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Le 2 cose che dovreste sapere prima della fine della Quaresima

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Caryn Rivadeneira - pubblicato il 29/03/17

Suggerimenti di padre James Martin, S.J., per essere più gentili e più grati, anche quando non ci va

Il sacerdote gesuita padre James Martin, S.J., è noto per essere autore di vari libri, tra i quali il besteller per il New York Times intitolato Jesus: A Pilgrimage e Seven Last Words: An Invitation to a Deeper Friendship with Jesus.

Quando si parla di pratiche quaresimali, padre Martin è più interessato ad essere conosciuto per qualcos’altro: per essere gentile e grato, due cose che vorrebbe vedere di più in tutti noi – più gentilezza e meno lamentele.

Più gentilezza

Essere gentili, spiega il sacerdote, sembra facile, ma è sorprendentemente complicato. È una cosa che tutti noi dovremmo cercare di mettere in pratica ogni giorno, ma su cui dovremmo concentrarci in modo particolare in Quaresima. Ecco le tre componenti che padre Martin dice di usare per mettere in pratica la gentilezza nella sua vita di tutti i giorni:

1. “Non essere stupido”, dice. “Ovvero, anche se sei stanco, stai male, sei arrabbiato o frustrato o oberato dal lavoro, non c’è bisogno di trasmettere la propria condizione al prossimo”.

2. “Onora gli assenti. Smetti di parlare alle spalle delle persone. Non c’è niente di altrettanto dannoso per il tessuto sociale. Farà sentire male le persone quando lo scopriranno. E in genere succede”.

3. “Offri il beneficio del dubbio. Se non sei sicuro di come qualcuno intenda qualcosa, chiedi. E parti sempre dall’idea che abbia buone motivazioni.

“Possono sembrare piccole cose ed essere gentili può sembrare ovvio, ma è il cuore della vita cristiana”, riconosce il sacerdote.

La gentilezza ci risulta più facile quando stabiliamo un’altra pratica spirituale, che faremmo bene a portare avanti ben oltre la fine della Quareisma.

Meno lamentele

“Smetti di lamentarti tanto”, dice padre Martin. “Una delle cose che ho capito ultimamente è quanto sia poco attraente la lamentela continua, e quanto spesso porti alla disperazione. Ho conosciuto qualche campione di lamentele, e anche poco tempo accanto a persone di questo tipo mi mette di cattivo umore. Ovviamente è importante condividere le frustrazioni e le lotte che viviamo con familiari e amici, e con Dio nella preghiera, ma non c’è bisogno di essere così costantemente negativi con chiunque conosciate”.

Il beneficio? Padre Martin dice che questa pratica lo fa “sentire molto più felice e più calmo. Non sono la fonte di lamentele, e quindi non stresso nessuno. È una pratica piuttosto sana”.

Ovviamente padre Martin ammette che la vita tende a ostacolare questa sua pratica particolare. “La vita pone sempre ostacoli imprevisti sulla tua strada – problemi di salute, difficoltà finanziarie, lotte familiari o sul posto di lavoro, e allora lamentarsi è facile. Sembra naturale. La chiave, però, è sapere che non ci si deve lamentare. Si ha la possibilità di scegliere”.

In particolare, dice, alla luce della Resurrezione, che aspettiamo durante la Quaresima. “Quando si hanno intorno cristiani che si lamentano in continuazione, ci si inizia a chiedere se credono davvero che Cristo sia risorto, che nulla sia impossibile con Dio e che lo Spirito Santo sia presente in modo potente in mezzo a noi”, dice il sacerdote. “La negatività tossica può riportarci direttamente alla tomba, come se ogni speranza fosse perduta. Ma la Resurrezione, il capitolo finale della storia della Quaresima, è la Buona Novella!”

Mettere in pratica questa Buona Novella senza lamentarsi tanto, sostiene padre Martin, porterà a sentirsi più felici e a rendere più felici le persone che ci circondano. “Sarete anche più grati, perché la vostra attenzione non sarà più concentrata sulle piccole cose noiose. E allora, più felicità per voi e per chiunque altro. Cosa si potrebbe volere di più?”

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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