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Francesco: “Nell’annunciare il Vangelo rifiutiamo l’idolatria del successo”

Vatican Insider - pubblicato il 30/11/16

«C’è il rischio che la missione cristiana appaia come una mera utopia irrealizzabile o, comunque, una realtà che supera le nostre forze». Ma c’è anche il rischio «di indulgere a una certa smania di potere, al proselitismo o al fanatismo intollerante», mentre il Vangelo «ci invita a rifiutare l’idolatria del successo e della potenza, la preoccupazione eccessiva per le strutture, e una certa ansia che risponde più a uno spirito di conquista che a quello del servizio». Lo scrive Francesco nel messaggio per la 54° Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che sarà celebrata il 7 maggio 2017 e che ha come tema: «Sospinti dallo Spirito per la missione».  

Papa Bergoglio vuole soffermarsi sulla dimensione missionaria della chiamata cristiana: «Chi si è lasciato attrarre dalla voce di Dio e si è messo alla sequela di Gesù scopre ben presto, dentro di sé, l’insopprimibile desiderio di portare la buona notizia ai fratelli, attraverso l’evangelizzazione e il servizio nella carità. Tutti i cristiani sono costituiti missionari del Vangelo! Il discepolo, infatti, non riceve il dono dell’amore di Dio per una consolazione privata; non è chiamato a portare sé stesso né a curare gli interessi di un’azienda; egli è semplicemente toccato e trasformato dalla gioia di sentirsi amato da Dio e non può trattenere questa esperienza solo per sé». 

L’impegno missionario, perciò, spiega Francesco, «non è qualcosa che si va ad aggiungere alla vita cristiana, come fosse un ornamento, ma, al contrario, è situato nel cuore della fede stessa: la relazione con il Signore implica l’essere mandati nel mondo come profeti della sua parola e testimoni del suo amore. Se anche sperimentiamo in noi molte fragilità e possiamo talvolta sentirci scoraggiati, dobbiamo alzare il capo verso Dio, senza farci schiacciare dal senso di inadeguatezza o cedere al pessimismo, che ci rende passivi spettatori di una vita stanca e abitudinaria». Il Papa aggiunge che «non c’è posto per il timore», perché «è Dio stesso» che «ci rende idonei per la missione». 

Una chiamata che vale «in modo particolare per coloro che sono chiamati a una vita di speciale consacrazione e anche per i sacerdoti… Con rinnovato entusiasmo missionario, essi sono chiamati ad uscire dai sacri recinti del tempio, per permettere alla tenerezza di Dio di straripare a favore degli uomini. La Chiesa ha bisogno di sacerdoti così: fiduciosi e sereni per aver scoperto il vero tesoro, ansiosi di andare a farlo conoscere con gioia a tutti!». 

«Gesù – ha detto ancora il Papa – si affianca al nostro cammino. Dinanzi alle domande che emergono dal cuore dell’uomo e alle sfide che si levano dalla realtà, possiamo provare una sensazione di smarrimento e avvertire un deficit di energie e di speranza. C’è il rischio che la missione cristiana appaia come una mera utopia irrealizzabile o, comunque, una realtà che supera le nostre forze. Ma se contempliamo Gesù Risorto, che cammina accanto ai discepoli di Emmaus, la nostra fiducia può essere ravvivata; in questa scena evangelica, abbiamo una vera e propria “liturgia della strada”, che precede quella della Parola e del Pane spezzato e ci comunica che, in ogni nostro passo, Gesù è accanto a noi!». Francesco osserva che ricorda come i due discepoli, feriti dallo scandalo della croce, stiano ritornando a casa «percorrendo la via della sconfitta: portano nel cuore una speranza infranta e un sogno che non si è realizzato». Ma Cristo «non li giudica, percorre la loro stessa strada e, invece di innalzare un muro, apre una nuova breccia».  

Infine, il Papa insiste sull’importanza dell’imparare dal Vangelo lo stile dell’annuncio. «Non di rado, infatti – scrive nel messaggio – anche con le migliori intenzioni, può succedere di indulgere a una certa smania di potere, al proselitismo o al fanatismo intollerante. Il Vangelo, invece, ci invita a rifiutare l’idolatria del successo e della potenza, la preoccupazione eccessiva per le strutture, e una certa ansia che risponde più a uno spirito di conquista che a quello del servizio. Il seme del Regno, benché piccolo, invisibile e talvolta insignificante, cresce silenziosamente grazie all’opera incessante di Dio». Ecco allora «la nostra prima fiducia: Dio supera le nostre aspettative e ci sorprende con la sua generosità, facendo germogliare i frutti del nostro lavoro oltre i calcoli dell’efficienza umana». 

«Con questa fiducia evangelica ci apriamo all’azione silenziosa dello Spirito, che è il fondamento della missione. Non potrà mai esserci – conclude Francesco – né pastorale vocazionale, né missione cristiana senza la preghiera assidua e contemplativa. In tal senso, occorre alimentare la vita cristiana con l’ascolto della Parola di Dio e, soprattutto, curare la relazione personale con il Signore nell’adorazione eucaristica, “luogo” privilegiato di incontro con Dio». Il Papa chiede alle parrocchie, alle associazioni e «ai numerosi gruppi di preghiera presenti nella Chiesa», contro «la tentazione dello scoraggiamento», di continuare «a pregare il Signore perché mandi operai nella sua messe e ci dia sacerdoti innamorati del Vangelo, capaci di farsi prossimi con i fratelli ed essere, così, segno vivo dell’amore misericordioso di Dio». Di fronte alla «diffusa sensazione di una fede stanca o ridotta a meri “doveri da compiere”, i nostri giovani hanno il desiderio di scoprire il fascino sempre attuale della figura di Gesù, di lasciarsi interrogare e provocare dalle sue parole e dai suoi gesti e, infine, di sognare, grazie a Lui, una vita pienamente umana, lieta di spendersi nell’amore». 

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