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Martin Scorsese su Papa Francesco: “Conquistato dalla sua familiarità e grazia”

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - Centro Televisivo Vaticano - pubblicato il 01/12/16

Dopo una breve ma intensa udienza col Santo Padre, il grande regista italoamericano ha rilasciato una intervista al CTV.

IL QUADRO DELLA MADONNA DELLE NEVI

Così Martin Scorsese parla del suo incontro privato con il pontefice. Il regista americano si trova a Roma per la presentazione il nuovo film sui martiri giapponesi, Silence“. «C’era qualcosa nel suo volto – spiega ad Avvenire (1 novembre) – e nel suo sguardo che mi ha fatto sentire immediatamente a mio agio. Gli ho donato un quadro della Madonna delle nevi, un dipinto su pergamena giapponese del XVII secolo venerato clandestinamente dai cristiani (che in origine si trovava in un museo d’arte di Nagasaki, e che abbiamo usato nel film – non l’originale, ovviamente…) e anche un dipinto di un artista gesuita del 1662».

LA BENEDIZIONE

Papa Francesco e Scorsese hanno commentato insieme il film. «Mi ha molto colpito – aggiunge il regista – perché ha voluto dare una benedizione alla mia famiglia e a chi era con noi, in particolare ponendo la mano sulla fronte di mia moglie. Sia lei che mia figlia erano molto commosse».

L’INCONTRO CON IL SACERDOTE

L’autore di “Silence” confessa di avere un rapporto speciale con la fede: «Sono sempre stato ossessionato dai temi dell’amore, della compassione, della fede. Quella fede che ti aiuta a superare le prove della vita. Io prendevo questo molto seriamente». Ma è stato fondamentale l’incontro con un giovane sacerdote, «la cui prima parrocchia è stata la chiesa di Mulberry Street che ho frequentato dagli undici ai diciassette anni: era un giovane prete di ventidue anni, ci ha seguiti tutto quel tempo e ci ha introdotto nel mondo dell’altra America, il mondo delle opportunità, del cambiamento».

“VOLEVO ESSERE COME LUI”

Il regista confida: «Io volevo essere come lui, infatti ho frequentato i corsi preparatori del seminario, ma poi ho resistito solo fino a quando avevo quindici anni. Come sa bene, molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti. E ho capito che la fede doveva essere una cosa diversa, non poteva essere solo quella di chi diventa sacerdote».

Una parte di tutto ciò, confida Scorsese, «è sfociato nella mia attività di cineasta: da

a
, e certamente all’
. Quando abbiamo finito L’ultima tentazione di Cristo l’arcivescovo Paul Moore, vescovo della Chiesa episcopale di New York, mi ha detto: ho un libro per te. Era Silence, ed era il 1988».

L’OSSESSIONE PER LA FEDE

La fede, ma anche il senso del peccato, sono il filo conduttore del cinema di Scorsese. «Sono un po’ un’ossessione per me? E come potrebbe non esserlo? Come potrebbe la fede non essere un’ossessione, finché siamo vivi, finché esistiamo? Sono nato e cresciuto in un quartiere duro, molto difficile. I miei genitori non erano molto religiosi, i miei nonni erano contadini della campagna siciliana, emigrati a New York, analfabeti, e il loro primo scopo nella vita era provvedere alla famiglia».

I PROBLEMI DEL FRATELLO

Il regista ricorda che «quando sono stato introdotto alla fede a un altro livello,

questo è avvenuto nella vecchia cattedrale di St. Patrick, la prima cattedrale cattolica di New York (lo fu dal 1815 fino all’apertura dell’attuale, nel 1879 ndr). Lì ho ascoltato discorsi di compassione e amore, di responsabilità e obblighi. Avevo sentito discorsi simili in famiglia, da mio padre, mia madre, i loro fratelli e sorelle, i nonni. La cultura dei miei nonni era saldamente radicata nel loro piccolo villaggio in Sicilia, soprattutto per la moralità, quindi assistevo costantemente a discussioni in materia etica. Però più che sull’etica erano su mio fratello, su chi si sarebbe preso cura di lui: tuo fratello ha fatto tanti errori, è stato in carcere… ma te ne senti responsabile? Sì. Sei obbligato? Sì. E queste erano le costanti discussioni, di fatto finché mio padre è morto. E mi chiedevo se un uomo che aveva commesso dei peccati così grossi, ed era stato in carcere, potesse essere comunque una persona a cui poter volere bene».

DA PIO XII A WOJYTYLA

Infine Scorsese parla del suo rapporto con gli altri papi: «Ho 74 anni, il primo papa di cui mi ricordo è Pio XII: dovevo avere 7 o 8 anni. E poi mi ricordo di Giovanni XXIII, e di Paolo VI. Ero qui a Roma quando è morto Giovanni Paolo I ed è stato eletto Giovanni Paolo II, ma non avevo mai incontrato un pontefice, quella con papa Francesco è la prima volta».

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