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“Abbattere il muro del silenzio”, guida anti-pedofilia dei vescovi francesi

monsignor George Pontier

Andrea Tornielli - Vatican Insider - pubblicato il 23/01/17

Le linee per combattere gli abusi: accentuare la vigilanza e considerare gli atti passati non denunciati o ritenuti prescritti. Cooperare con l’autorità giudiziaria

La Conferenza episcopale francese (Cef) ha pubblicato nuove e più severe linee guida per contrastare il fenomeno della pedofilia. «L’attualità ci ha spinti ad andare oltre, accentuando la vigilanza e prendendo maggiormente in considerazione gli atti passati, non denunciati o ritenuti prescritti, che continuano per lungo tempo a fare soffrire le vittime», afferma il presidente dei vescovi, Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia. Una sintesi del documento, a firma di Charles De Pechpeyrou, viene pubblicata su «L’Osservatore Romano». In Francia hanno fatto discutere e suscitato molte polemiche casi del passato che hanno portato alla luce sottovalutazioni e omissioni.

«Di recente – spiega l’arcivescovo Pontier – le norme della giustizia statale ed ecclesiale sono state rafforzate. La Cef ha istituito nuovi strumenti affinché ogni pedofilo colpevole sia messo in grado di non commettere più azioni recidive nell’ambito di una missione ecclesiale». Nella nuova edizione della guida «Lottare contro la pedofilia» vengono dunque aumentati gli strumenti per contrastare il fenomeno. Il sussidio è stato preparato da un gruppo di lavoro presieduto da monsignor Luc Crepy, vescovo di Le Puy-en-Velay.

All’inizio del piccolo libro vengono offerti dei consigli alle persone che lavorano a contatto con i minori, per sviluppare una «sana relazione educativa», un legame di fiducia che non degeneri in una situazione di prevaricazione. Tra i criteri: una relazione educativa casta, che non eserciti nessuna forma di forza o di dominio sull’altro, vissuta nell’apprendimento della libertà, in una dinamica di alleanza, dove l’educatore si mette di lato affinché cresca la persona della quale si prende cura, e infine un’apertura al senso della legge, che aiuti a stabilire una distanza tra il soggetto e i suoi immediati desideri. Tre i divieti fondamentali: la fusione, la menzogna e la violenza, a cui corrispondono specularmente in senso positivo la giusta distanza, la verità e il rispetto.

Alla domanda sul come e perché una relazione dell’adulto con il bambino possa degenerare, non c’è risposta univoca. La pedofilia, spiegano gli autori, è un fenomeno complesso, che implica aggressori dei quali non esiste un profilo tipo. In ogni caso, tutti gli abusi compiuti contro bambini – ma anche contro adulti – ignorano totalmente criteri quali la libertà e l’uguaglianza tra i soggetti: «Non esistono desiderio, consenso e reciprocità, che fanno spazio allo spavento, l’angoscia e la paura», affermano i curatori della guida.

Un capitolo del documento è dedicato al tema del celibato, spesso sollevato nelle polemiche mediatiche, quasi che l’avere un clero uxorato potesse contrastare il fenomeno degli abusi. In realtà «ci sono più casi di pedofilia che coinvolgono uomini sposati che persone celibi». Le tendenze o pulsioni dei pedofili «sono dell’ordine della perversione, indipendentemente dal fatto che siano sposati o celibi», si legge nel testo.

La guida, di circa 60 pagine, si occupa anche degli aspetti giuridici, elencando nei particolari le sanzioni penali della giustizia statale che puniscono gli atti pedofili, come pure le sanzioni previste dal diritto canonico. «Quando un chierico è oggetto di procedimenti penali da parte dello stato, il vescovo dovrà innanzitutto prendere misure provvisorie per sospenderlo dalle sue funzioni oppure limitare le sue attività, e riferirà subito alla Congregazione per la dottrina della fede, che deciderà se giudicare il caso oppure rinviarlo per giudizio al vescovo coinvolto». Inoltre, «bisognerà preferibilmente prendere una decisione su eventuali sanzioni canoniche solo dopo la fine della procedura statale».

I vescovi francesi bollano come «inaccettabile» il silenzio. Quello della vittima, ma anche dell’aggressore, dei suoi genitori e delle istituzioni coinvolte, tra cui la Chiesa. Oltre ai gravissimi traumi che lasciano indelebilmente nei bambini e nei ragazzi gli abusi sessuali, «i ricercatori hanno anche dimostrato il ruolo pericoloso del silenzio in questi casi. Abbattere il muro del silenzio contro il quale urtano le vittime diventa così una priorità assoluta». È difficile per queste persone, denunciare l’aggressore, soprattutto quando esercita su di loro un’autorità, oppure quando rappresenta un riferimento morale agli occhi di tutti. I bambini spesso tacciono perché si sentono essi stessi colpevoli o perché sono indotti a credere che ciò che hanno subito sia normale.

Per quanto riguarda le indicazioni concrete da seguire, la guida ne indica tre: prevenire, agire e reagire, comunicare. A proposito del rapporto problematico tra obbligo di denunciare fatti di cui si è a conoscenza e il segreto d’ufficio, una facoltà riconosciuta, nel diritto francese, ai ministri di culto, nella guida si legge: «Stante la giurisprudenza attuale occorre precisare da una parte che il segreto di ufficio si applica certamente alle confidenze fatte durante la confessione a un ministro di culto, escluso ogni fatto di cui si è venuto a conoscenza nell’ambito di un’indagine canonica o ammesso in modo non spontaneo; e dall’altra parte che il segreto di ufficio non può essere addotto in modo da contrapporsi alle indagini materiali dal giudice istruttore, che deve disporre della cooperazione di ognuno, senza eccezioni, nella ricerca della verità». Un chiaro invito a cooperare pienamente con l’autorità giudiziaria.

Gli educatori non devono dimenticare che «la protezione del bambino e del giovane è la priorità assoluta: sin dall’inizio ci si sposterà dal lato della vittima e del più debole». La vittima deve essere al centro dell’attenzione, dunque. Occorre «prevenire ogni situazione di rischio, allontanando» l’aggressore «definitivamente da ogni contatto con bambini e giovani e garantendogli un’attività professionale stabile e un’integrazione sociale duratura. Questo nuovo posto nella società, però, deve essere monitorato con la massima vigilanza, anche dopo tanti anni senza recidiva».

Illuminante anche la parte dedicata alla comunicazione, considerata parte della lotta al fenomeno. La guida afferma che mai bisogna cercare di difendere l’istituzione a prescindere. «Il mezzo più efficace per eliminare questo sospetto è accettare che questa comunicazione sia un’occasione di riconoscere delle debolezze, se non addirittura delle colpe, nell’azione della Chiesa». La Chiesa deve tornare a essere «una casa sicura» per i bambini e i giovani.

QUI L’ARTICOLO ORIGINALE

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