Aleteia logoAleteia logoAleteia
sabato 20 Aprile |
Aleteia logo
Chiesa
separateurCreated with Sketch.

La Chiesa dalla parte dei nazisti? Falso, i monasteri nascosero gli ebrei

Religion and war concept – cross behind barbed wire

© Dundanim / Shutterstock

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 27/01/17

Una mappa dei luoghi religiosi che dimostra l'impegno diretto della Chiesa nel salvare vite umane durante l'Olocausto

La lettera è datata novembre 1943 e fa parte del “Memoriale delle religiose agostiniane del monastero dei Santissimi quattro coronati di Roma“. «Il Santo Padre – vi si legge – vuol salvare i suoi figli, anche gli ebrei, e ordina che nei monasteri si dia ospitalità a questi perseguitati”. In calce alla lettera c’è un elenco di 24 ebrei segnalati alle suore per essere ospitati nel convento “per aderire – si sottolinea nell’appunto – al desiderio del Sommo Pontefice”».

E’ questa una delle testimonianze più chiare delle azioni concrete della Chiesa (e in particolare di Papa Pio XII per salvare gli ebrei dalla deportazione dei nazisti. Radio Vaticana ne diffondeva il contenuto già nel 2009.

“Salvare il maggior numero di vite umane”

E’ «una rara testimonianza», commentava all’emittente pontificia padre Peter Gumpel, gesuita e autorevole storico, relatore per la causa di beatificazione di Pio XII. Lettere analoghe – assicura il religioso – furono fatte recapitare dalla Curia vaticana in tanti altri monasteri dentro e fuori Roma, con l’intento di salvare il maggior numero possibile di vite umane, a partire dagli ebrei. «Si tratta di un documento che io stesso ho ottenuto dalle suore agostiniane – rileva padre Gumpel – un documento scritto, per questo importante. Non è l’unica testimonianza che abbiamo in tal senso» (www.repubblica.it, 2009).

La rivelazione di Bertone sugli ebrei

«Si può ipotizzare, dunque, che un biglietto scritto, preparato in centinaia di copie, venga distribuito (nel 1943 ndr) in tutte le istituzioni religiose di Roma», si legge nel saggio pubblicato da Nuova Storia Contemporanea a firma del ricercatore storico Antonello Carvigiani. Sarebbe la ‘velina’ della Segreteria di Stato di Papa Pio XII di cui parlò il 17 aprile 2007 l’allora segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone.

In quell’occasione Bertone spiegò che Pio XII il 25 ottobre 1943 siglò una circolare della segreteria di Stato, con la quale si forniva l’orientamento di ospitare gli ebrei perseguitati dai nazisti in tutti gli istituti religiosi, di aprire gli istituti e anche le catacombe.

Dai Quattro Coronati a santa Susanna

La razzia del ghetto romano avvenne il 16 ottobre 1943. Le monache dei Santi Quattro Coronati cominciano ad accogliere i rifugiati – come spiega la loro cronaca inedita – il 4 novembre. Le religiose del monastero di Santa Susanna aprono le loro porte – anche qui lo testimonia il loro registro – il 24 ottobre. «Le date, dunque, potrebbero essere favorevoli per dimostrare l’esistenza di questa circolare della Segreteria di Stato», annota Carvigiani.

«Sovrapponendo le due cronache dei monasteri, sembra che entrambe siano modellate sul calco di un testo precedente. Un testo X, dal quale discendono i memoriali di entrambi i monasteri – ipotizza Carvigiani. Il confronto tra le due cronache ci conduce ad una ipotesi del genere, che può essere rafforzata anche da una comparazione interna ai registri».

Oltre 4000 ebrei

Secondo la fondamentale indagine condotta dallo storico Renzo De Felice, durante la seconda guerra mondiale a Roma 4.447 ebrei trovano scampo dalla furia dei nazisti, in strutture della Chiesa: 2775 sono ospitati in case religiose femminili, 992 in quelle maschili, 680 in locali dipendenti dalle chiese (www.papapioxii.it).

La Chiesa di San Benedetto

Anna Foa su L’Osservatore Romano ricordava che, sempre a Roma, nella chiesa di San Benedetto al Gazometro, «molti ebrei trovarono rifugio», e il parroco allora giovanissimo, don Giovanni Gregorini, «trovava il tempo di fare ogni giorno due chiacchiere con uno dei rifugiati ebrei, uomo di una certa età e molto religioso, parlando con lui delle rispettive religioni, e dei loro rapporti» (chiesa.espresso.repubblica.it, 24 gennaio 2014).

L’impresa di suor Maria Elisabetta

Anche Suor Maria Elisabetta Hesselblad, diventata santa nel 2016, nel pieno della II Guerra Mondiale non esitò a rischiare la propria vita aprendo le porte del convento di cui era superiora a Roma per accogliere gli ebrei perseguitati. Per i dodici membri delle famiglie Piperno e Sed la salvezza passò per una piccola porta di legno attigua alla chiesa di Santa Brigida, a Piazza Farnese, e per il coraggio di madre Maria Elisabetta.

