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4 tipologie di molesti nella Bibbia e come sopportarle pazientemente

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Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 10/01/17

Nel giorno della scomparsa del teologo Christian Albini presentiamo il suo ultimo lavoro dedicato a questa opera di misericordia spirituale

Che vuol dire sopportare pazientemente le persone moleste? Chi sono i molesti? Ce lo spiega Christian Albini, nato al cielo questo lunedì all’età di 43 anni a causa di una malattia, nel suo ultimo libro “Sopportare pazientemente le persone moleste. Aver pazienza con gli altri come Dio con noi” (Emi). Sposo e padre di tre figli, era professore di religione, teologo, scrittore e autore del blog “Sperare per tutti”. Abbiamo pensato di ricordarlo attraverso il suo ultimo lavoro, scritto in occasione del Giubileo da poco concluso, all’interno della collana “Fare Misericordia”.

L’IDENTIKIT DEL MOLESTO

Molesti lo siamo un po’ tutti, chi più chi meno, e l’unica soluzione sarebbe quella di perdonarci e sopportarci a vicenda. Atteggiamento non semplice e per nulla scontato.

«Con l’aggettivo molesto si intende normalmente colui che provoca fastidio e danni, che è sgradito e sgradevole, difficile da sopportare. Deriva dal latino e ha la stessa radice di moles, il cui significato è «mole», «massa», «peso», ma anche «pericolo». Le persone moleste sono perciò coloro che «ci pesano addosso» e che percepiamo come irritanti o addirittura minacciose».

4 TIPOLOGIE DI MOLESTI DESCRITTE NELLA BIBBIA

MOLESTI «DANNOSI»

Ci sono per primi i molesti dannosi, che non sono capaci di rispettare e considerare l’altro con il dovuto riguardo, procurandogli pertanto disagio per il loro comportamento invasivo, opprimente quando non anche francamente lesivo.

Esempi concreti possono essere rappresentati da venditori insistenti, vicini di casa particolarmente rumorosi e non rispettosi delle regole di civile convivenza, automobilisti aggressivi e maleducati, colleghi di lavoro cinici e arrivisti, capi pesantemente autoritari e oppressivi, amici che, credendo o fingendo di sostenerci, di fatto invece appesantiscono il nostro fardello di sofferenza.

«Giobbe, emblema dell’uomo prostrato dalle sofferenze, definisce «consolatori molesti» quegli amici che, con la loro pretesa di illustrargli la ragione delle sue disgrazie, non gli portano alcuna consolazione, ma ulteriore tormento. (…) Giobbe lo capiva bene, lui che era considerato un «consolatore di afflitti». In vece di rispettare il suo dolore e accettarlo, quegli amici sfoderavano le proprie spiegazioni e i propri giudizi su di lui e su quanto gli era accaduto. Dicevano gli antichi saggi d’Israele: «Non consolare [il tuo prossimo] quando un morto che gli è caro giace disteso davanti a lui». Imporre le proprie parole e opinioni a chi è nella sofferenza acuta è come imporre sé stessi, invece di accogliere la persona nel suo dolore. Sono molesti coloro che avanzano pretese, che agiscono a prescindere dall’altro, senza considerarlo».

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MOLESTI «SCOMODI»

Vengono poi i molesti scomodi, che attraverso la loro ricerca di giustizia, evidenziano i nostri privilegi, piccoli e grandi, e rivelano quanto di egoismo ed ipocrisia c’è nel nostro comportamento.

“Ne è un esempio la parabola del giudice disonesto e della vedova che lo infastidisce. (…)presentata da Gesù in una parabola da lui raccontata ai discepoli, per far comprendere loro la necessità di pregare senza interruzione. La protagonista è una vedova che si rivolge a un giudice disonesto domandando giustizia. Questi la ignora, ma viene infine vinto dall’insistenza di lei, e il testo riporta il suo monologo interiore: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi». La parabola è narrata allo scopo di non far perdere la fiducia in Dio e di incoraggiare la perseveranza nella preghiera, poiché Dio è giusto, a differenza del magistrato. Per contrasto, però, la giustizia divina mette in risalto la nostra ingiustizia. E quando le vittime, o coloro che parlano per loro, si fanno sentire, danno fastidio, disturbano interessi, comodità, connivenze piccole e grandi. Qui la situazione precedente del molesto dannoso e prevaricatore risulta capovolta, perché la molestia deriva invece dalla protesta e dall’azione di una vittima”.

