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Miglioreresti il cristianesimo con la formula di queste tre monache?

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Catholic Link - pubblicato il 14/12/16

Non offendetevi per il video che abbiamo inserito di seguito. È prodotto da un canale umoristico su YouTube. A noi ha fatto sorridere, perché mostra qualcosa di cui si discute molto e che forse avremmo volute dire anche noi; solo che qui se ne parla in tono scherzoso ed esagerando la realtà.

A molte persone vengono in mente delle idee brillanti per migliorare il cristianesimo, spesso a seguito di esperienze amare – vissute sulla propria pelle o testimoniate da persone care – che portano a mettere in discussione ogni cosa; i metodi, la forma, i contenuti, le ragioni e soprattutto chi – specialmente dentro la Chiesa – tende a mostrare protagonismo nella vita cristiana. Papa Francesco prova più o meno la stessa cosa, e nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci dice: «Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno» (EG 25).

Ovviamente chi fa apostolato sa che il Papa ha ragione, non si possono lasciare le cose come stanno, ma non possiamo neanche considerare le cose proposte nel video; oltre ad essere delle cattive idee, non migliorano affatto il cristianesimo. Ma il video offre anche degli spunti di riflessione in merito a qualcosa che possiamo iniziare a fare tutti quanti, non soltanto il Papa.

Ecco alcune idee su come migliorare davvero il cristianesimo, come essere migliori cristiani, come fare in modo che la nostra Chiesa sia un luogo di accoglienza e non soltanto un’istituzione che funziona bene.

1. La Chiesa migliora quando tu migliori

Siamo battezzati e la nostra vocazione è essere parte della Chiesa. Quest’ultima dunque, per poter migliorare, non ha bisogno soltanto di ristrutturare gli edifici, di cambiar le strutture amministrative o di rinnovare le proprie usanze. Il concilio Vaticano II ci dice che «ogni rinnovamento della Chiesa consiste essenzialmente in una fedeltà più grande alla sua vocazione» (Decreto Unitatis Redintegratio, 6). Ci chiediamo dunque: in cosa consiste davvero essere battezzati? E una volta che riusciamo a rispondere, c’è un’altra domanda che sorge spontanea: viviamo coerentemente a questa realtà?


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2. Smettila di criticare e inizia a darti da fare

Coloro che fanno apostolato, che lo vogliano o meno, sono i teologi delle nostre comunità. Tutto ciò che facciamo (il modo in cui vediamo la fede, ciò che pensiamo e diciamo di essa, il modo in cui viviamo i misteri, quello che diciamo sui sacerdoti e sulle istituzioni ecclesiali) ha un aspetto squisitamente teologico e lo trasmettiamo direttamente a coloro tra i quali facciamo apostolato. La loro fede avrà inevitabilmente il tuo DNA spirituale, che è plasmato in base a come tu vivi la tua fede. Agisci di più e dà meno consigli, offri più soluzioni e rimarca meno i difetti degli altri. Ma soprattutto, mostra più amore, e critica meno.


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3. Vivi la fede nel tuo contesto

La Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano e del Caribe si è già espressa sull’argomento, dicendo che «nessuna comunità deve esimersi dall’entrare fermamente, con tutte le sue forze, nei processi costanti di rinnovamento missionario, rivedendo e abbandonando strutture oltrepassate, che non favoriscono più la trasmissione della fede» (Documento di Aparecida, 365).

Ci chiediamo quindi: le cose che facciamo sono utili a far crescere la fede negli altri? Oppure le continuiamo a fare perché si è sempre fatto così? Gesù, ai suoi tempi, parlava in base a ciò che le persone vivevano; se dovesse predicare oggi, forse le sue parabole non avranno a che fare col lavoro nei campi ma saranno ambientate in una fabbrica o al supermercato. Il messaggio di Gesù ebbe successo anche perché Lui seppe contestualizzarlo, utilizzando il linguaggio di allora. Imitiamolo.

4. Recuperiamo il senso delle nostre usanze e tradizioni

La Chiesa è stata fondata da Gesù, che ha visto in essa la Sua sposa, senza macchia e senza rughe, senza difetti, ma santa e irreprensibile. (cfr. Efesini 5:27). Non deve dunque preoccuparsi tanto di evolversi, quanto di tornare a ciò che era all’origine. Le nostre tradizioni e le nostre usanze non dipendono soltanto da contesti storici ben precisi, ma sono il frutto di una relazione coniugale con Cristo; sono la nostra storia d’amore con Lui. Rinnegarla e ignorarla sarebbe come distruggere i ricordi del fidanzamento di nostri genitori, le fotografie dei loro momenti più importanti e ciò che hanno fatto durante i tanti anni trascorsi insieme.

«E deriva perciò un bisogno generoso e quasi impaziente di rinnovamento, di emendamento cioè dei difetti, che quella coscienza, quasi un esame interiore allo specchio del modello che Cristo di sé ci lasciò, denuncia e rigetta»  (Paolo VI, Eclessiam Suam, 12).

Per concludere, se siamo d’accordo con le “suore” del video, dovremmo davvero scrivere una lettera con dei consigli per migliorare il cristianesimo, ma non al Papa, quanto a noi stessi. Non è un cambiamento da zero, parte dalla nostra identità e dai nostri obiettivi. Non si tratta di cambiare per il cambiamento in sé. Il punto non è voler modernizzare le cose con la smania di non perdere fedeli o di intrattenerli.

Nelle conclusioni del documento di Aparecida, c’è un paragrafo che vorrei condividere con voi affinché, incoraggiati da queste parole, decidiate con un cuore allegro di rinnovare la vostra fede:

«Non dobbiamo dar niente per scontato e acquisito. Tutti i battezzati sono chiamati a “ricominciare da Cristo”, a riconoscere e seguire la Sua Presenza … con lo stesso approccio che ebbero i discepoli quando lo incontrarono per la prima volta sulle sponde del Giordano, 2000 anni fa» (Documento di Aparecida, 549).

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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