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L’approccio integrale dei vescovi europei contro l’esclusione

Vatican Insider - pubblicato il 12/12/16

Il numero di persone a rischio di povertà o esclusione sociale anche in Europa è in drammatico aumento: 116 milioni nel 2008, ma solo due anni più tardi il loro numero saliva a 123 milioni e oggi di persone a rischio se ne stimano almeno 119 milioni. Non c’è da nascondersi che la crisi economica e finanziaria abbia segnato profondamente il processo di integrazione europea tanto che le spinte disgregatrici sono affiorate laddove sono apparse sempre più evidenti le disuguaglianze economiche. E all’interno di un disagio diffuso, i più colpiti dalla crisi sono i bambini, i giovani e le famiglie accanto a quanti bussano alle porte d’Europa. 

A lanciare un segnale d’allarme sono ancora una volta i vescovi accreditati presso l’Unione Europea con l’intento dichiarato di scuotere i decisori politici. 

Già all’indomani dei risultati del maggio 2014 che avevano disegnato la nuova fisionomia della VII legislatura del Parlamento europeo, il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera, presidente della Conferenza episcopale di Germania e presidente della Commissione dei vescovi accreditati presso la Ue, aveva reso nota una dichiarazione rivolta ai parlamentari neoeletti sui principali compiti che li attendevano nei mesi a venire. 

Accanto alla preoccupazione per i segnali d’allarme – come l’aumento significativo del sostegno a partiti che rifiutano il progetto di integrazione europea «posizioni da ritenersi inaccettabili da parte dei cristiani e una minaccia per la convivenza pacifica dei popoli del nostro continente» – alcune proposte sui temi in agenda, sui quali peraltro la Commissione aveva già posto l’attenzione alla vigilia del voto.  

Ispirandosi ai principi della Dottrina sociale europea, i vescovi puntavano a politiche volte a tutelare la dignità umana, un riorientamento dell’economia in linea con i principi dell’economia sociale di mercato, una lotta decisa contro la disoccupazione (soprattutto giovanile), una politica equa nei confronti dell’emigrazione, dei passi energici per la protezione del clima e la sostenibilità globale, il mantenimento della pace e della sicurezza in Europa e nei paesi limitrofi. 

«Alla fine dipenderà da tutti i cittadini, non ultimi i cristiani impegnati, se il lavoro politico per il raggiungimento del bene comune in Europa avrà un esito positivo. In tutta Europa questi sforzi hanno bisogno di un nuovo slancio» era l’augurio della Commissione.  

I vescovi non sono rimasti a guardare e nell’ottobre scorso hanno riunito un’Assemblea plenaria sul tema della condizione delle persone a rischio esclusione sociale in Europa per individuare strategie per sradicare la povertà. Una dichiarazione, frutto di quei giorni serrati di ascolto di esperti e discussione, è stata pubblicata oggi: titolo un versetto del Salmo 82 «al povero e al misero fate giustizia!» (Sal 82,3). Primi destinatari sono il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, il commissario europeo per l’occupazione e gli affari sociali, Marianne Thyssen, e tutti i membri del Parlamento europeo, compreso il premier maltese che assumerà la prossima Presidenza del Consiglio dell’Unione europea. 

E’ un approccio «integrale» quello suggerito ai politici, in linea con lo spirito dell’ultima enciclica sociale, la «Laudato Si’» di papa Bergoglio. «Solo una stretta complementarità delle politiche in tutti i settori e a tutti i livelli sarà in grado di eliminare le cause strutturali della povertà e promuovere lo sviluppo integrale di ogni membro della società, in particolare i più vulnerabili» si legge nel testo. 

A fronte di un’Unione Europea fondata su valori cristiani, «la povertà è ancora di casa nelle nostre società del benessere» è la denuncia dei vescovi che sottolineano come siano sempre i più poveri a pagare le conseguenze di una crisi causata dalla speculazione e l’avidità di pochi e soprattutto la mancanza di una regolamentazione etica dei mercati. 

E’ una crisi che ha molte facce: innanzitutto quelle dei bambini (spesso bloccati nella classe sociale di nascita e con limitato accesso all’istruzione), e quelle dei giovani, colpiti da grave disoccupazione e condizioni economiche avverse che impediscono loro di guardare al futuro. Ma c’è anche la faccia dei tanti lavoratori che vedono aumentare la condizione di precarietà e ai quali spesso viene a mancare una gusta retribuzione che impedisce un sostentamento dignitoso delle famiglie. Accanto ad essi aumenta il numero di quanti, immigrati, profughi o rifugiati, sono a rischio povertà ed esclusione sociale perché i 28 stati europei mancano ancora di adeguate politiche di integrazione. Eppure, scrivono i vescovi, «la preoccupazione per i più vulnerabili dovrebbe essere al centro delle politiche nazionali e locali della UE» sulla base dei principi di solidarietà e sussidiarietà. Occorre lavorare insieme è l’auspicio dal «momento che « la crisi economica e finanziaria ha rivelato che una singola nazione non è in grado di affrontare le sfide economiche e sociali della nostra economia globale in modo indipendente» aziende e governi nazionali sono chiamate a cooperare a livello europeo per quanto riguarda norme e politiche sociali e fiscali. 

Richiamando una precedente dichiarazione del 2012 («Una Comunità europea di solidarietà e responsabilità») la Commissione dei vescovi rinnova il sostegno ad un modello di «economia sociale di mercato la sola in grado di ridare dignità agli esclusi e nello stesso tempo essere sostenibile per l’ambiente». 

E sono sei le Raccomandazioni ai decisori politici: promuovere lo sviluppo integrale delle persone (obiettivi di sviluppo sostenibile in linea con la strategia Europa 2020), garantire la coerenza politica per eliminare le cause strutturali della povertà, riequilibrare gli interessi economici con i diritti sociali allo scopo di frenare le diseguaglianze crescenti, sostenere condizioni di lavoro adeguate e politiche che promuovano l’occupazione soprattutto giovanile, riconoscere le famiglie come attori chiave della società e promuovere politiche centrate sui bisogni familiari e infine promuovere il dialogo e la cooperazione. «Tale dialogo dovrebbe coinvolgere le Chiese e le loro organizzazioni, ma soprattutto dare priorità ai poveri e agli esclusi che non dovrebbero mai essere visti come un problema, ma come persone che possono diventare protagonisti di un futuro più umano per tutti». 

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