MOLESTI «PROVOCATORI»

La terza categoria è rappresentata dai molesti provocatori in quanto essi ci disturbano per il solo fatto di esistere, perché suscitano in noi senso di colpa, fastidio, inadeguatezza. Sono le persone che vivono ai margini della società, rifiutati e spesso oggetto di disgusto, tanto che gli altri desiderano la loro invisibilità. “La loro situazione non dipende da noi, non è imputabile a qualche nostra colpa diretta. Però ci dicono che le cose, così come stanno, non vanno bene. C’è bisogno di un cambiamento che anche a noi può costare qualcosa”. Questo tipo di persone, poveri, barboni, anziani, malati, drogati, disabili, migranti, potrebbero mettere in risalto e nello stesso tempo in crisi la nostra indifferenza, per questo cerchiamo di ignorarle e non curarcene.

«È il caso del cieco di Gerico che tutti volevano tenere lontano da Gesù, il quale si sofferma invece con lui. (…) il cieco Bartimeo che al suo passaggio cominciò a gridare: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» Il cieco è fermo ai bordi della strada, cioè ai margini, in una situazione umiliante, costretto a dipendere dagli altri. E per di più la folla vuole costringerlo a tacere, lasciando trasparire disprezzo nei suoi confronti. Eppure, Bartimeo si distingue da tutti gli altri: «Egli ha un nome e un’identità precisa, vede in Gesù il “figlio di David”, cosa che non colgono quanti circondano Gesù, per i quali egli è semplicemente “il Nazareno”». Stare ai margini consente di vedere quel che la prospettiva dei privilegiati occulta. E Gesù si lascia molestare: si ferma, devia dai propri programmi, lo riconosce nella sua dignità e nel suo bisogno, si lascia interpellare – «Che cosa vuoi che io faccia per te?» – e accoglie la richiesta di restituire al cieco la vista. Questo tipo di persone moleste sollecita da parte del cristiano una risposta!».

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MOLESTI «DETESTABILI»

Per ultimi abbiamo i molesti detestabili, verso cui nutriamo un rifiuto viscerale in quanto diversi da noi per i loro convincimenti e modi di essere. In genere vengono ignorati ed emarginati, ma in alcuni casi verso di loro si mettono in atto comportamenti apertamente aggressivi.

«Un esempio di persona molesta «detestabile» è la donna che, durante un banchetto a cui era stato invitato Gesù, desta scandalo perché lo tocca bagnandogli i piedi con le lacrime e asciugandoli con i propri capelli. Il padrone di casa, il fariseo Simone, non riusciva ad ammettere che un uomo di Dio avesse una tale confidenza con una nota peccatrice. (…) Per il pio Simone è uno scandalo: non concepisce che si possa accettare una tale confidenza da una donna del genere. Lui vede solo una peccatrice, una persona molesta da tenere a distanza, non riesce a riconoscerla capace di amore e di fede. Ci riesce invece Gesù, il cui sguardo di misericordia vede ciò che è più importante in una logica d’inclusione e d’integrazione. Ed è questo suo atteggiamento, la fiducia di essere accolta, a incoraggiarla ad avvicinarsi al Signore».

COME È POSSIBILE SOPPORTARE FINO AD ARRIVARE AD AMARE LE PERSONE MOLESTE?

Con l’aiuto e la grazia di Dio, riconoscendoci molesti a nostra volta, affinando la capacità, come scrive l’autore, “di saper vivere e abitare tutte queste relazioni cercando di costruire comunione, incontro, condivisione”.

«La misericordia è una vera e propria arte di vivere e di amare e nell’accezione che qui esploriamo si configura come un educarci allo stare insieme. «Nessun uomo è un’isola, in sé completa: ognuno è un pezzo di un continente, una parte di un tutto», dice un passo del poeta John Donne (…) È possibile amare i molesti? E come? Risulta impossibile se ci adoriamo segretamente, se siamo preda di una sorta di idolatria di noi stessi che ci impedisce di vedere con obiettività i nostri limiti ed enfatizza quelli altrui».  

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