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Perché siamo andati da un terapeuta ancor prima di sposarci

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Scott Webb - PD

Alexa Covington - pubblicato il 30/11/16

Quando abbiamo visto che il corso prematrimoniale della parrocchia non andava abbiamo preso in mano la situazione

Mio marito ed io ci siamo fidanzati a febbraio e abbiamo fissato le nozze per giugno. Questo ci ha dato tre mesi e mezzo per pianificare un matrimonio per 150 invitati e svolgere il corso di preparazione richiesto dalla Chiesa cattolica.

A dire la verità non eravamo entusiasti all’idea di frequentarlo, soprattutto perché la parrocchia in cui ci saremmo sposati richedeva che prendessimo parte al suo programma di 8 (o erano 10?) settimane gestito da altre coppie e ci sembrava una perdita di tempo.

Avevamo in gran parte ragione.

Le coppie incaricate erano persone deliziose e prendevano sul serio la loro fede, ma colui che all’epoca era il mio fidanzato ed io eravamo laureati rispettivamente in Teologia e Psicologia e avremmo potuto facilmente fare lezione sul matrimonio cattolico. Uno dei sacerdoti della parrocchia compariva ogni tre o quattro sessioni per gestire alcuni degli aspetti catechetici del programma, ma era comunque poco entusiasmante. La nostra sfida più grande era trattenerci dal dare l’impressione di essere una coppia di saputelli. Abbiamo fatto del nostro meglio.

La maggior parte delle coppie che si accostano oggi al matrimonio cattolico manca di catechesi e può “sopportare” di imparare di più non solo sulla propria fede, ma anche sulla sacramentalità del matrimonio, ma non era il nostro caso. Pensavamo di poter usufruire di più di altri aspetti, ottenendo strumenti migliori per risolvere i conflitti, consigli per gestire le differenze a livello di temperamento e background, eccetera. Io sono cresciuta con genitori divorziati e mio marito in una casa con continui litigi coniugali – sapevamo di avere entrambi degli handicap.

Anche se le coppie incaricate di impartire il nostro corso prematrimoniale erano aperte riguardo alle loro gioie e alle lotte che affrontavano, nessuna riusciva ad offrirci niente che non sapessimo già, e dopo poche sessioni, conoscendo le altre coppie di fidanzati presenti, avrei scommesso che almeno metà di loro non ce l’avrebbe mai fatta. Non volevamo sicuramente essere tra loro.

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E allora abbiamo deciso di rivolgerci a un terapeuta matrimoniale e familiare. Credetemi, non avevamo soldi extra da spendere – io ero impegnata a capire come tagliare ogni costo possibile in quella che era una città molto cara in cui sposarsi –, ma abbiamo pensato che anche poche sessioni sarebbero state meglio di niente, considerando l’importanza del passo che stavamo per compiere. Ho trovato un terapeuta cattolico specializzato nel lavorare con coppie fidanzate e sposate. Nel primo incontro abbiamo spiegato cosa volevamo ottenere dal tempo trascorso con lui, e una delle prime cose che ha fatto è stata darci un “inventario” programmato per le coppie di fidanzati – un questionario dettagliato che affrontava molte aree: comunicazione, storia familiare, punti di vista religiosi, traumi infantili, abilità comuni, storia sessuale, temperamento… Lo abbiamo riempito separatamente in una sessione e in quella successiva aveva i risultati.

Non c’era giusto o sbagliato – l’obiettivo era aiutarci a identificare le “bandiere rosse”, le incompatibilità o le questioni nascoste che avrebbero potuto ostacolare il nostro matrimonio. Conoscendoci da molto tempo era difficile immaginare che potesse saltar fuori qualcosa di “grande”, ma abbiamo avuto qualche sorpresa. Ad esempio, avevamo aspettative diverse sul fatto di avere i suoceri e gli amici in casa. Abbiamo anche scoperto che c’erano un paio di aree di cui non avevamo discusso abbastanza, come le finanze. Non avevamo mai parlato in modo molto dettagliato di come avremmo gestito le questioni economiche quotidiane della nostra nuova vita insieme: chi avrebbe pagato i conti? Come avremmo gestito i conti bancari? E che dire del budget? E le abitudini di consumo? E quali erano più in generale i nostri atteggiamenti e le nostre idee sul denaro?

Nel corso delle nostre sei sessioni di consulenza con lui, il terapeuta ci ha aiutato a portare alla luce varie aree perché ne discutessimo in modo più approfondito e in un modo mai sperimentato fino a quel momento. Ci ha anche fornito delle risorse utili e qualche strumento che usiamo ancora oggi.

Pur con tutto questo, e anche se ci conoscevamo da quasi sei anni quando ci siamo sposati, abbiamo comunque scoperto molte cose l’uno sull’altro dopo il matrimonio – cose auspicabili e non tanto. È questa la natura del matrimonio, no? Non viene chiamata “vocazione” senza motivo. Ma guardando indietro, 14 anni dopo e con un matrimonio che va a gonfie vele, concordiamo entrambi sul fatto che in preparazione al matrimonio ricorrere a un consulente sia stata la cosa migliore che abbiamo fatto.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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