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Gli errori che un parroco non dovrebbe commettere nella sua nuova parrocchia

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Arcidiocesi cattolica romana di Boston / CC

Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 10/10/17

Dai pettegolezzi alle voci sul vecchio parroco. Ci sono insidie che rischiano di non far decollare il rapporto con i nuovi fedeli

Quali comportamenti dovrebbe evitare un prete appena arrivato in una nuova parrocchia? Ci sono degli errori assolutamente da non commettere!

Monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, in “Reverendo che maniere. Piccolo Galateo Pastorale” (edizioni San Paolo), ne spiega alcuni tra i più grossolani.

IL NUOVO PRETE COME LA SCARPA

Delpini usa una metafora: «Quando compro un paio di scarpe nuove, le scelgo secondo la misura e la forma che convengono ai miei piedi: e tuttavia non elimino mai del tutto la fatica di adattarmi. La prima volta che ci cammino sento stringere le punte o sfregare la caviglia o comprimere il tallone. Poi a poco a poco la scarpa s’adatta al piede e il piede alla scarpa: allora comincio ad apprezzare il confortevole senso di calore, l’impermeabilità assicurata, la leggerezza spedita».




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DARE COLPE AL PREDECESSORE

All’inizio del ministero in una nuova comunità, si avverte subito quello che punge o stringe o sfrega. Ne viene talvolta motivo di preoccupazione o di sofferenza o di delusione. Il rischio è di concludere affrettatamente: “Non c’è niente, non c’è nessuno… bisogna ricominciare tutto da capo… il mio predecessore non mi ha lasciato che debiti…

CONTINUITA’ MEGLIO DEL PROTAGONISMO

Una paziente, amorevole attenzione vi consentirà di raccogliere i segni lasciati dalla fede, dalla dedizione, dall’intelligenza e dalla sofferenza di quelli che vi hanno preceduto nell’esercizio del sacro ministero. Se il vostro amore per la Chiesa è più grande dell’amor proprio, scoprirete che la continuità e la tradizione edificano di più dell’originalità e del protagonismo.




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NON FARSI TRASCINARE DAL GOSSIP

La gente avrà più stima di voi quando vi vedrà pregare sulla tomba dei preti che hanno servito quella comunità prima di voi e noterà che avete cura che non manchi un fiore a dire la riconoscenza per il molto bene che la comunità ha ricevuto.

Allora la gente, anche se non sa delle vostre ore di preghiera, del tempo passato a leggere le tracce del passato nelle carte dell’archivio o nelle confidenze delle persone e delle opere, capirà che non siete mossi dall’ambizione di realizzare un vostro progetto, ma da una intelligente premura perché la comunità continui il suo cammino verso il Signore insieme con tutta la Chiesa.

L’ESEMPIO POSITIVO DEGLI ALTRI

Questa disposizione d’animo non solo consente di apprezzare chi è passato: rende attenti a raccogliere il bene di cui sono esempi e testimoni i preti con i quali l’incontro e la collaborazione sono impegno, grazia e talvolta fatica quotidiana.

Così i parroci che sono stati in quella stessa comunità possono diventare degli importanti punti di riferimento a cui attingere lezioni per il proprio ministero sacerdotale. Evidenzia Delpini:

Dall’uno imparo lo zelo che gli anni non riescono a stancare, dall’altro la lucidità nel capire il momento che viviamo; l’uno mi incoraggia con la cordialità affettuosa con cui rende evidente la fraternità, l’altro con l’intensità e la perseveranza della preghiera; all’uno sono riconoscente per l’esempio di bontà verso tutti, all’altro per la prontezza nell’obbedienza; questo vive con serena fortezza le tribolazioni, quello è un vulcano inesauribile di intraprendenza; di uno ammiro la semplicità unita all’intelligenza, dell’altro la cultura unita alla modestia; l’uno mi impressiona per il carisma di una particolare autorevolezza, l’altro per l’umiltà con cui resta fedele ai servizi più nascosti.




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NIENTE MORMORII

Insomma in una nuova comunità il sacerdote deve non farsi trascinare dai mormorii, ma cercare piuttosto la via possibile per educarsi a una amorevole intelligenza verso il prossimo. Solo così riuscirà a conquistare la sua nuova comunità parrocchiale.

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