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I 12 simboli più importanti nelle catacombe cristiane

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Maria Paola Daud - pubblicato il 16/05/17

Scoprite il significato dei disegni che ornavano queste antichissime sepolture sotterranee

Le catacombe sono stati i primi cimiteri dei cristiani delle origini. Erano gallerie sotterranee lunghe vari chilometri, veri labirinti, in cui non solo venivano sepolti i corpi di martiri, ma eccezionalmente si svolgevano anche alcuni riti. Per questo vi si trovano anche piccoli altari.

Iniziarono a realizzarsi nel II secolo. Molte catacombe vennero scavate e ampliate intorno ai sepolcri di ville di famiglie importanti di Roma, i cui proprietari, da poco convertiti, le aprirono ai propri familiari ma anche ai fratelli nella fede.

Con l’editto di Milano del 313 cessò la persecuzione contro i cristiani, e questi poterono iniziare a costruire chiese e ad acquistare terreni per realizzarvi nuovi cimiteri. Le catacombe, ad ogni modo, continuarono ad essere usate fino al V secolo.

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L’origine della parola latina catacumba è incerto. Alcune fonti credono che derivi dal greco κατά, “sotto”, e τύμβoς “tumulo”, o anche da κυμβή, “coppa”, con il significato di “depressione”. Altri studi affermano che si tratta di un ibrido del greco κατά e della radice latina -cumbo, che significa “giacere, essere stesi”.




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All’inizio venne chiamato catacomba il cimitero di San Sebastiano, dov’erano stati sepolti San Pietro e San Paolo. In seguito, con l’invasione dei barbari che distruggevano e saccheggiavano tutto al loro passaggio, anche le catacombe (di solito situate in periferia), i papi decisero di trasferire le reliquie dei martiri e dei santi nelle chiese all’interno della città.

A poco a poco, nel corso dei secoli, le catacombe smisero di essere visitate e rimasero nascoste cadendo nell’oblio, finché nel 1578 vennero riscoperte da alcuni operai che stavano lavorando nella zona.

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Public Domain

Questi luoghi nascosti sotto terra costituivano il rifugio perfetto in cui i cristiani potevano dare sepoltura ai loro correligionari, e lì comunicavano liberamente attraverso simboli sui muri. Era un modo di esprimere visibilmente la propria fede, e alcune immagini sono delle vere opere d’arte.

Questi erano i simboli più importanti:

Il Buon Pastore: con la pecora sulle spalle, rappresenta Cristo salvatore e l’anima che ha salvato. Il significato è ben spiegato nel Vangelo. Gesù è il pastore e tutti i suoi discepoli di tutti i tempi sono le sue pecore, ed Egli le conosce tutte e ciascuna per nome. Nell’immagine si vede il pastore che si prende sulle spalle la pecora smarrita. Questa immagine allude anche alla partenza da questo mondo. Per questo si trova spesso negli affreschi e nei rilievi dei sarcofagi e inciso sulle tombe.

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L’orante: questa figura vestita con una tunica a maniche lunghe e con le braccia alzate in preghiera, la “pietà” per i cristiani, simboleggia l’anima che gode della gioia celeste intercedendo per chi resta.




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Il Chi Rho: il monogramma di Cristo è formato da due lettere dell’alfabeto greco, la X e la P (ro) sovrapposte. Sono le prime due lettere della parola greca “Christòs”, ovvero Cristo. Questo monogramma, posto su una tomba, indicava che il defunto era cristiano, e questo simbolo è ancora oggi molto presente in alcune chiese e su certi altari.

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Il pesce: in greco la parola pesce si dice “IXTHYS”. Poste in verticale, queste lettere formano un acrostico: “Iesús Jristós, Zeú Yiós, Sotér” = Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore.

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L’albero: rappresenta la vita che dalla terra cresce verso il cielo con foglie, frutta e fiori, segno della sua vitalità. Sono simboli della vita terrena che tende alla vita del “cielo”, alla resurrezione.

La colomba: simboleggia l’anima che ha raggiunto la pace divina, ma anche l’intervento salvifico di Dio, lo Spirito santo, l’anima del defunto e la pace.




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L’Alfa e l’Omega: sono la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco. Indicano che Cristo è il principio e la fine di tutte le cose, come troviamo citato nell’Apocalisse.

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Commodilla

L’ancora: la forma dell’ancora cristiana era quella delle prime ancore marine, con due bracci incrociati e un anello in cima per passare la corda. Proprio per questa caratteristica divenne una forma alternativa di rappresentare la croce cristiana, soprattutto in quell’epoca in cui era pericoloso rivelare la propria affiliazione religiosa. In seguito riapparve con un significato diverso e divenne un simbolo della seconda virtù teologale, la speranza cristiana. Secondo San Paolo, l’ancora in cui confidare è Cristo.

La fenice: uccello mitico dell’Arabia, che in base a quello che credevano gli antichi rinasce dalle sue ceneri dopo un certo numero di secoli, è il simbolo della resurrezione.

L’agnello: rappresenta Gesù crocifisso dalla lancia, l’“Agnello di Dio” che si offre in sacrificio per la salvezza dell’uomo. Nel 692 il Concilio di Costantinopoli, per evitare la confusione di religioni e convinzioni che avrebbero potuto sorgere da simboli simili come il culto di Dioniso, in cui i fedeli sacrificavano un agnello per indurre il dio a ritornare dagli inferi, impose che nell’arte cristiana si rappresentasse Cristo sulla croce, non più come agnello ma in forma umana.

Il pavone: simbolo della resurrezione e della vita eterna. Il fatto che in inverno perda le piume e ne acquisti di nuove ancor più belle in primavera ha fatto sì che i cristiani dei primi secoli lo abbiano adottato come un simbolo di resurrezione.


Apocalisse

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La barca: rappresenta la Chiesa, l’archetipo dell’Arca di Noè, un mezzo di salvezza per il resto di Israele rappresentato dal patriarca e dalla sua famiglia.

La barca è l’oggetto della salvezza, una salvezza che viene dall’alto, attraverso l’intervento miracoloso di Gesù, che porta al rifugio sicuro del Regno messianico. È un mezzo di salvezza per chi salirà a bordo, con chiaro riferimento alla Chiesa: “Al di fuori della Chiesa non v’è salvezza”.

La rappresentazione pittorica della barca, che si ritrova in molte tombe, è un simbolo di speranza per l’eternità.

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Joseph Wilpert-PD
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Alcuni simboli, come le coppe, il pane e le anfore, si riferiscono ai pasti funebri in onore dei defunti, chiamati “refrigeria”.




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[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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