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Consigli per chi è chiamato ad educare i giovani ad un uso corretto dei dispositivi digitali

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Silvia Lucchetti - pubblicato il 01/04/17

Le strategie per indirizzare gli adolescenti ad un approccio responsabile agli strumenti digitali

“Generazioni digitali. Consigli per genitori e formatori” (San Paolo edizioni) è il nuovo libro di don Marco Sanavio, che dal 2005 si occupa di formazione dei ragazzi ad un uso critico degli schermi digitali, e di Luce Maria Busetto, psicologa, psicoterapeuta e docente che si occupa dello stesso ambito a livello professionale. Il testo non è né un saggio scientifico, né un libretto di istruzioni ma “una proposta di metodo informata” sul mondo digitale, come scrive nella prefazione Pier Cesare Rivoltella. Genitori, educatori e insegnanti si trovano di fronte alla difficoltà di saper rispondere e indirizzare adeguatamente i giovani e giovanissimi ad un uso sano e corretto dei dispositivi digitali.

L’IMPORTANZA DI SAPER ASCOLTARE: DARE E DARSI DELLE REGOLE

Scrive nella prefazione Pier Cesare Rivoltella che il metodo che il libro propone è quello dell’ascolto attento e profondo dei ragazzi per poter stabilire delle regole da rispettare.

«Quali sono le caratteristiche di questo metodo? Mi sembra che lo contraddistinguano il punto di partenza e il punto di arrivo: ascoltare e darsi delle regole. Si tratta di due pratiche molto difficili da sviluppare nella nostra società. Imparare ad ascoltare significa darsi il tempo di capire come stiano le cose, capire in profondità, evitare di essere ingenui nella ricezione dei messaggi. L’ascolto predispone il pensiero critico: uno dei pilastri dell’educazione ai media, da sempre. Darsi regole significa trovare nella responsabilità lo spazio in cui si esercitano l’etica e la cittadinanza. Le regole non le può dettare la Polizia Postale e delle Comunicazioni, non si educa alla cittadinanza sventolando la sanzione come deterrente. La regola deve essere autonoma e non eteronoma. Devo imparare a darmela io, la regola. O meglio, sono io che devo imparare a praticare le virtù, anche nel digitale».

Don Marco Sanavio illustra nell’introduzione il percorso pedagogico tracciato per chiunque si trovi ad educare e formare i ragazzi sull’utilizzo dei dispositivi digitali:

«Abbiamo articolato l’itinerario pedagogico in quattro step percorribili da ciascun educatore che desideri operare nell’ambito della formazione sull’utilizzo degli schermi digitali, come pure da un genitore in ambito domestico: • ascolto; • simbolizzazione; • verbalizzazione e riappropriazione; • fase autonormativa».



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Alleanza educativa: genitori, docenti e educatori

L’autore, che negli ultimi anni ha girato scuole e parrocchie per sensibilizzare e informare su questo tema, testimonia come nella sua esperienza, l’alleanza educativa, abbia rappresentato una strategia vincente ed efficace per fronteggiare i gravi e pericolosi fenomeni emersi dall’uso scorretto degli schermi digitali. Inoltre sottolinea l’importanza di una formazione permanente utile per fornire ai ragazzi un’adeguata capacità di sapersi orientare nel mondo digitale senza correre troppi pericoli. Infatti invita i genitori a prestare molta attenzione alla “dieta mediale”, così come si è scrupolosi con la dieta alimentare:

«Genitori: voi che avete uno sguardo costante sulla prole probabilmente potrete trovare in questo volume alcune chiavi di lettura di fenomeni e “affioranti digitali” legati alla sfera tecnologica e qualche suggestione utile a delineare delle strategie d’uscita da situazioni potenzialmente nocive. A voi vorremmo suggerire che la stessa attenzione quotidiana e costante che ponete alla dieta alimentare di un giovane andrebbe estesa alla dieta mediale».

Poi l’autore si rivolge ai docenti, invitandoli ad attivare percorsi di formazione permanente, unica soluzione per accompagnare sul serio i ragazzi nella consapevolezza dell’uso dello strumento digitale.

