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I cristiani martiri nella Siria dimenticata

Vatican Insider - pubblicato il 20/02/17

Introdotto da Enrico Vigna e da padre Gigi Anataloni, monsignor Mtanios Haddad, siriano, Archimandrita della chiesa greco-melchita, rettore della Basilica di Santa Maria in Cosmedin in Roma e rappresentante della sua Chiesa preso la Santa Sede, ha parlato a Torino su invito della rivista Missioni Consolata e del CIVG (Centro di iniziative per la verità e la giustizia). Davanti a un pubblico numeroso e molto attento, la testimonianza dell’Archimandrita è stata molto forte e controcorrente come sempre. Haddad ha conosciuto il cristianesimo fin dall’infanzia, viene da una zona in cui si parla ancora l’aramaico, la lingua di Gesù. Maalula in questi giorni è alla ribalta delle cronache per gli scontri fra esercito e ribelli. In mezzo, fra i due fuochi, vi è un convento, che ospita suore ed orfani.  

Cosa è accaduto e cosa sta accadendo in Siria?

In oltre 6 anni di guerra si calcolano tra i 400 e 450mila morti. Di questi 140mila sono civili, di cui si stima quasi 50mila donne e minori di 18 anni. Circa 4.900.000 siriani sono espatriati, 6.300.000 gli sfollati all’interno del paese. Numeri che fanno spavento. Per sconfiggere il terrorismo in Medioriente, serve una presa di coscienza generale e l’umiltà di riconoscere i propri errori. Le condizioni per mettere fine ad una guerra sporca che va avanti ormai da più di tre anni non sono difficili da individuare: interrompere il flusso di armi e denaro ai jihadisti, fermare il passaggio di terroristi dalla Turchia, non comprare il petrolio messo in vendita dall’Isis sul mercato nero, sempre attraverso l’Anatolia. La Siria in un mese tornerebbe alla pace se riuscisse a liberarsi dal terrorismo straniero. Ed anche per i cristiani della regione ci sarebbe una speranza in più di rimanere nella loro terra. 

Le radici di questo conflitto sono lontane…

Stati Uniti, Israele, paesi del Golfo, tra cui in prima fila Qatar e Arabia Saudita, hanno contribuito con soldi, armi, addestramento a creare i gruppi di combattenti anti-Assad che compongono l’Isis. Si tratta di mercenari assetati di sangue che provengono da 80 paesi. A pagare il prezzo più alto del terrorismo – fomentato soprattutto dall’estero – sono stati i cristiani. In Iraq, i cristiani erano un milione e 500mila ed ora sono rimasti in 300mila. Anche in Siria, i cristiani più ricchi sono già emigrati negli Stati Uniti o in Australia. Prima della guerra, la comunità cristiana rappresentava il 10% della popolazione, ora si calcola che sia scesa all’8%. Molti cristiani siriani si trovano nei paesi circostanti, con la speranza di tornare. Altri sono rimasti in patria perché hanno figli o parenti nell’esercito nazionale. Come siriano sono orgoglioso perché abbiamo creato un Ministero per la riconciliazione del popolo. I russi hanno avuto un ruolo importante per la liberazione di Aleppo e la riconciliazione dei siriani, ma non basta. La Siria sarà sempre aperta ad una convivenza pacifica fra le religioni. Ma i terroristi sono arrivati in Siria proprio per rompere questa convivenza. 

Quale futuro si prospetta per la Siria e per la comunità cristiana?

In Europa la coscienza si deve risvegliare. Devono aiutarci i vostri popoli a farci vivere nel nostro paese con dignità, cristiani e musulmani. Non vogliamo essere rifugiati, sfollati, vivere con l’elemosina degli europei. La Siria va liberata da Aleppo fino a Palmira, dove sono tornati i terroristi… Tutto il Medio Oriente deve tornare in pace, bisogna cacciare questo terrorismo basato sull’estremismo dove si uccide in nome di Dio. In Siria hanno distrutto l’uomo, le infrastrutture, le scuole, gli ospedali, le chiese e le moschee di chi ha una fede diversa. Hanno distrutto la convivenza. E questo, come si dice nella nostra lingua, è un “peccato mortale”. 

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