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5 storie che accendono una speranza tra i cristiani perseguitati

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Stand Together / Facebook

Aleteia - Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 07/03/17

Presentata la piattaforma web "Stand Together" in tre lingue. Darà voce ai cristiani discriminati per la loro fede in tutto il mondo

La prima piattaforma digitale, inclusiva ed ecumenica, creata per dare voce a tutti i cristiani che vivono in situazioni di discriminazione o persecuzione, in particolar modo in Medio Oriente.

Si chiama Stand Togethered è un aggregatore di notizie, articoli e servizi giornalistici, tradotti in tre lingue – italiano, inglese e spagnolo – che raccontano il dramma, ma sopratutto la speranza di intere comunità segnate, per sempre, dalla consapevolezza di non poter più tornare nelle proprie case. La piattaforma ha avuto il placet di Papa Francesco, scrive Il Messaggero (28 febbraio).

CHI LO PROMUOVE

Il progetto, presentato all’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede, coinvolge Centro Internazionale di Comunione e Liberazione, Associazione Amici di Rome Reports, Fundación Promoción Social de la Cultura e Associazione Iscom.

SOCIAL E SPERANZA

Stand Together punta a creare contenuti sopratutto virali attraverso i social media. «Fin dall’avvio del progetto – si legge sul portale – possiamo contare su una vasta rete di utenti social a livello internazionale grazie alla rete di riferimento degli enti promotori. Si tratterà di sollecitare di volta in volta ciascuno di questi contatti per condividere, retwittare, segnalare e diffondere sui propri spazi social i contenuti che verranno pubblicati settimanalmente, utilizzando l’hashtag #StandTogether».

UNA SCUOLA SPECIALE PER I BAMBINI IRACHENI

Che storie racconta Stand Together? Storie che sicuramente evocano una luca in fondo al tunnel per i cristiani perseguitati. Come quella descritta da Sua Beatitudine Ignace Youssef III Younan, patriarca siro-cattolico di Antiochia, in occasione della presentazione della piattaforma:

«Quando i cristiani sono fuggiti da Mosul e dalla piana di Ninive verso il Kurdistan il nostro vescovo di Mosul ha aiutato migliaia di sfollati. Abbiamo cercato alloggi, realizzato dispensari medici, scuole, chiese per farli sentire come una comunità. In Libano pure cerchiamo di aiutare i profughi. C’è una legge che non li riconosce come rifugiati e perciò hanno bisogno di tutto». 

«Abbiamo aperto una scuola speciale per 700-800 bambini iracheni con insegnanti iracheni e assicuriamo anche il trasporto perché le famiglie non si fidano a mandarli da soli nelle strade. Li aiutiamo anche con distribuzioni alimentari o nell’assistenza legale perché pochi ottengono la residenza in Libano e la maggioranza non ha documenti» (www.interris.it, 24 febbraio).


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“OSPEDALI APERTI”

Nel segno della speranza è il progetto Ospedali aperti, lanciato dalla fondazione Avsi e dalla fondazione policlinico universitario “Agostino Gemelli”, che punta a rimettere in funzione e a potenziare tre nosocomi cattolici: il “Saint Louis” di Aleppo e gli ospedali francese e italiano a Damasco.

Stand Together la rilancia, citando il cardinale Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria, «nel paese oggi stanno morendo più persone per l’impossibilità di accedere alle cure mediche che non per gli effetti delle armi» (L’Osservatore Romano, 17 febbraio).

LA SFIDA DI DON LARSON

E ancora, Stand Together racconta di Don Larson, fondatore della Sunshine Nut Company, che utilizza la propria compagnia per implementare la convivenza di gruppi appartenenti a diverse etnie e diverse religioni in Mozambico, uno dei paesi più poveri dell’Africa.


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RIFUGIATI CHE AIUTANO ALTRI RIFUGIATI

Una testimonianza di luce arriva dal Libano, dove diverse parrocchie del organizzano gli aiuti e sostegno morale ai rifugiati. Come ad esempio nella chiesa di Santa Tecla, a Beirut.

Qui le porte si sono aperte a famiglie come quella di Milad, che soffre la carenza di cibo per i suoi tre figli, nonostante l’aiuto offertole dalla comunità cristiana. Poi c’è Louis Samih, che fa il volontario in una parrocchia di Beirut, aiutando i rifugiati, dopo essere scampato lui stesso alla furia dell’Isis in Iraq.

«Loro sono arrivati nel nostro paese e hanno occupato tutto – denuncia Louis – Hanno occupato le nostre case, le nostre terre, le nostre macchine, si sono impadroniti della farmacia che avevo. Loro sono..avevamo paura che ci potessero uccidere».

LA CROCE DI TELESKUT

Rilanciando infine Catholic News Agency (28 febbraio),Stand Together accende un focus sulla speranza tornata nella città di Teleskuf, in Iraq. Nonostante l’occupazione di Daesh durata più di due anni e mezzo, i cristiani della comunità locale hanno deciso di innalzare una grande croce, benedetta dal Patriarca della comunità caldea, Louis Sako.

Con le parole del Patriarca stesso, la liberazione di questa città prossima a Mosul è «un raggio di luce che brilla per tutte le città della Piana di Ninive nonostante l’oscurità portata dall’ISIS».


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