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Quattro anni di sottile diplomazia. Ecco perché Papa Francesco andrà in Egitto

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© KENZO TRIBOUILLARD FILIPPO MONTEFORTE / AFP

(COMBO) This combination of file pictures created on May 19, 2016 shows (L) Pope Francis arriving for a Profession of Faith with the Bishops of the Italian Episcopal Conference on May 23, 2013 at St Peter's basilica at the Vatican, and (R)Grand Imam of al-Azhar Sheikh Ahmed al-Tayeb looking on during a meeting with french prime minister Manuel Valls at the al-Azhar headquarters in Cairo on October 11, 2015. Pope Francis is to receive the spiritual leader of the world's Sunni Muslims at the Vatican, the pontiff's spokesman told AFP on May 19, 2017. Sheikh Ahmed al-Tayeb, the grand imam of Cairo's Al-Azhar, the most prestigious institution in Sunni Islam, will meet the leader of world's 1.2 billion Catholics on May 23, 2016, Father Federico Lombardi said. / AFP PHOTO / FILIPPO MONTEFORTE AND KENZO TRIBOUILLARD

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 21/03/17

La visita ad Al Azhar, la più importante università sunnita, viene al termine di un percorso iniziato il 22 marzo 2013.

Papa Francesco ha deciso: il primo viaggio internazionale di quest’anno racchiude in sè un potente messaggio simbolico e politico per il mondo intero, scosso da una strisciante islamofobia.

Alla fine di aprile, prima della visita in Portogallo, Bergoglio volerà al Cairo, in Egitto, per continuare la strategia del dialogo con l’Islam moderato avviata su un buon canale a Roma, l’anno scorso, con il grande imam di Al Azhar, Ahmad Al Tayyb, il massimo esponente del più autorevole centro teologico sunnita. Si tratterà di un passaggio per lanciare nel mondo un comune messaggio capace di andare ben al di là dell’ambito religioso, arrivando a toccare la politica internazionale (Il Messaggero, 17 marzo).

IL DOPO RATZINGER

L’anno scorso, in Vaticano, Francesco aveva dato il benvenuto nel palazzo apostolico all’Imam, Al Tayyb abbracciandolo come un fratello. Si seppellivano così cinque anni di incomprensioni e diffidenze tra il Vaticano e Al Azhar. Un residuo della feroce polemica sorta dopo il discorso di Ratisbona di Papa Ratzinger e dopo le dichiarazioni di Benedetto XVI seguite all’attentato alla cattedrale copta di Alessandria.

PONTI TRA GLI UOMINI”

Un risultato coltivato in quattro anni di intelligente “semina” da parte del Papa. Il primo forte gesto è datato 22 marzo 2013, quando, in un discorso al Corpo Diplomatico della Santa Sede ha ricordato che «uno dei titoli del vescovo di Roma è Pontefice, cioè colui che costruisce ponti, con Dio e tra gli uomini», esprimendo il desiderio che «il dialogo tra noi aiuti a costruire ponti tra tutti gli uomini, così che ognuno possa trovare nell’altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da accogliere e abbracciare» (Aleteia, 2 giugno 2016).

I FIGLI DELLE CHIESE ORIENTALI

Una settimana più tardi, il 28 marzo, giorno di Venerdì Santo, Francesco torna alla carica, spronando «i figli delle Chiese orientali, spogliati e indeboliti da varie difficoltà» ad avere «il coraggio di restare nei loro Paesi e comunicare la Buona Novella», ed evitando l’emigrazione nonostante le persecuzioni.

L’INCONTRO CON ABDULLAH

Abdullah lo accoglie infatti con strette di mano, sorrisi, apprezzamenti e riconosce la saggezza e la misericordia di papa Francesco, proponendo un alleanza tra cristiani e musulmani perché «lo spirito autentico dell’islam, è quello della pace» (Zenit, 24 maggio 2014)

IL VIAGGIO AD ISTANBUL

Una scintilla, forse quella più forte, Bergoglio la fa scattare qualche mese più tardi, durante il suo viaggio a Istanbul. Nella sua strategia di crescente diplomazia e avvicinamento tra le parti, il pontefice entra in moschea, mostra ancora una ferra volontà di dialogo e tocca una questione delicata a cara al mondo musulmano: i messaggi del Corano.

CORANO LIBRO DI PACE

Siamo in un momento delicato, con equilibri mondiali precari a causa dell’avanzata incessante da parte dell’Isis. Bergoglio si esprime così: «È vero che davanti a questi atti terroristici non solo in Medio Oriente ma anche in Africa, c’è un reazione: “Se questo è l’islam mi arrabbio!”. Così tanti islamici si sentono offesi, dicono: “Ma noi non siamo questo, il Corano è un libro profetico di pace. Questo lo capisco. E credo sinceramente che non si possa dire che gli islamici sono tutti terroristi come non si può dire che i cristiani sono tutti fondamentalisti – anche noi abbiamo dei fondamentalisti, in tutte le religioni ci sono questi gruppetti» (La Stampa, 1 dicembre 2014).

LE TRE FAMIGLIE DI PROFUGHI

Nel 2016, il papa ospita in Vaticano tre famiglie musulmane di profughi del centro di prima accoglienza sull’isola di Lesbo, che lui stesso aveva visitato.

Due famiglie vengono da Damasco, una da Deir Azzor (nella zona occupata dal Daesh o Isis). Le loro case sono state bombardate. L’accoglienza e il mantenimento delle tre famiglie sono a carico del Vaticano (Famiglia Cristiana, 16 aprile 2016).

MANO TESA ALLA SCEICCA

Il 4 giugno, poi, al Palazzo Apostolico, papa Francesco ha ricevuto in udienza privata la seconda delle tre mogli di Hamad bin Khalifa al Thani, emiro del Qatar dal 1995 al 2013, e madre dell’attuale emiro Tamim bin Hamad al Thani.

«Abbiamo la stessa radice», ha detto Francesco, facendo dono alla sceicca del Qatar, Mozah bint Nasser al Missned, del suo medaglione con l’Ulivo della pace. Nell’occasione papa Francesco ha condannato “la guerra” e “la divisione tra i popoli”, tornando a tendere la mano agli islamici (Il Giornale, 4 giugno).

“L’ISLAM NON E’ TERRORISTA”

Un’apertura ancora più forte è arrivata al ritorno dalla Giornata Mondiale della Gioventu’ 2016 a Cracovia. «L’Islam non è terrorista. Non è vero e non è giusto. Ci sono gruppetti fondamentalisti. Ad esempio – ha detto Bergoglio sull’aereo di ritorno da Cracovia – il cosiddetto Isis, lo Stato Islamico, che si presenta come violento. Ma non voglio parlare di violenza islamica, perché allora dovrei parlare anche di violenza cattolica, a guardare i giornali e vedere quello che succede pure in Italia. Invece, si può convivere bene» (Repubblica.it, 31 luglio 2016).

Un lungo percorso diplomatico che trova nella visita in Egitto un altro passo decisivo verso l’avvicinamento con l’Islam moderato.

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