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Che cos’è lo Ho’oponopono? Può curare?

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Luis Santamaría del Río - pubblicato il 13/04/17

C'è una pseudo-terapia che pretende di curare la malattia con le emozioni

“La guarigione attraverso il perdono”. Suona bene, naturalmente. Ed esprime una grande verità: il potere curativo dell’esercizio del perdono è così importante sia per le persone che perdonano che per quelle che vengono perdonate. E intorno a questo concetto negli ultimi anni è diventato di moda qualcosa un po’ difficile da leggere e scrivere, ma sempre più facile da trovare nelle librerie e negli incontri per lo sviluppo personale: l’Ho’oponopono.

Dalla cultura hawaiana all’uso personale

Ho’oponopono è un termine hawaiano che i suoi sostenitori traducono come “rettificare un errore”, “armonizzare” o “mettere ordine”. Dà un senso di esotico, lontano ed estraneo alla tradizione giudaico-cristiana, come con tutto ciò che viene dalla cultura orientale. In questo caso, tuttavia, l’attenzione è posta sulle isole Hawaii nell’Oceano Pacifico.

Si basa su una tradizione antica degli abitanti dell’arcipelago. Quando si presentavano dei conflitti nelle relazioni interpersonali dentro le comunità, le persone si riunivano per un atto di riconciliazione e di perdono, in presenza di un sacerdote o uno sciamano.

Che cosa ha fatto sì che questo elemento tradizionale di una particolare cultura si sia occidentalizzato e reso popolare con tinte di auto-aiuto e spiritualità? Il processo tipico della Nuova Era (New Age), interpretato questa volta dallo sciamano e guaritore Morrnah Nalamaku Simeona negli anni ’70.

La chiave sta nella “privatizzazione” del processo spirituale che coinvolge l’Ho’oponopono, che ora può essere praticato da una persona sola, che si perdona, garantendosi la pace del cuore. “Non c’è bisogno di essere in presenza di altri, nemmeno uno sciamano; per il perdono è essenziale, soprattutto, perdonare te stesso”, si spiega in un libro.

Ma… in che cosa consiste esattamente?

La sintesi è molto concreta: “Mi dispiace, perdonami, grazie, ti amo”. Queste quattro espressioni, ripetute fino alla nausea e diffuse dai social network sono alla base di questa pratica. Consiste nel ripetere esattamente questa “formula” quando una persona si trova ad affrontare un conflitto, un problema o una situazione negativa. Può essere esternata (forte o sussurrata) o meno (dicendosela dentro di sé).

È molto interessante quello che si legge in un manuale quando ci si chiede a chi sia rivolta questa formula magica: “A voi stessi, alla vostra divinità interiore, ai vostri protettori, all’universo, a Dio”. Un chiaro riflesso dei diffusi relativismo e panteismo (tutto è Dio, tutto è divino) della New Age.

In effetti, l’obiettivo finale di questa tecnica è semplicemente quello di liberarci dalla memoria personale “per sbarazzarsi del velo che ci impedisce di scoprire la ‘divinità’ che vive in noi. Così, possiamo scoprire chi siamo realmente, ciò che è essenziale”. Anche in questo caso, riconoscere la propria divinità è il fine di ogni esercizio psicologico o spirituale della New Age. Con una tinta completamente gnostica, la salvezza e la pienezza della persona arrivano attraverso la conoscenza.

Una proposta spirituale chiara

Uno sguardo ai libri che spiegano l’Ho’oponopono è sufficiente per rendersi conto che va al di là di una semplice proposta di auto-aiuto contemporaneo. Si tratta di una vera e propria visione del mondo che cambia il modo di vedere la vita. In un libro si legge che “Ho’oponopono è una filosofia, uno stato d’animo, e aderire a questo processo richiede l’integrazione di certe idee, certe nozioni diverse rispetto a quelle alle quali la nostra tradizione giudaico-cristiana ci ha abituato”.

Pertanto, si precisa, “ognuno deve fare un cambiamento interiore a livello di credenze e valori”. Ciò comporta una conversione, l’assunzione di una nuova religione. Una visione del mondo dai tratti magici, in cui si ritiene che la semplice applicazione di questi principi comporti la soluzione automatica dei problemi.

E porta a respingere le idee tradizionali su Dio. In alcuni libri possiamo trovare un’invito a respingere l’idea di un Dio che punisce, ma anche di un Dio amorevole, dal momento che “è richiesta solo come una compensazione in un mondo di dolore e miseria”. E con le sue proposte di teologia sincretista, i sostenitori dello Ho’oponopono pongono un’etica ben precisa. Tutto questo, insieme con i rituali, dà vita a una nuova religione, nel senso ampio del termine.