«Quando ci accolse in questa casa», ha spiegato il signor Piero Piperno in un’intervista recente concessa ad Aleteia (1 giugno 2016), «la beata madre Elisabetta ci disse che avremmo dovuto seguire le nostre tradizioni religiose. Era difficile che a quel tempo un rappresentante della Chiesa si esprimesse in questo modo».

La Curia dei cappuccini

Un altro fatto che accerta l’impegno della Chiesa per salvare gli ebrei dalle deportazioni dei nazisti, è avvenuto sempre a Roma. Fu, grazie a Fra Marie Benoît, che la Curia Generalizia dei Frati Francescani Minori Cappuccini (allora si trovava a via Sicilia 159 a Roma), divenne la centrale operativa delle operazioni di assistenza agli ebrei perseguitati a Roma e ai tanti profughi che cercavano di raggiungere le linee alleate nel sud dell’Italia.

Padre Marie Benoît e i suoi collaboratori, frati, suore e laici, accoglievano i profughi e li indirizzavano nei molti luoghi di rifugio sparsi in tutta Roma. Da 400 assistiti del settembre 1943 si passò ai 4500 del giugno 1944 (2500 italiani e 1500 stranieri). Il suo ufficio fu più volte perquisito, finché agli inizi del 1944 lo stesso frate dovette darsi alla latitanza, senza che per questo venisse meno il suo impegno (Aleteia, 5 dicembre 2014).

Il nascondiglio nel seminario maggiore

Nell’ottobre del 1943 pure il Pontificio Seminario maggiore, nel complesso del Laterano, ha ospitato rifugiati destinati alle deportazioni.

Gli ebrei rifugiati in Seminario sono segnalati specificamente negli elenchi soltanto in una decina di casi, mentre per altre persone, pure certamente ebree, è indicata solo la professione; è il caso, tra gli altri, dei fratelli Paolo e Massimo Padovani e di Raniero Panzieri (poi divenuto un teorico del marxismo e un dirigente del Partito socialista), qualificati soltanto come studenti; Panzieri già dal 1940 era stato ammesso tra gli alunni del Pontificium Institutum utriusque iuris della Pontificia Università lateranense, consentendogli così di seguire studi universitari, a lui preclusi nelle facoltà italiane dalle leggi razziali.

48 rifugiati ebrei

I rifugiati ebrei erano in totale quarantotto. Uno dei politici rifugiati, Soleri, ne parla come di un gruppo numeroso: «Gli Ebrei hanno ricevuto dal Vaticano il più fraterno aiuto e assistenza, e molti ne sono qui rifugiati».

Erano presenti anche alcune donne ebree, come ricorda Michael Tagliacozzo: “Riguardo le donne ospitate nel Seminario, oltre la moglie del professore [Del Vecchio], v’era la moglie di Simone Piperno; la giovane dottoressa (di cui non seppi il nome e che mi portò la notizia dello sbarco a Anzio – Nettuno mentre ero a letto colpito da bronchite), studentessa in medicina, in fase di perfezionamento pressola Clinica neuropsichiatrica dell’Università di Roma; la moglie e le due figlie di Salvatore Tesoro. Inoltre, ospitata presso un religioso della canonica, vi era la madre di Mario Frankfurter” (www.gliscritti.it).

Le missionarie di Maria a Firenze

A Firenze furono un provvidenziale rifugio per gli ebrei, la chiesa e il monastero delle Suore Francescane Missionarie di Maria a piazza del Carmine (Firenze).

La città pagò il suo atroce tributo alla Shoah subendo due rastrellamenti, il 6 e 26 novembre 1943. Con l’incalzare delle persecuzioni, saputo che i tedeschi avevano richiesto gli elenchi di tutti gli ebrei fiorentini, il Comitato di assistenza ebraico, allestito dal giovane rabbino capo di Firenze Nathan Cassuto decise di rivolgersi all’arcidiocesi di Firenze. I primi contatti avvennero tramite Giorgio La Pira.

La “manovra” dell’arcivescovo

L’arcivescovo di Firenze, il cardinale Elia Dalla Costa, subito incaricò il parroco di Varlungo don Leto Casini e il padre domenicano Cipriano Ricotti di coadiuvare il Comitato di assistenza ebraico per mettere al sicuro i profughi ebrei nei vari monasteri e istituti religiosi della diocesi.

Seguendo le direttive del cardinale, oltre ventuno conventi e istituti religiosi (senza contare le chiese e le parrocchie) aprirono le loro porte offrendo rifugio a oltre 110 ebrei italiani e 220 stranieri, in fuga dai nazisti.

Le suore Missionarie di Maria in piazza del Carmine risposero all’appello. Ottanta mamme con i loro piccoli vennero accolte. Si nascosero tra le stanze del convento. In silenzio. Nel reciproco rispetto delle usanze religiose, convissero e condivisero gli stessi spazi (Aleteia, 3 dicembre 2014).

L’abbazia di Pannonhalma

In Europa, uno dei monasteri più noti per aver ospitato di nascosto i deportati si trova in Ungheria. Oltre 70 anni fa, infatti, nell’Abbazia di Pannonhalma, la più grande abbazia d’Europa dopo Montecassino, trovarono rifugio centinaia di ebrei in fuga dalla persecuzione nazista (Tv 2000, 10 settembre 2015).

Tags:
ebreiolocaustoshoah
Top 10
See More