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Perché togliere il “congedo facoltativo” ai papà?

bebe y padres

AndreyUG/ Shutterstock.com

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 18/04/17

Il governo non proroga più il provvedimento. Ancora penalizzate le politiche a favore della famiglia

L’Italia si dimostra ancora una volta uno dei Paesi europei meno attenti alle politiche per la famiglia e l’occupazione femminile.

I papà lavoratori dipendenti, infatti, non possono più “sostituire” il coniuge nell’attenzione e cura dei propri neonati. Da quest’anno, infatti, non è più fruibile il cosìddetto “congedo facoltativo”, introdotto dalla riforma Fornero e poi prorogato fino all’anno scorso, che, per quanto breve (solo due giorni), consentiva appunto alla mamma di passare il testimone al papà nella cura del neonato entro i primi cinque mesi di vita.

LE NOVITA’ 2017 PER LE NEO-MAMME

Non è più fruibile perché non ha ricevuto ulteriore proroghe: il nuovo Programma Nazionale di Riforma (Pnr), appena varato dal governo assieme al Def (Documento Economico Finanziario), a parole conferma l’impegno dell’esecutivo nel campo delle politiche per l’occupazione femminile, in pratica invece si fanno passi indietro.

Di conseguenza, quest’anno potranno eventualmente essere fruiti soltanto i giorni relativi a parti, adozioni e affidamenti avvenuti nel corso dell’anno scorso. A precisarlo è stato l’Inps nel messaggio n. 1581/2017.

UN’OPPORTUNITA’ PER IL PAPA’

Come accennato, il congedo facoltativo dava l’opportunità al padre, lavoratore dipendente di fruire di uno o due giorni di astensione dal lavoro, anche in maniera continuativa, al posto del coniuge, per accudire un neonato. Infatti, la fruizione del congedo era subordinato alla scelta dell’altro coniuge, cioè la madre, anch’essa lavoratrice dipendente, di non fruire di altrettanti giorni (uno o due) del proprio congedo di maternità, con un conseguente anticipo del termine finale del periodo post partum di astensione obbligatoria.

Lo “scambio”, in ogni caso, poteva essere fatto entro i primi cinque mesi di vita del figlio (il termine entro cui la madre fruisce dell’astensione obbligatoria) (Avvenire, 17 aprile).

NUOVE MISURE PER IL 2018

La sperimentazione non ha funzionato e per questo è stata cancellata? Non si sa, nessuno lo ha spiegato ufficialmente. Però, come detto, il Pnr non trascura questo argomento, e ricorda che mentre sono allo studio nuove misure, la legge di bilancio 2017 approvata alla fine dello scorso anno, ha prorogato per il 2017 ed il 2018 i due giorni di congedo obbligatorio a favore dei padri lavoratori dipendenti.

IL CONGEDO OBBLIGATORIO

E i fondi disponibili sono pure raddoppiati, passando da 20 e 41,2 milioni di euro, perché il prossimo anno è già previsto che i giorni di congedo obbligatorio dei papà passino da 2 a 4, «elevabili a 5 in sostituzione della madre in relazione al periodo di astensione obbligatoria ad essa spettante», specifica una nota in calce al Pnr. Che in questo modo fa ripristina, dimezzando però i giorni, la norma scomparsa quest’anno.

LA PROPOSTA BOERI

Che siano però due, quattro o anche cinque, i giorni di congedo concessi ai papà sono sempre pochi. Tant’è che l’anno scorso il presidente dell’Inps Tito Boeri, evocando la necessità di introdurre in questo campo interventi «choc» per alleggerire quella palla al piede che limita notevolmente l’accesso al lavoro (e poi la carriera) alle donne, aveva proposto di portare a 15 i giorni di congedo che tutti i papà dovrebbero poter fruire nel primo mese dalla nascita del figlio (La Stampa, 17 aprile)..

IN CODA ALL’EUROPA

Secondo Boeri, infatti, questa differenza di trattamento contribuisce alle disparità tra uomo e donna nel lavoro. E del resto in Europa siamo pur sempre in coda alla classifica: la Danimarca ai papà assegna infatti 2 settimane, 11 giorni la Francia, 15 la Spagna, 3 + 10 facoltativi il Belgio, per non parlare poi della Norvegia che assicura ai genitori un pacchetto di ben 54 settimane, 9 per la madre, 6 per il padre e le restanti 39 che possono utilizzare entrambi i genitori. All’insegna della vera parità (La Stampa, 17 aprile).

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