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Ratzinger disse: la Chiesa non è al mondo per cambiare i governi

Vatican Insider - pubblicato il 28/11/16

«La Chiesa non è al mondo per cambiare i governi» ma «per penetrare con il Vangelo il cuore degli uomini». Sono parole di Benedetto XVI, che fotografano l’atteggiamento seguito fino a oggi dal Vaticano con Cuba. La morte di Fidel, uscito di scena da un decennio, probabilmente non porterà immediate novità. I cambiamenti sono infatti attesi sul fronte interno quando avverrà il ricambio generazionale ai vertici del partito comunista, mentre sul fronte esterno essi dipenderanno dall’atteggiamento seguito dalla nuova amministrazione statunitense. Di certo Papa Francesco, la diplomazia vaticana e la Chiesa cattolica cubana continueranno nella via del dialogo e dei piccoli passi.Una via inaugurata da Giovanni Paolo II e continuata da Papa Ratzinger, come aveva a suo tempo rivelato il cardinale Jaime Ortega Alamino, oggi arcivescovo emerito dell’Avana.

«Nell’ultima conversazione che abbiamo avuto, in giugno o luglio 2012 – ha raccontato Ortega – Papa Benedetto ha ricordato la sua visita a Cuba e ha detto: “È stato molto interessante l’incontro con il Presidente Raul Castro. Lui è un uomo che vuole fare diversi cambiamenti. Bisogna aiutarlo. La Chiesa deve essere per il dialogo. La Chiesa non è al mondo per cambiare i governi, ma per penetrare con il Vangelo il cuore degli uomini. Questa dovrebbe essere sempre la via della Chiesa”. Lo diceva facendo un bilancio per il fatto di aver potuto visitare Cuba, e prima di lui, Giovanni Paolo II, perché noi avevamo mantenuto questa posizione dialogica. Diceva che non c’è un altra via se non questa». Pochi mesi dopo, durante il conclave del 2013, il cardinale Ortega raccontò le parole di Ratzinger a Bergoglio, che rispose dicendo: «Questa frase di Papa Benedetto sarebbe da mettere su uno striscione all’ingresso di ogni città del mondo».

Ortega per oltre trent’anni è stato un punto di riferimento importante all’Avana. Oggi ha passato il testimone al nuovo arcivescovo dell’Avana, Juan de la Caridad García, ma resta un personaggio chiave. L’interfaccia della Santa Sede nell’isola è il nunzio Giorgio Lingua, nel Paese da un anno e mezzo, dopo essere stato rappresentante pontificio in Giordania e Iraq. 

Negli anni diversi «ambasciatori» ufficiosi hanno compiuto visite a Cuba. E non si può dimenticare che proprio tra i collaboratori più vicini a Papa Bergoglio oggi ci sono due diplomatici che sono passati per la nunziatura dell’Avana e hanno mantenuto contatti con la Chiesa locale. C’è il Prefetto della Congregazione del clero, il cardinale Beniamino Stella, che ha rappresentato il Papa a Cuba dal 1992 al 1999 e dunque ha preparato la visita di Giovanni Paolo II. E c’è l’arcivescovo Angelo Becciu, Sostituto della Segreteria di Stato – incarico che prevede un contatto costante con il Pontefice – che è stato nunzio a Cuba dal 2009 al 2011. Proprio Becciu, intervistato da Tv2000 alla vigilia del viaggio di Francesco nel settembre 2015, aveva detto: « Per 50 anni hanno sofferto a causa dell’embargo. La Santa Sede si è sempre espressa contro l’embargo sia a Cuba come in altri Paesi. Perché chi soffre sono i poveri e il popolo, non tanto gli altri». 

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