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I mezzi biotecnologici mettono in discussione la nostra umanità?

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© Brent Lewis / Getty

Sébastien Morgan - pubblicato il 07/12/16

Tra terapia e miglioramento del corpo

Nessuno può mettere in discussione i benefici della tecnologia nell’ambito della medicina, i cui successi sono tutti i giorni sui titoli dei giornali.

Il 16 aprile 2015 abbiamo saputo che stavano avendo luogo in Russia prove cliniche con il primo esoscheletro a favore delle persone che avevano perso l’uso degli arti inferiori. Frutto di una collaborazione tra la società ExoAtlet e l’Università Statale di Mosca (RSMU), dopo circa trenta ore di formazione l’esoscheletro leggero e relativamente compatto permette alle persone paralizzate di camminare. Verrà messo in commercio tra poco [1].

Dopo alcuni mesi, l’organizzazione statunitense senza scopo di lucro Enabling The Future [2] ha offerto ai bambini che avevano perso un braccio protesi per sostituirlo.

Si tratta di protesi ultraleggere, realizzate in poche ore grazie a stampanti 3D, personalizzate (a livello di forma e colore) e soprattutto completamente articolate (ogni dito è articolato individualmente e permette ai bambini perfino di allacciarsi le scarpe).

Il confine tra cura e miglioramento non è così chiaro

Esiste l’idea preconcetta che le religioni siano favorevoli al progresso della tecnologia a scopo curativo ma meno alle innovazioni con fini migliorativi. Alleviare la sofferenza sarebbe positivo, auspicabile e morale, mentre un intervento per aumentare il rendimento sarebbe quasi immorale.

Ad ogni modo, il confine tra la cura e il miglioramento non è così chiaro, a vari livelli, anche quello tecnologico, visto che una stessa tecnologia può essere usata per guarire, ma anche per migliorare. A livello di malattia, cos’è una malattia, tenendo conto del fatto che la lista di quelle che vengono considerate malattie può cambiare nel corso del tempo e in base alle culture e alle priorità di marketing dell’industria farmaceutica? [3].

E dall’altro lato, che significa essere normali? Bisogna citare le parole di Leon Kass, ex direttore del Consiglio di Bioetica della Casa Bianca: chi introduce la distinzione tra terapia e miglioramento spera in questo modo di distinguere tra ciò che è accettabile e ciò che è inaccettabile nell’impiego delle biotecnologie. La terapia è sempre eticamente positiva, il miglioramento, almeno a prima vista, è eticamente sospettabile. Questa distinzione è tuttavia inadeguata e in ultima istanza inutile per l’analisi morale [4].

Distinguere i beni finali dai beni strumentali

In un articolo pubblicato sul Journal International de Bioéthique [5], Bernard Baertschi ha segnalato che fin dall’inizio dei tempi ciascuno ha cercato con vari mezzi di migliorare certe cose relative alla sua persona: aumentare la memoria con l’allenamento, l’intelligenza con lo studio, la forza con l’atletismo, la capacità di attrazione con la cura del corpo… Niente di nuovo – cambiare il paraurti di una macchina non la rende qualcosa di diverso da una macchina. Nello stesso ordine di idee, i miglioramenti effettuati hanno lo scopo di ottimizzare una facoltà, una competenza, uno stato d’umore, raramente quello di cambiare ontologicamente la persona.

Bisogna inoltre compiere una distinzione tra i cambiamenti che sono in sé l’obiettivo (beni finali) e quelli che perseguono qualche altro proposito (beni strumentali).

Ad ogni modo, ogni persona persegue i suoi obiettivi vitali specifici e che corrispondono alla sua definizione di una vita di successo. L’aggiornamento dei suoi obiettivi vitali esige un miglioramento delle sue capacità, siano essi fini o strumenti.

Questo permette a Bernard Baertschi di enunciare un principio normativo: migliorare una capacità che permette a un individuo di conseguire gli obiettivi che si è prefissato o di conseguirli meglio è positivo [4].

Per capirci, tutti vogliono ottenere delle cose nella vita (c’è una base comune di beni finali: avere una buona salute, avere uno stato mentale positivo…), e allora è legittimo usare i mezzi di cui si dispone per raggiungerle, da una tazza di caffè alla nanotecnologia.

Considerare quali devono essere i “fini”

Ciò significa che i miglioramenti biotecnologici non hanno alcuna incidenza sulla nosta umanità? Certamente no. Leon Kass mette in guardia dicendo che quando le innovazioni tecnologiche vengono impiegate nella medicina convenzionale, le questioni riguardanti i fini sono del tutto chiare. Vogliamo curare il malato, e le nostre nuove capacità potrebbero permetterci di farlo in modo più efficace. Quando però queste stesse tecnologie ci permettono di andare al di là degli obiettivi tradizionali della medicina per cambiare il nostro corpo e la nostra mente con fini diversi dal ripristino della salute, ci addentriamo in un terreno sconosciuto. Dobbiamo considerare seriamente quali devono essere questi fini e che prezzo potremmo vederci costretti a pagare se li perseguissimo attraverso le biotecnologie [7].

Baertschi ha sottolineato che non sono i fini ad essere innovativi o scioccanti, ma è il carattere biotecnologico che non piace, visto che migliorare le capacità e il rendimento dell’essere umano attraverso la tecnologia è quello che costituisce la condizione dell’essere umano fin dalla notte dei tempi [8].

No, in realtà il problema non sono i fini, ma i mezzi che si impiegano per raggiungerli. I mezzi hanno un saldo morale e non sono giustificati dal fine. La questione che si pone, quindi, è la seguente: i mezzi biotecnologici, visto che provocano cambiamenti all’interno del corpo, mettono in discussione la nostra umanità o la nostra dignità come esseri umani?

Baertschi non vede motivi per considerare che i miglioramenti biotecnologici disumanizzino in sé. A meno che il progetto sia quello di abbandonare l’umanità.

[1] Russia Today, 16/04/15 (http://rt.com/news/250361-russia-exoskeleton-clinical-test).

[2] http://enablingthefuture.org/upper-limb-prosthetics/the-limbitless-arm/

[3] Ronald Cole-Turner, The Tranhumanist Challenge in Transhumanism and Transcendence; Georgetown University Press, 2011, p. 4.

[4] Leon Kass, Ageless bodie, happy souls: biotechnology and the pursuit of perfection; The New Atlantis, n.º 1, primavera 2014, p. 13.

[5] Bernard Baertschi, L’humanité se dit de multiples manières; Journal International de Bioéthique, 2011, vol. 23, n.° 3-4.

[6] Bernard Baertschi, L’humanité se dit de multiples manières; Journal International de Bioéthique, 2011, vol. 23, n.° 3-4. p. 71.

[7] Leon Kass, Reflections on Public Bioethics: A View from the Trenches; Kennedy Institute of Ethics Journal, vol. 15, n.° 3, 2005, p. 235.

[8] Bernard Baertschi, L’humanité se dit de multiples manières; Journal International de Bioéthique, 2011, vol. 23, n.° 3-4. p. 73

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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