«Docenti: se il vostro fiuto di educatori vi ha già portati a considerare l’ambito degli schermi digitali come un ambiente all’interno del quale è indispensabile attivare dei percorsi di formazione permanente, allora questo volume potrà esservi utile. I quattro step che vi proponiamo possono essere replicati più volte e adattati a diverse situazioni e stagioni dell’età evolutiva. Non accontentatevi di interventi isolati ed episodici: oggi non ce lo possiamo più permettere».

E infine rivolge un messaggio agli allenatori, agli animatori parrocchiali, a tutte le figure che svolgono un ruolo educativo nei confronti dei ragazzi, affinché contribuiscano ad un insegnamento corretto dell’uso degli schermi digitali.

«Educatori: anche voi capi scout, allenatori, animatori di gruppi parrocchiali o altro tipo di formatori siete chiamati a contribuire al percorso di formazione e a un sano uso degli schermi digitali da parte dei giovani che vi sono stati affidati. In questo volume potete individuare elementi utili a rafforzare i vostri itinerari educativi».



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NESSUNO È ESCLUSO DALLA PERVASIVITÀ ELETTRONICA

Nessun adulto può tirarsi indietro di fronte a questo compito e anche chi ha poca dimestichezza con il computer e gli strumenti digitali ha il dovere di conoscerne almeno i meccanismi basilari per poter educare al meglio i ragazzi e per preservare, per quanto possibile, i propri dati personali:

«Nessuno di noi può dirsi escluso dalla pervasività della comunicazione elettronica. «Io ne sono fuori abbondantemente – mi ha detto una signora dai capelli canuti nel corso di un incontro in un centro parrocchiale –, questo incontro non fa per me». Le ho subito chiesto se quel mattino passando sotto i portici della cittadina dove abita, vista la pioggia abbondante, per caso avesse notato le tante videocamere che l’avevano ripresa, se fosse andata in farmacia nell’ultimo mese come pure in posta a ritirare la pensione. Le ho fatto notare che in occasione degli ultimi esami clinici le avevano consegnato un supporto ottico, oltre alla radiografia, e come fosse stato semplice consultare lo storico dei precedenti esempi, a terminale, da parte del medico. «Signora – ho risposto – nessuno di noi può ritenersi escluso da questo flusso di dati che viene scambiato costantemente tramite canali digitali. Se non possiamo sottrarci, è nostro dovere però proteggere i dati personali e consegnarne solo la stretta dose necessaria a condurre una vita agevole». È rimasta fino alla fine dell’incontro».

NOMOFOBIA (no mobile phobia): IL TRAUMA DELLA DISCONNESSIONE

Il legame di simbiosi tra gli adolescenti, e non solo, con i dispositivi digitali, soprattutto smartphone, è talmente massiccio che per molti restare senza telefono, non avere linea o finire il credito,  genera un forte stato d’ansia e di panico:

«La disconnessione dal proprio “universo portatile” è paragonata (…) a un evento catastrofico che sembra far sprofondare l’utente in una dimensione priva di appigli, svuotata di senso. Questo fenomeno di separazione dal legame digitale è così rilevante da avere persino un nome: “nomofobia” (abbreviazione di no-mobile phobia), apparso la prima volta nel 2008 in seguito a un’indagine condotta nel Regno Unito da You-Gov, che ha rilevato come gli utenti britannici, per il 53%, cadono in uno stato ansioso quando «perdono il loro cellulare, esauriscono la batteria o il credito residuo o non hanno copertura di rete». Gli studiosi italiani Bragazzi e Del Puente dell’Università di Genova, poi, hanno descritto in un documento pubblicato sulla rivista «Psychology Research and Behavior Management» (2014) l’ambivalenza della nomofobia: «se da un lato può rappresentare un guscio protettivo o uno scudo per la persona, dall’altro si trasforma in un mezzo per evitare la comunicazione sociale». La scelta della disconnessione, comunque, sembra operata consapevolmente più dal mondo adulto che da quello degli adolescenti che, come ci hanno confidato più e più volte i genitori, dormono spesso con i dispositivi elettronici accesi sotto il cuscino. Va notato che un giovane che ha costruito la sua personalità nutrendola sin dall’infanzia con relazioni mediate dall’elettronica difficilmente si disconnette dal legame digitale, pena l’insorgere di una sensazione di vuoto e disturbi che possono sfociare nel patologico, come la nomofobia».




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