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Dall’innamoramento all’amore, superando il rischio del narcisismo

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Shutterstock / AstroStar

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 04/01/17

Ecco come avviene il passaggio dall’innamoramento all’amore. A spiegarlo è Agostino Tommaselli in “L’amore non è un sentimento” (Sugarco edizioni).

«Un uomo e una donna, per poter vivere l’esperienza dell’amore, hanno bisogno di passare prima per una fase introduttiva e transitoria: questa fase è quella dell’innamoramento», premette l’autore.

IMPROVVISO E INASPETTATO

Un passaggio che «accade in maniera improvvisa e spontanea, contiene in sé una componente estatica (rappresentando indubbiamente una fonte di piacere e di benessere per chi lo sperimenta), e interessa la sfera affettiva».

Come spiega Gianna Bongiorni Parma – scrittrice e collaboratrice di un’associazione che opera da anni nel campo delle problematiche familiari – «l’innamoramento avviene improvviso e inaspettato […] e rappresenta una forma di apertura verso l’altro, apertura che non è ancora quella dell’amore perché l’amato attrae più per ciò che rappresenta che per ciò che veramente è».

UNA SEDUZIONE DA COLTIVARE

Nella fase dell’innamoramento, infatti, «l’amare appare come una fascinazione, che crea attrazione, volta alla soddisfazione»: un’esperienza di sicuro seduttiva, ma che non può e non deve cristallizzarsi nel tempo, perché – come ci chiarisce Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta – «l’innamoramento è solo una fase transitoria, esclusivamente emotiva, che deve lasciare il posto all’amore, duraturo e che coinvolge anche la ragione e la volontà ».

IL RISCHIO DELLA PERPETUITA’

L’innamoramento deve cercare il proprio compimento nell’amore, sottolinea Tommaselli, «senza aspirare alla perpetuità, perché se così facesse si trasformerebbe in un veleno mortale, ritrovandosi a scadere nelle sue derive peggiori: la chiusura nell’auto contemplazione di sé, come a voler riprodurre infinite volte la gratificazione derivante dal suo stato iniziale; la consumazione quale illusoria e immediata realizzazione di sé, in uno spazio temporale dove l’innamoramento stesso e l’unione sessuale sono praticamente coincidenti».

L’ “ARRIVO” DELLA GIOIA

Per intenderci, precisa l’autore: «Non stiamo affermando che due persone che si amano non possano al contempo provare l’una per l’altra dei “sentimenti d’amore”. Al contrario: il “sentimento innamorato” normalmente anticipa l’amore e in seguito lo accompagna sotto altre forme, una delle quali è certamente il “sentimento della gioia”». Ma sarebbe «un guaio, anzi sarebbe distruttivo, se due persone innamorate non andassero oltre la fase dell’innamoramento: ne scaturirebbe un rapporto egoistico e narcisistico».

INIZIATIVA “INNOVATIVA E PRODUTTIVA”

Difatti «egoismo e narcisismo insorgono solo quando la fase dell’innamoramento viene indebitamente prolungata, o idealizzata, o arbitrariamente ricercata».

Gli innamorati possono evolvere nella dimensione dell’amore, solo laddove l’affezione passi «dal regime di spontaneità passiva, ripetitiva e infruttuosa, a quello dell’iniziativa, innovativa e produttiva».

DAL “SENTIRE” AL “VOLERE” BENE

Il passaggio dall’innamoramento all’amore non può avvenire se non avviene questo cambio di stato dal “sentire” al “volere” bene, se non si trasforma l’esperienza stessa dell’innamoramento in una scelta definitiva alla quale partecipa non soltanto il sentimento, ma anche la ragione e la volontà.

IL CONSIGLIO DI BENEDETTO XVI

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A questo proposito ci sono d’aiuto le parole di papa Benedetto XVI quando, nel 2012, rispondendo a una coppia di fidanzati del Madagascar, si espresse dicendo:

Nel Rito del Matrimonio, la Chiesa non dice: «Sei innamorato?», ma: «Vuoi», «Sei deciso». Cioè: l’innamoramento deve divenire vero amore coinvolgendo la volontà e la ragione. […] Io penso spesso alle nozze di Cana. Il primo vino è bellissimo: è l’innamoramento. Ma non dura fino alla fine: deve venire un secondo vino. […] Un amore definitivo che diventi realmente “secondo vino” è più bello, migliore del primo vino. E questo dobbiamo cercare.

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