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Cos’hanno in comune lo sport e la preghiera?

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Charles Rouvier - pubblicato il 27/02/17

Molto più di quello che si potrebbe pensare

Lo sport potrebbe vedersi come l’equivalente della preghiera nel mondo materiale. Prendere l’aria fresca del mattino, il corpo coperto di sudore, il naso e la bocca che fumano, mentre i raggi del sole filtrano attraverso il bosco o si riflettono nel cielo cittadino o sulla spiaggia, o sul porto, è stare in comunione con il contesto naturale o umano, e quindi con il creato.

Il corpo si sottopone a una disciplina ritmica come una musica attraverso l’esercizio, per quanto possa essere naturale e semplice. Imitando gli animali, affronta come loro il freddo, la luce, la pioggia e il vento, e in qualche modo partecipa al movimento della natura.

La preghiera non è forse unirsi alla lode perpetua, al costante omaggio e all’infinita supplica della natura a Dio, il suo autore? Lo avevano capito bene i greci, per i quali i giochi olimpici erano una cerimonia sacra in onore degli dei dell’Olimpo.

Un miglioramento dell’essere

Lo sport ha la peculiarità di essere interamente e unicamente volto al miglioramento del corpo. Anche se il lavoro può avere questo obiettivo, i suoi scopi sono altri e a volte possono anche danneggiare il corpo. Le possibilità dello sport sono infinite, e i benefici che offre in resistenza, volontà, rapidità, saranno utili per qualsiasi altra attività fisica, e anche intellettuale, lavoro incluso. Tutto diventa più facile per colui il cui cuore è disposto ad affrontare sforzi importanti.


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Allo stesso modo, la preghiera è un’attività intellettuale ma interamente e unicamente volta al miglioramento delle capacità spirituali di colui che la pratica. Di fatto, quando si legge letteratura, si ascolta musica o si contempla un quadro, lo spirito viene chiamato e si eleva, ma si distrae per il “vestito” dell’opera.

La preghiera, che si rivolge direttamente a Dio, è una cultura chimicamente pura dello spirito. Si rivolge direttamente al più alto, il Creatore, per un effetto diretto, anche nel mondo materiale.

Un allenamento da soldati

“Esercizio” viene dal termine latino exercitus, che significa esercito. Il senso si è spostato perché l’esercizio fisico era molto praticato dai romani per il servizio degli eserciti. Ogni personaggio della Repubblica doveva praticare regolarmente alcuni sport perché era sempre possibile che dovesse portare una truppa in battaglia.

Era così al punto che una delle critiche che Cicerone rivolse al governatore della Sicilia Verre era che svolgeva la sua marcia mattutina su una sedia e veniva portato seduto. Oltre all’aspetto assurdo di una pratica simile, la menzione di questo fatto era volta a sottolineare il carattere decadente ed edonista dell’accusato.

Anche un cristiano, ad ogni modo, è un soldato. Un soldato che dev’essere preparato senza sosta per imbarcarsi in una battaglia spirituale quando gli si presenta. Il cristiano è anche più in guardia del soldato romano: una conversazione tra amici al bar dalla quale emerge un errore, una blasfemia pronunciata per insultare, un’anima perduta ritrovata sulla via e soprattutto il dubbio e la tentazione che assaltano senza sosta la nostra anima…

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Chi non prega è come il decadente Verre, che si approfitta delle ricchezze del suo Battesimo ma le perde per mancanza di preparazione.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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