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Quando non percepisco Dio, mi ha abbandonato? Che fare?

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padre Carlos Padilla - pubblicato il 03/03/17

Guarda nel profondo della tua anima, vedrai il suo riflesso che ti sostiene nel tuo presente

A volte sento che Dio mi abbandona, e allora il futuro mi spaventa. Sento che Dio si dimentica di me. A volte sento questo, anche se la testa mi dice un’altra cosa.

La mia fede mi dice che Dio è quella madre che non dimentica mai suo figlio, ma poi nella mia stanchezza, nei miei insuccessi, nella mia accidia, ho paura. Dubito quando non sono quello che vorrei essere e non giungo alla meta desiderata.

In quei momenti è come se Dio scendesse dalla mia barca e mi lasciasse solo in mezzo alle mie paure. Come se la croce pesasse troppo nelle mie mani e non fossi capace di farmene carico. E allora quell’apparente assenza di Dio mi sconcerta.

Dico apparente, perché so che è lì, nascosto nei silenzi e nelle ombre. Anche se non lo vedo e non lo sento. È nella mia giornata. Nascosto, visibile. Sta vivendo il momento che devo vivere. Ma ciò non toglie che mi costi non sentire la sua mano, non toccare il suo corpo, non ascoltare la sua voce. In quei momenti so che non si dimentica di me, anche se non percepisco la sua presenza.

Mi piace percepire la mia vita al presente. Nel momento in cui mi trovo. Guardarmi con tutte le mie capacità, lì dove sono. Ho la tentazione di proiettarmi in un futuro che non è ancora presente. Vivo ancorato a un passato che non ha più rimedio.


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Non posso cambiare il passato. Non posso condizionare il futuro. Ma mi angoscio e mi inquieto. Perché mi angoscio tanto per il futuro? Mi fa paura tutto il male che mi può capitare. Tutte le disgrazie possibili.

Quanto ho sofferto nella vita per cose che poi non si sono mai avverate! Quanto al futuro e alle mie paure, possono succedere due cose: che si verifichino o che non si verifichino. Se non si verificano ho perso tempo. Perché mi sono angosciato tanto? E se si verificano, perché soffrire in anticipo?

Dovrei pensare sempre “Me ne preoccuperò quando arriverà il momento”. Se quell’eventualità si verificherà, Dio mi darà la forza. Dio agisce nella realtà, non nella mia fantasia riguardo al futuro. E viene ogni giorno per me. Mi chiede solo di confidare.

Quanto mi risulta difficile credere che sarà tutti i giorni al mio fianco! Nella gioia e nella croce. Il modo di vivere di Gesù è stato legato al presente. Ha vissuto con il cuore aperto a ogni cosa gli regalava il Padre. Senza tanti progetti.

Ricordo le sue parole a Zaccheo: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa”, o al buon ladrone: “Oggi sarai con me in paradiso”. Ora. Oggi. Questo momento che sto vivendo è il momento della mia vita. In questo oggi, Gesù mi dona tutto.

Vorrei essere più libero. Guardare in faccia il domani, vivendo con intensità il presente.

Una persona commentava la sua esperienza di contemplazione: “Prima mi sono addentrata nella mia stanchezza. Avrei potuto rimanere ferma lì. Mi sono detta: ora puoi essere stanca. Sono stata invasa dalla gioia di potermi sentire stanca, di non essere obbligata a vincere la stanchezza. Posso sentirmi stanca ed essere stanca. Non devo fare nulla, non devo ottenere nulla, non devo cambiare nulla né dar conto di nulla, né dimostrare nulla. Posso essere come sono ora. Tornavo a questa percezione e mi ci soffermavo. Il mio cuore si è calmato e ho pensato: sono qui. Questa sensazione è molto semplice e ha riempito tutto” [1].


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Mi fa bene soffermarmi sulla mia vita. Osservare la mia stanchezza, il mio abbandono, la mia tristezza, la mia gioia. Essere consapevole di quello che sento e che soffro. Soffermarmici non una volta sola, ma molte volte. Percepire il presente che mi scorre nelle vene. Contemplare le mie sensazioni più profonde. I miei sentimenti più veri. Guardare il mio corpo. La mia vita ora.

E credere in tutto ciò che Dio può faredella mia vita ora. Se gliela offro. Lo faccio. Mi guardo al presente. Qui e ora. Non temo più. La paura sorge solo quando mi proietto in un futuro che non conosco.

Finché vivo il presente mantengo la calma. Nulla mi inquieta. Sono solo davanti a Dio. In mezzo alla mia giornata. Non c’è nulla da temere. Non sono solo, anche se a volte posso avere una sensazione di abbandono. Dio è con me. Mi cura, mi sostiene. Questo mi dà pace.

Metto nelle sue mani le mie paure. Quelle che conosco. Quelle che non percepisco. Le paure inconfessabili. La paura di perdere, di non arrivare, di non riuscire. La paura di non poter aggiungere un unico giorno alla mia vita. La paura di non avere di che vestirmi, di che vivere. Quella paura tanto umana.

Dio non mi abbandona. Mi sostiene nella mia giornata. Nel mio presente pieno di possibilità. È quello che mi piace di più del presente. Solo lì posso influire con le mie decisioni. Posso decidere come vivo qui e ora. È nelle mie mani. È l’unica cosa che controllo. Il mio “Sì” ora.

Metto da parte le angosce e prendo tra le braccia l’affanno di ogni giorno. Cos’ho ora tra le mani? Cosa sto amando ora? Cosa mi rallegra l’anima ora? Guardo nel profondo della mia anima. Nel più profondo del mio pozzo. Vedo il riflesso di Dio che mi sostiene nel mio presente.

Mi piace affrontare la vita così. Non temo più alcuna croce. Perché mi sono inscritto nel cuore di Gesù. Lì ho abbandonato le mie paure, il mio nome, il mio cammino. Lì ho posto le mie angosce e Dio le ha prese con sé. Ho più pace per guardare la mia vita.


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Vivere il presente guarisce. Mi aiuta a vivere senza angosce. Ho paura, lo sento, lo riconosco. Ma mi libero di quella paura mettendola nel cuore di Gesù. Nella sua ferita aperta. Mi inscrivo lì dove Gesù ha aperto una fessura nella roccia.

Mi addentro in Lui per essere capace di vivere la mia vita in base ai suoi sentimenti. Abbandonandomi nelle sue mani di Padre. In braccio a lui come la pecora in braccio al pastore. Sostenendomi nella sua forza che tira fuori il meglio di me e calma la mia anima inquieta. Così riposo.

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 36

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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