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Sullo sfondo, la magia

In un libro introduttivo a questa pseudo-terapia si legge che “entrare nel processo di Ho’oponopono è molto semplice. Se c’è qualcosa che si sta deteriorando da dentro o se si dispone di un fastidio giornaliero, così come se si tratta di un evento serio o di qualcosa non particolarmente rilevante, basterà semplicemente ripetere le quattro piccole frasi che sono, in realtà, parole. La formula è ‘Mi dispiace, perdonami, grazie, ti amo’. A partire da queste quattro frasi più volte ripetute in un determinato lasso di tempo, passare a qualcos’altro è come un miracolo”.

E solo su questa magia può essere basata la falsa promessa di guarigione sollevata dal Ho’oponopono. Perché quando ci si libera dalla memoria personale, come abbiamo visto, “si viene trasformati in energia pura attraverso la ‘divinità’. È una specie di autentico processo alchemico, una trasmutazione dei nostri ricordi e delle nostre paure in puro amore”.

Il lato “medico” del problema

Qualcosa di molto delicato su questo tema, come in molte correnti della New Age, è il suo lato terapeutico. Soprattutto quando si esalta uno dei personaggi principali attorno a questa tecnica, il “dottore” Ihaleakala Hew Len. Dicono che quando arrivò come psicologo clinico in un istituto detentivo psichiatrico delle Hawaii, fosse riuscito a migliorare le relazioni all’interno semplicemente applicando lo Ho’oponopono, chiuso nel suo ufficio a ripetere la formula magica mentre leggeva le note sui pazienti.

Nei libri che diffondono questa pseudo-terapia si spiega che il dottor Len “avesse guarito la parte di loro che aveva creato problemi”. E che “tutto nella vita, tutto ciò che ci accade, sia nostra responsabilità”, e che quindi per combattere la negatività si debba “curare i ricordi che hanno causato questa situazione”. Nei trattati incontriamo una miscela di elementi come la Programmazione neurolinguistica (PNL), le energie, l’epigenetica, lo sciamanesimo… e persino la fisica quantistica.

Sullo sfondo c’è qualcosa di comune o simile ad altre proposte, come Un corso di miracoli, la Nuova Medicina Germanica o la Bioneuroemozione: “Ciò che è nel tuo esteriore non è altro che una proiezione di qualcosa che viene da te, che potremmo chiamare fede, pensieri o ricordi”. Qualcosa che viene, innanzitutto, dalla “pressione della tradizione giudaico-cristiana”, naturalmente.

Quindi, la soluzione ai problemi è molto semplice: così come noi siamo i creatori della nostra realtà, tutto è a causa di noi stessi e “i pensieri sbagliati creeranno una falsa realtà”. Al contrario, “se ho un pensiero giusto, allora io creo una realtà armoniosa e pacifica. E, a questo punto, è necessario rendersi conto che tutto ciò è dentro di noi. Nulla è fuori”.

Pertanto, il fisico non esiste, né il corpo… perché sono creazioni del nostro pensiero. E così è con la malattia. Se si riesce a liberarsi delle sue memorie o le ripulisce, tutto è risolto. Per fare questo “la richiesta va rivolta al sé superiore o anima, che, a sua volta, passa il testimone alla Divinità, il cui ruolo è quello di pulire e purificare la causa o le cause del problema. Possiamo anche andare direttamente alla Divinità”.

È pericoloso?

Secondo un gruppo di ricerca della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Pompeu Fabra di Barcellona, lo Ho’oponopono, che viene elencata tra le pseudo-scienze nella famiglia delle terapeutiche e nella sottofamiglia delle guarigioni, ha un alto grado di pericolo.

Come al solito in questo campo di pseudo-terapie spirituali, i suoi praticanti e sostenitori giocano con l’ambiguità di un linguaggio in cui, da un lato, parlano di miracoli e guarigione, come abbiamo visto prima, ma dall’altro sostengono che la pratica di Ho’oponopono “porta alla quiete… serve principalmente per la pace interiore”.




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Con queste parole si difendono dalle accuse di essere una terapia alternativa, garantendo di non avere mai detto a un paziente di abbandonare il proprio trattamento medico, né che i propri problemi possono essere risolti come per magia.

Ma in realtà si nutrono di una coscienza magica le cui conseguenze nella vita delle persone, specialmente in coloro che vivono un momento di debolezza o vulnerabilità, possono essere imprevedibili e mortali. Perché alla fine la soluzione dei conflitti o la cura delle malattie possono essere realizzate “perdonando, ringraziando e inviando amore”.

Senza dimenticare che si tratta di una proposta teorica e pratica in un terreno fertile per la manipolazione settaria in gruppi o attività di formazione i cui leader, insegnanti o “facilitatori” possano far vivere alla persona un’alternativa fantasiosa della realtà che mira a farla vittima di abusi psicologico. Concetti come “vuoto”, distacco o disimpegno e lasciare le cose, che sono ampiamente utilizzati nell’Ho’oponopono, sono strumenti ideali per generare dipendenza da un leader e processi di manipolazione.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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