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Ricostruire Gaza dalle ceneri… letteralmente

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Valerio Evangelista - pubblicato il 31/03/17

L'ingegno della giovane Majd Masharawi per riportare la vita in una terra oppressa

L’ex segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon lo ha definito una vera e propria “punizione collettiva”, atta a “strangolare il popolo e la sua economia … ostacolando gli sforzi per la sua ricostruzione”. È il Blocco della Striscia di Gaza, l’embargo attuato congiuntamente da Egitto e Israele alla popolazione palestinese del lembo di terra amministrato da Hamas.

Il Blocco di Gaza – che ha portato all’impoverimento e al sottosviluppo di una società altamente qualificata e istruita – sembrerebbe contrario al diritto internazionale. Nel Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949, leggiamo infatti che “sono e resteranno proibite, in ogni tempo e in ogni luogo, … le punizioni collettive”. Un provvedimento che proibisce (o consente in quantità limitatissime) l’introduzione nella Striscia di un certo numero di beni. Tra questi anche cemento e altri materiali da costruzione.

Dopo oltre un anno di ricerche ed esperimenti, accolti tendenzialmente con sfiducia dalla società conservatrice in cui vive, la 22enne Majd Masharawi ritiene di poter finalmente offrire una soluzione alla crisi della ricostruzione che affligge la sua terra. Laureata in ingegneria civile presso l’Università Islamica di Gaza, Majd e la sua collaboratrice Rawan Abdelatif hanno lavorato ad un tipo di mattone realizzato interamente da cenere e detriti, soprannominato Green Cake a simboleggiare lo scarso impatto ambientale del prodotto.

Ezz Zanoun/Al Jazeera

Le tonnellate di ceneri prodotte ogni settimana dai locali impianti produttivi vengono disperse senza prestare attenzione al loro smaltimento, per il quale non esiste alcuna norma vigente.

Ci siamo chieste, qual è la sofferenza più grande di Gaza? La cosa principale è la mancanza di materiali da costruzione“, ha dichiarato Masharawi ad Al Jazeera. “Le ho detto, quella del cemento è una questione importante. Ogni problema è la base per la sua soluzione, occorre trovare un’alternativa”.

L’offensiva israeliana del 2014 ha distrutto oltre 18mila case, lasciando senza un tetto 500mila persone, circa il 28% della popolazione totale (dati ONU). Al 2016, secondo le stime dell’Ocha, erano 75mila i gazawi senza casa. A causa del Blocco, soltanto il 20% delle case distrutte è stata ricostruita dalle macerie. Le nuove costruzioni inoltre, aggiunge Masharawi, sono fragili, perché realizzate con una quantità risibile di cemento, non disponibile nella Striscia.

Masharawi si è resa conto che utilizzare le tonnellate di ceneri prodotte settimanalmente avrebbe potuto offrire una speranza di alternativa al cemento, oltre ad impedire il loro rilascio nelle sabbie di Gaza costituendo un grave rischio ambientale.

I primi esperimenti non sono andati a buon fine, perché la Green Cake non reggeva un peso minimo tale da consentirne l’utilizzo nell’edilizia. “L’uomo che ha fatto il test al laboratorio si è messo a ridere, invitandoci a tornare in cucina e preparare una vera ‘torta’“, ha spiegato Masharawi.

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Ma Majd e Rawan non si sono perse d’animo e hanno continuato ad affinare il prodotto. Dopo decine e decine di tentativi, hanno realizzato un prototipo di mattone che riesce a sostenere ben 3.4 MPa (megaPascal).

Risultato primo su 800 partecipanti, il loro progetto è stato premiato dalla locale incubatrice di start-up Mobaderoon III, che ha finanziato una prima produzione di un migliaio di mattoni. La quasi inesistente libertà di circolazione verso l’esterno della Striscia ha impedito alle due ingegneri di partecipare ad altri summit e/o competizioni internazionali, ma questo non ha fermato Majd e Rawan.

Il loro prototipo è infatti risultato primo anche al Japan Gaza Innovation Challenge, creando un ponte con investitori nipponici. “In Giappone ci sono sempre più persone interessate a sostenere Green Cake”, ha detto il fondatore della competizione, Fumiya Kamikawaji.

Il premio prevede anche un viaggio in Giappone, dove Majd affinerà il prototipo insieme ai tecnici di Maeda, una consolidata azienda di ingegneria civile. “Adesso ho ancora speranza” ha detto Masharawi ad Al Jazeera.

“La mente dell’essere umano non conosce limiti”, ha aggiunto. “Se vuoi realizzare qualcosa, devi crederci e avere fede. Nessuno è responsabile del tuo futuro, soltanto tu lo sei”.

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