era vicino a Bergoglio anche in Conclave e gli disse “non dimenticarti dei poveri”, come aveva rivelato il neo Pontefice nel primo incontro con la stampa tre giorni dopo. Non ha cercato incarichi a Roma il cardinale Hummes ma tornato a Manaus ha lavorato alla costituzione della Repam, la Rete ecclesiale panamazzonica che coinvolge le Chiese di dieci Paesi latinoamericani.

Forte dell’esperienza di Repam, dove confluiscono vescovi e delegati laici delle diocesi aamazzoniche appartenenti ai diversi paesi (Brasile, Venezuela, Colombia, Perù e Bolivia) Francesco vuole dunque nel cuore della Chiesa Cattolica, a Roma, un Sinodo panamazzonico, che traduca il cammino comune di queste Chiese in una voce forte e in scelte nuove. Sarà il punto d’approdo di questa azione ecclesiale, grazie sia alla spinta di Papa Francesco sia all’attività delle Chiese amazzoniche.




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Del Sinodo per l’Amazzonia ne aveva parlato qualche mese fa lo stesso Papa Francesco con i vescovi del Perù e il presidente della Conferenza episcopale peruviana, monsignor Salvador Piñeiro García-Calderón ha spiegato: “La necessità di fare fronte alla globalizzazione e di indagarne le cause, la presenza di progetti estrattivi sempre più grandi ci chiedono di promuovere reti”. Il presidente della Cep ha rivelato: “Il Papa ci ha detto che è molto importante che ci troviamo tra noi vescovi dell’Amazzonia, per elaborare delle linee comuni e per esprimere la ricchezza non soltanto ambientale, ma dei popoli che abitano queste terre. Sono convinto che già questa idea del Sinodo stia camminando, che si stia vedendo come organizzare questo momento ecclesiale”.

Anche padre Dario Bossi che opera ai confini tra gli stati di Maranhão e Pará in Brasile è favorevole all’idea del Sinodo: “La proposta del Sinodo – ha detto al Sir – è essenziale, immagino due tipi di impegno. Uno, per così dire, ‘orizzontale’: riqualificare e incentivare l’impegno locale, per un migliore servizio alla vita e all’ambiente. Un altro, invece, che chiamerei ‘verticale’: l’impegno delle Chiese per una coscienza critica, per un appello in difesa dell’Amazzonia, per farsi voce rispetto alle istituzioni e alla società civile”. Quello che padre Bossi immagina è “un processo lento, nella consapevolezza che molte delle situazioni di conflitto toccano molti interessi, dai quali a volte anche la Chiesa è toccata”. Un processo da vivere “nel dialogo insistente e nella convinzione che l’Amazzonia la si protegge assieme ai popoli”.

Sullo sfondo, “il grande tema dell’ecologia integrale”. Prosegue il missionario comboniano: “Ci aspetta un grande lavoro, che deve necessariamente partire dall’ascolto, a partire da una riflessione sulle forme di spiritualità di cui questi popoli sono portatori, e dal loro stile di vita, il cosiddetto buén vivir, la loro relazione integrata con l’ambiente, con il creato”.

L’annuncio del Papa arriva mentre si prepara un’inedita esercitazione militare statunitense in Amazzonia in collaborazione con il Perù, la Colombia e soprattutto il Brasile. Le manovre militari avranno luogo nella seconda settimana di novembre a Tabatinga, città brasiliana situata sulla riva sinistra del fiume Solimões esattamente al confine di tutti e tre gli Stati sudamericani impegnati nelle operazioni: è, infatti, il punto d’incontro fra Colombia, Perù e Brasile. Le grandi manovre, secondo fonti della Nato, saranno simili a quelle avvenute in Ungheria nel 2015, e serviranno ad aumentare il livello di cooperazione logistica fra gli Stati sudamericani che parteciperanno all’esercitazione, coadiuvati dall’esercito americano. Lo scopo di tale spiegamento militare sarebbe quello di lanciare un messaggio rivolto a tutti gli attori dell’America Latina: gli Stati Uniti stanno tornando.

I “viri probati” che saranno preti

In particolare il Sinodo Panamazzonico dovrà mettere a tema il dibattito su nuove ministerialità in una Chiesa, come quella amazzonica, che soffre di uno scarso numero di sacerdoti chiamati a servire territori vastissimi. L’ipotesi, come è noto, è quella dell’ordinazione sacerdotale di uomini sposati ma dalla fede sicura: i viri probati.

Su questa possibilità, per padre Bossi, “il Sinodo potrebbe pensare a passi concreti. Senza perdere di vista l’universalità della Chiesa, Francesco mi pare aperto ad esperimenti per territori specifici. In queste regioni se non si pensa ad un servizio ministeriale più aperto, non si riuscirà a servire bene le comunità. Nel Chiapas, in Messico, abbiamo ad esempio il ‘diaconato indigeno’, con un percorso che valorizza le coppie e un percorso di dialogo interculturale”.

