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Corea, la Chiesa scarica la Park ma fa anche “mea culpa”

Vatican Insider - pubblicato il 06/01/17

«L’atmosfera è tesa e la popolazione coreana attende con ansia le dimissioni della presidente Park Geun-hye. Ogni sabato proseguono le pacifiche manifestazioni a Seul e nella altre grandi città. Il popolo si sente tradito, non si sente più rappresentato e vuole avere voce in capitolo. Alla Park si rimprovera di aver agito secondo i propri interessi, non secondo l’interesse della nazione: una lampante mancanza di impegno per il bene comune»: così Serena Kim Hae-Kyung, teologa e scrittrice cattolica di Seul, racconta a Vatican Insider l’atmosfera che si vive in Corea del Sud, travolta dallo scandalo che ha coinvolto la presidente in carica Park Geun-hye.

Accusata di essersi lasciata manipolare da una sciamana e di aver abusato del suoi poteri, la Park è ora alla sbarra, dopo che il Parlamento coreano ha autorizzato l’impeachment: deve rispondere di accuse di estorsione, favoreggiamento, corruzione, in flagrante violazione della Carta costituzionale.

Nella prima udienza la Park ha respinto le accuse, dicendo di aver svolto con rispetto e fedeltà il proprio ruolo. Dopo la messa in stato d’accusa, e la Corte costituzionale dovrà decidere entro sei mesi se rimuovere la presidente indicendo, in tal caso, nuove elezioni.

Nelle imponenti manifestazioni popolari che si sono susseguite con continuità da ottobre a oggi – rileva Serena Kim Hae-Kyung, un dottorato di ricerca in missiologia e collaboratrice della Conferenza episcopale cattolica coreana – vi è stato un pieno e crescente coinvolgimento della comunità cattolica, che in Corea conta circa il 12% della popolazione: «In piazza ho visto suore, sacerdoti, stendardi di scuole, università, comunità e associazioni ecclesiali. Si sono celebrate messe per chiedere a Dio giustizia e pace. Tra i battezzati coreani c’è forte un senso di giustizia e la partecipazione è stata attiva fin dall’inizio della protesta».

Dopo le dichiarazioni rilasciate a Vatican Insider dal vescovo Peter Kang (leggi qui), la Chiesa cattolica coreana ha ufficializzato la sua posizione, associandosi alla richiesta di dimissioni della Park, invocando il principi della giustizia e del bene comune, capisaldi della dottrina sociale cattolica.

In un messaggio titolato «La giustizia scorra come un torrente perenne», i vescovi coreani ribadiscono l’impegno a «proteggere e sviluppare la democrazia in maniera paifica e matura» e per questo offrono il proprio discernimento con «un atteggiamento profetico, per interpretare i segni dei tempi»: «Desideriamo che la pace e la giustizia scorrano come un fiume e preghiamo per la benedizione di Dio», si legge nel testo diffuso, di cui Vatican Insider ha preso visione.

Nel documento, che nel tempo di Natale è circolato in tutte le comunità ecclesiali ed è stato oggetto di omelie e commenti, la Chiesa si dice «profondamente preoccupata per la situazione», a causa della violazione delle sovranità nazionale e dei principi cardine dello stato di diritto, richiedendo esplicitamente le dimissioni del Park e invitando il Parlamento ad agire per l’interessa della popolazione. Anche perchè, notano i vescovi, il crollo della leadership nazionale rischia di far affondare il paese in una paralizzante crisi economica, con conseguenze dannose per tutti.

La Conferenza episcopale invita la classe politica «a versare lacrime di penitenza» e a «ristabilire la fiducia e la speranza della gente» che ha espresso amarezza e indignazione di fronte a un vicenda definita, nel complesso, «vergognosa».

Tuttavia la Chiesa coreana, in questo storico passaggio, offre anche una sorta di coraggioso «mea culpa»: nello scandalo che ha investito la presidente e il suo staff sono implicati, infatti, diversi coreani di fede cristiana e cattolica che non hanno resistito alla tentazione della corruzione. La stessa presidente Park – che pure oggi si professa non legata ad alcuna fede – ha frequentato scuole cattoliche si è formata alla prestigiosa università Sogang dei gesuiti.

Quello che oggi la Chiesa può rimproverarsi è non essere riuscita a «formare una retta coscienza», dato che principi del Vangelo non sembrano aver influito sulle scelte di carattere morale. Per questo, come ha ribadito il vescovo Igino Kim Hee-jong, presidente della Conferenza episcopale, la comunità cattolica coreana avvierà ora, in tutte le diocesi, un capillare percorso di riflessione e di formazione, incentrato sulla dottrina sociale della Chiesa. Il fine è favorire «il passaggio dal Vangelo alla vita e dalla vita al Vangelo» in modo che i battezzati compiano nella società e nella politica scelte coerenti con i valori cristiani.

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