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Madre Anna Maria Cànopi, da 44 anni in clausura a dispensare misericordia

Lucandrea Massaro - Aleteia Italia - pubblicato il 20/03/17

Una testimonianza di vita e di fede di grande bellezza

Madre Anna Maria Cànopi ha 86 anni, da 44 è monaca di clausura nell’isola San Giulio, sul lago d’Orta, in provincia di Novara. Ogni giorno accoglie chiunque venga a cercare una parola di conforto, una preghiera, una spalla su cui piangere. Tanta gente. «Ce n’è tanta — spiega madre Cànopi — perché c’è cattiveria nei nostri cuori. Bisogna sempre tornare lì, al combattimento spirituale dentro di noi contro le tentazioni e le passioni. È lì che bisogna combattere e vincere la battaglia, con l’aiuto di Dio. Ogni giorno, senza mai stancarsi, senza mai perdersi di coraggio per le inevitabili sconfitte, ma gridare aiuto come Pietro quando si è sentito affondare sulle acque del mare in tempesta. E Gesù è pronto a tendere la mano…»

Ha raccolto una lunga conversazione con madre Anna Maria Cànopi, Giangiacomo Schiavi sul Corriere della Sera (18 marzo). Attraverso questa intervista scopriamo il pensiero di una donna che dispensa misericordia da molti anni: «Oggi soffrono i poveri privi del necessario per vivere, ma soffrono anche i ricchi, quando si accorgono che la loro ricchezza non li mette al riparo dalle grandi prove della vita. Soffrono i giovani per la disoccupazione dilagante e per le ingiustizie sociali che urtano con i loro ideali. Soffrono gli anziani spesso lasciati ai margini della società. Soffrono le famiglie in difficoltà economiche, provate da malattie e lutti, e tanto spesso divise… Ma soffrono soprattutto i bambini…»


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Madre Cànopi ha le idee chiare: «Tanta della loro sofferenza è dovuta a veri e propri scandali sociali: i bambini soldato, la pedofilia, il lavoro minorile, i genitori divisi… Ma vi è nei bambini anche tanta sofferenza fisica per malattie incurabili. Non passa giorno che non ci vengano segnalati casi di bambini molto piccoli, e già malati di tumore, leucemia… È un grande mistero: sembra quasi che il Signore voglia associarli più strettamente a sé nella Passione redentrice». E cosa si può dire a chi arriva con un buco nel cuore? «Una persona che soffre non cerca parole. Si sta in ascolto del suo dolore. A volte è proprio di questo che c’è bisogno. Trovare un cuore che ascolti e accolga le lacrime. E poi pregare insieme».

«A chi è disperato perché ha perso la dignità e non ha una fede per invocare l’aiuto di Dio, si può soltanto dire che il suo grido di dolore non è inascoltato, perché Dio stesso, inviando suo figlio Gesù, è venuto a condividere la nostra condizione umana, si è caricato delle nostre colpe e dei nostri dolori per trasformarli in salvezza e gioia. Nessuno è abbandonato». Ci sono periferie umane ed esistenziali, ricorda Papa Francesco, dove l’ascolto è un antidoto alla disperazione. Il carcere è una di queste. «Ho molti amici nelle carceri — dice ancora madre Canopi — qualcuno è venuto a trovarmi appena rimesso in libertà. Chiedono anche solo una parola che possa far loro compagnia. Hanno bisogno di passare da un senso di colpa all’esperienza sanatrice della divina misericordia». L’anno giubilare e i gesti di attenzione del Papa, in ginocchio davanti ai piccoli detenuti nel suo primo giovedì santo, anticipano la visita a San Vittore. «Dalle tenebre si esce solo se c’è una finestra che si apre. Papa Francesco ci aiuta a vedere che Dio è luce, Gesù è luce. Luce di vita risorta. Il Giubileo lascia un patrimonio di fede e di bontà. Un forte incentivo ad una vita buona, altruista, accogliente e generosa verso tutti, pronta al perdono e alla riconciliazione. La misericordia è il mantello che copre le colpe del fratello, protegge gli indifesi, raduna i dispersi e si allarga all’infinito. Ci lascia pellegrini sulla via dell’amore».

LEGGI QUI L’INTERVISTA INTEGRALE

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