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Le strategie di Satana, Parte I: la tattica di Gezabele

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padre Robert McTeigue, SJ - pubblicato il 16/11/16

Primo contributo di una serie sulla lotta spirituale: l'attacco satanico che sfrutta la nostra paura, la lussuria, le ferite e la tiepidezza

“Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle…” (Apocalisse 2, 20). Gezabele è un nome vilipeso nella Scrittura e nel corso della storia cristiana. I genitori non chiamerebbero la propria figlia Gezabele più di quanto chiamerebbero il figlio Giuda Iscariota. La vediamo come una regina idolatra in Israele nel primo e nel secondo Libro dei Re, mentre nell’Apocalisse viene denunciata come profetessa falsa e seducente. Cosa rappresenta questa donna?

Al di là della sua identità storica nell’antico Israele, Gezabele è diventata un archetipo, ovvero un modello, uno standard, di malvagità – nella fattispecie seduzione, manipolazione, idolatria e omicidio. Rappresenta l’odio nei confronti dell’autentica profezia e dell’autorità religiosa. In quanto tale, Gezabele è un nome umano per una strategia satanica – una strategia che dipende dalla nostra paura, dalla nostra lussuria, dalla debolezza e dalla tiepidezza. Studiare questa strategia, notando dove, come e perché funziona, è il primo passo per sconfiggere quel disegno malvagio.

Sant’Ignazio di Loyola, definendo Satana “il nemico della nostra natura umana”, lo paragona a un generale che si prepara ad assediare una fortezza e attacca dal lato più debole. Allo stesso modo, Satana “studia da tutte le parti le nostre virtù teologiche, cardinali e morali. Dove ci trova più deboli e più bisognosi riguardo alla nostra salvezza eterna, lì attacca e cerca di conquistarci”.

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Satana mette in atto la strategia di Gezabele, cercando soprattutto le ferite emotive che possono permettergli di entrare nella nostra anima. La strategia di Gezabele usa la seduzione e la manipolazione nei confronti di chi è debole e dubita, tattiche inefficaci con chi è invece forte e obbediente. In altre parole, quando permettiamo al nostro dolore di scadere nell’autocommiserazione, la strategia di Gezabele è pronta a mettersi all’opera.

Gli Alcolisti Anonimi lo sanno bene. La loro battuta contro l’autocommiserazione descrive molto bene questo processo: “Povero me! Povero me! Versatemi un altro drink!” (o “Se aveste una vita come la mia berreste anche voi!”) La strategia di Iezabele asciugherà le vostre lacrime e bacerà i vostri lividi; il prossimo passo è prendervi per mano e portarvi dove non dovreste andare.

Cosa possiamo imparare da tutto questo? Tutti abbiamo delle ferite. Non possiamo permettere che le nostre ferite spirituali si infettino. Non dobbiamo permettere che le nostre ferite scadano nel risentimento e nell’autocommiserazione. Se non siamo vigilanti, lasciamo una porta aperta perché vi si possa infilare la strategia di Gezabele. Se non resistiamo alle seduzioni e alle manipolazioni di Gezabele con coraggio e santa obbedienza, allora, avverte Sant’Ignazio di Loyola, “nessuna bestia selvatica sulla terra è più feroce del nemico della nostra natura umana mentre persegue la sua intenzione malvagia con malizia sempre crescente”.

La santità, l’umiltà e la guarigione sono intrecciate. Le debolezze e le ferite che abbiamo possono essere degli ostacoli nella nostra via verso la santità. Dobbiamo avere l’umiltà di ammettere il nostro bisogno davanti al Signore e chiedere la Sua guarigione.

Se ci pentiamo dei nostri peccati senza chiedere al Signore di guarire, torneremo a ripetere gli stessi peccati. Pentirsi senza guarire per quelle ferite che sono alla base del peccato è come tagliare solo la punta dell’erba e poi sorprendersi che torni a crescere. Il peccato getta più facilmente radici in luoghi in cui il nostro cuore è stato ferito. Se vogliamo liberarci dei nostri peccati abituali, dobbiamo trovare la guarigione nel nostro cuore. Non possiamo ricevere guarigione se non la chiediamo. Il primo passo per la guarigione del nostro cuore, essenziale come rimedio per il peccato, è guardare al Signore crocifisso e poi vedere e dare un nome alle nostre ferite per poterle offrire a Lui.

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C’è un altro passo che spesso viene trascurato. Le ferite nella nostra anima devono essere riempite di bontà, virtù e grazia. Il pentimento, la vera conversione, la vera trasformazione in Cristo sono quindi una questione di santo desiderio. Riguardano il corpo, l’anima, l’impegno, la volontà, la mente, la grazia e il sangue. Qualsiasi altra idea di conversione è una fantasia. La strategia di Gezabele ci ruba i nostri desideri santi e instilla nel nostro cuore le false promesse di idoli assassini.

Questa settimana leggiamo il primo e il secondo Libro dei Re. Prendiamo nota di come la persona di Gezabele sia l’incarnazione della strategia satanica di Gezabele, e poi meditiamo sull’immagine terrificante della punizione del Signore per i seguaci di Gezabele in Apocalisse 2. Gesù dice che dobbiamo essere astuti come serpenti e innocenti come colombe (Matteo 10, 16). Solo allora potremo realizzare il nostro compito, ovvero sia resistere alla strategia di Iezabele che sconfiggerla.

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Padre Robert McTeigue, S.J., è membro della provincia del Maryland della Compagnia di Gesù. Docente di Filosofia e Teologia, ha insegnato nell’America Settentrionale e Centrale, in Europa e in Asia, ed è noto per le sue lezioni di Retorica ed Etica Medica. Ha una lunga esperienza di direzione spirituale, ministero di ritiri e formazione religiosa, e attualmente è impegnato nel ministero pastorale nelle parrocchie.

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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