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Una “preghiera” che stimola il cervello: perché aderire alla campagna per la “scrittura a mano”

hand writing paper pen

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 22/03/17

Lanciata dagli studiosi dell'Istituto Grafologico di Urbino, sta raccogliendo adesioni in tutto il mondo

È appena uscito il numero speciale della rivista «Scrittura», rivista di problemi grafologici edita dall’Istituto Grafologico Internazionale «Girolamo Moretti» di Urbino.

Il periodico, che ha compiuto 46 anni, lancia fin dalla copertina il diritto alla «scrittura a mano» come patrimonio dell’umanità; infatti anche solo la sua importanza per l’apprendimento e l’espressione di sé da parte dei bambini testimonia la perdita culturale e cognitiva che rappresenterebbe il suo abbandono, causata soprattutto da un conflitto – in verità solo apparente – con la scrittura digitale.

COME UNA PREGHIERA

Fra gli interventi pubblicati sul quadrimestrale diretto da Carlo Merletti si segnalano quello di Dario Cingolani che ricorda «Quando la scrittura era essenza vitale e quasi preghiera», il contributo di Anna Rita Guaitoli dedicato a «Il corsivo per far parlare le emozioni» e l’articolo di Roberto Pazzi su «Il linguaggio dell’anima».

CAMPAGNA FACEBOOK

«Fino a poco tempo fa di scrittura a mano si parlava poco – spiega Merletti ad Avvenire (22 marzo) – se non in ambiti specialistici. La nostra prima azione è stata creare uno spazio condiviso come punto di riferimento per tutti coloro che avessero a cuore il tema: una pagina Facebook dedicata (‘Campagna per il diritto di scrivere a mano’), che ha richiamato subito l’interesse di migliaia di sostenitori. Sono stati avviati contatti con associazioni internazionali, ricercatori, persone della cultura e dello spettacolo, noti rappresentanti dei produttori di mezzi di scrittura. In cantiere, l’organizzazione di una Giornata della scrittura a mano».

IMPATTO NEGATIVO SULLE FIRME

L’Istituto Moretti ha ospitato autorevoli studiosi mondiali che si sono schierati per la scrittura a mano. Come la professoressa Heidi H. Harralson, «ricercatrice e grafologa dell’Arizona tra le più esperte nello studio delle modificazioni in atto nella scrittura manuale nell’epoca del trionfo del digitale e delle relative implicazioni tecnologiche – di ambito peritale, ma non solo – nella rilevazione della scrittura elettronica».

Secondo la studiosa la tecnologia sta incidendo anche sulle nostre firme, determinando la perdita della stilizzazione grafica, della complessità delle forme del corsivo scritto a mano. Da considerare anche che il nostro cervello si attiva molto di più quando si scrive in corsivo di quando si scrive in stampatello: ridotta l’attività quando si utilizza la tastiera del computer (Il Resto del Carlino, 31 marzo 2016).

PENALIZZATI I BAMBINI

Elisa Sartarelli, il grafologo e collaboratore dell’Istituto grafologico, che fa parte della squadra che si occupa di questa campagna, spiegava a news.va (febbraio 2016): «L’attività grafica per il bambino è un esercizio spontaneo che concorre all’evoluzione psicomotoria, intellettiva, affettiva. La preparazione all’apprendimento è fatta sulla scrittura ed è la base per lo sviluppo della capacità di lettura. Da un’indagine dell’Ocse risulta che il nostro Paese, purtroppo, è agli ultimi posti per il grado di alfabetizzazione».


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CERVELLO PIU’ SOLLECITATO

La scrittura a mano è un bene che va difeso anche in epoca di pc e smartphone, tanto che c’è chi parla di demenza digitale. «Il termine – evidenzia Sartarelli – trae origine da un libro di un neuropsichiatra tedesco, Manfred Spitzer, il quale afferma che l’esposizione del bambino ai mezzi digitali crea varie forme di scompenso. Scrivere a mano accende molte più aree cerebrali che digitare su una tastiera, perché scrivendo su carta, gli occhi e i movimenti della mano seguono la creazione della lettera; mentre, digitando su una tastiera, lo stesso movimento compiuto è meccanico attraverso uno schema binario di arresto e partenza».

Scrivere a mano «richiede concentrazione, per lo meno nella fase dell’apprendimento e anche molta creatività, perché per rendere automatica la scrittura, occorre un lungo processo di personalizzazione del gesto grafico che la tastiera invece non richiede».

“PERCHE’ NEGARE UN DIRITTO?”

A favore della campagna si è schierato il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky su La Repubblica (20 marzo): «Quali diritti neghiamo a chi viene dopo di noi? Che diritto abbiamo di privare le future generazioni del piacere di scrivere a mano? I nostri successori hanno il diritto di trovare un mondo in condizioni almeno non peggiori di quelle che noi abbiamo ereditato? Doniamo ai nostri ragazzi il meglio del patrimonio che ci è stato trasmesso. La scrittura a mano fa parte di questo patrimonio».

IL PARADOSSO DELLA SILICON VALLEY

Il Resto del Carlino (16 marzo) evidenzia, a supporto della campagna di scrittura a mano, il paradosso della SiliconValley. Tablet e pc vietati ai figli dei guru: Bill Gates (MIcrosoft), Mark Zuckenberg (Facebook), Evan Williams (Twitter) per i loro figli scelgono scuole tradizionali dove la tecnologia viene introdotta con gradualità e mai nella scuola primaria.


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“POSSIBILE CONVIVENZA”

Su La Stampa (18 marzo) parla Arrigo Berni, ad di Moleskine, l’azienda che commercializza i block notes con la copertina nera resi famosi da scrittori come Chatwin ed Hemingway. «Siamo esseri umani – dice Berni – in noi non conta solo l’aspetto produttivo: abbiamo bisogno di esperienze che non ci facciano sentire solo appendici di uno schermo, di un video.

Forse abbiamo creduto un po’ troppo frettolosamente che il virtuale avrebbe soppiantato in tutto e per tutto l’analogico, la dimensione fisica. Ma non è così».

Secondo l’ad di Moleskine «ci sono attività dove è preferibile utilizzare il digitale, altre dove l’oggetto fisico ha la sua ragione d’essere. Nessun antagonismo: le due dimensioni, analogica e digitale, possono convivere brillantemente».

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