Da decenni si discute della possibilità di ordinare i “viri probati” per rispondere alle esigenze delle comunità prive di un prete. Questo tema finalmente sarà affrontato e risolto (si spera in senso positivo) dal Sinodo per l’Amazzonia convocato oggi da Papa Francesco. In territori come l’Amazzonia e il Chiapas, nei quali le comunità cristiane sono visitate dai sacerdoti solo alcune volte all’anno, si dovrebbero “ordinare alcuni dei leader laici che guidano le comunità: è la decisione più giusta, perché l’obiettivo è dotare una precisa comunità di un presbitero proprio, a partire da ciò che già esiste in quella comunità. Garantendo il rapporto ministro-comunità. Non è un estraneo che viene da fuori, ma dall’interno. Non c’è bisogno di inserirlo, ‘inculturarlo’, poiché fa già parte della comunità e della sua storia, ha il suo viso, il suo modo di essere”, sostiene monsignor Antonio José de Almeida, professore presso la Pontificia Università Cattolica del Paranà. Dottore in Teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, monsignor José si occupa del tema dei ministeri nella Chiesa a servizio della vita e della missione delle comunità, e conosce da vicino molte esperienze di ministeri non ordinati in America Latina. E precisa che non solo parla di “viri probati” – uomini sposati che potranno essere ordinati al sacerdozio – ma anche di “communitates probatae ” dove l’accento è posto sulla comunità. “Sarebbe tragico – spiega – se la Chiesa ordinasse ‘viri probati’ senza un forte senso di comunità”.

“Monsignor Almeida – sottolinea il blog Terre d’America – propone nomi diversi per questi due tipi di ordinazioni: sacerdoti e ministri ordinati locali. I sacerdoti continuerebbero a essere celibi e verrebbero mandati nelle parrocchie della diocesi, mentre i ministri ordinati locali servirebbero solamente la comunità in cui vivono e potrebbero essere inseriti nella vita familiare e professionale. Qualora non avessero un lavoro, o se lo avessero perso, i ministri ordinati locali potrebbero essere aiutati e sostenuti dalla comunità nello stesso modo con cui già si sostengono alcuni sacerdoti. “Entrambi sono presbiteri dello stesso sacramento dell’ordine; entrambi annunciano il Vangelo in nome della Chiesa; entrambi amministrano i sacramenti; entrambi guidano la comunità con e sotto il Vescovo; entrambi sono ordinati per tutta la vita”, chiarisce la proposta. Ma mentre “i sacerdoti servono una vasta area e vivono in una circoscrizione pastorale più ampia”, i “ministri ordinati locali” vivono all’interno della loro comunità.

Così, i ministri ordinati locali sarebbero scelti direttamente dalla loro comunità e non sarebbe solo uno, ma un piccolo gruppo di due o tre. Inoltre, il servizio per la comunità sarebbe part-time. “Il modello non è la grande parrocchia, territoriale, anonima, totalmente centralizzata nel parroco, dove tutto dipende da lui”. Essi dovranno rispettare i seguenti criteri: essere uomini di comprovata fede e virtù, competenti e rispettati all’interno di una particolare comunità.




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Quel colloquio tra Francesco e il vescovo missionario austriaco Kraeutler

I contenuti promettenti di un colloquio tra Papa Francesco e don Erwin Kraeutler (missionario austriaco e vescovo dello Xingu nella foresta amazzonica brasiliana) che ha toccato il tema dell’ordinazione sacerdotale che potrebbe essere conferita, in situazioni di drammatica carenza del clero, a uomini sposati di vita retta e sufficiente preparazione teologica, è stato ricostruito dal vaticanista Iacopo Scaramuzzi nel libro “Tango Vaticano. La Chiesa al tempo di Francesco”, pubblicato dalle “edizioni dell’asino”.

“Nello Xingu – ha raccontato il vescovo missionario – ci sono circa 800 comunità e solo 27 sacerdoti. Come in tutta l’Amazzonia, anche nello Xingu le comunità, per la stragrande maggioranza, hanno accesso alla celebrazione eucaristica domenicale solo due o tre volte l’anno. È molto doloroso per me, come vescovo, convivere con questa realtà. Improvvisamente, il papa mi ha chiesto: ‘Che ne pensa lei, o qual è la sua proposta in questo senso?’ Non mi sarei mai aspettato che il papa volesse sentire la mia opinione e ho detto: ‘Non ho una ricetta pronta, ma abbiamo bisogno di trovare urgentemente una soluzione affinchè la nostra gente non sia più esclusa dall’eucaristia’. Il Papa allora ha risposto che c’erano alcune ‘tesi interessanti’, per esempio quella di un tedesco che e’ stato vescovo in Sudafrica. Si tratta di monsignor Fritz Lobinger, dal 1987 al 2004 vescovo della diocesi di Aliwal. Egli sogna ministri ordinati che appartengono alla comunita’ e continuano la propria vita familiare e professionale. Il Papa ha ricordato anche una diocesi in Messico, dove, nelle varie etnie indigene, ci sono centinaia di diaconi sposati che esercitano il ministero col proprio popolo e presiedono le loro celebrazioni. Manca loro solo l’ordinazione presbiterale per poter presiedere anche la celebrazione eucaristica. E’ la diocesi di San Cristobal de Las Casas, nello stato del Chiapas”.

Al presule ricevuto in udienza privata,”Francesco ha spiegato che “il Papa non può prendere tutto in mano personalmente da Roma. Noi vescovi locali, che conosciamo meglio i bisogni delle nostre comunita’, dovremmo presentare proposte molto concrete. Dovremmo essere corajudos, ha detto in spagnolo, che significa coraggiosi, audaci. Un vescovo non dovrebbe muoversi da solo, ha detto il Papa. Le conferenze episcopali regionali e nazionali dovrebbero accordarsi su proposte di riforma. E poi portare queste proposte a Roma”.

QUI L’ORIGINALE

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