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In questi 7 Paesi del mondo è “vietato credere”

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©AFP PHOTO / SAFIN HAMED

An Iraqi forces member stands in the Church of the Immaculate Conception on October 30, 2016 in the town of Qaraqosh (also known as Hamdaniya), 30 kms east of Mosul, after Iraqi forces recaptured it from Islamic State (IS) group jihadists. Iraqi forces are fighting their way toward Mosul to retake it from IS in an operation that is now in its second week, and some Christian villages have already been retaken. / AFP PHOTO / SAFIN HAMED

Marinella Bandini - Aleteia - pubblicato il 15/11/16

Rapporto ACS sulla libertà religiosa: in 38 paesi persecuzioni in atto. Allarme iper-estremismo islamico

Ci sono paesi nel mondo in cui è praticamente proibito credere, altri in cui si può credere solo in un certo dio e chi la pensa diversamente rischia la vita. Sono paesi in cui anche la parola “persecuzione” sembra poco. E se si potesse attribuire una “maglia nera” per questo triste primato, non c’è dubbio che andrebbe alla Corea del Nord: qui “cristiano” vuol dire “ostile”, i religiosi vengono internati nei campi di lavoro, l’unica divinità cui rendere culto è la dinastia Kim. A condividerne il triste primato anche Afghanistan, Arabia Saudita, Iraq, Nigeria (nord), Siria e Somalia. Sono paesi in cui “peggio di così non si riesce nemmeno a immaginare” dice Alessandro Monteduro, direttore ACS Italia. L’occasione è la presentazione del XIII Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, curato da “Aiuto alla Chiesa che soffre”. Il periodo esaminato è va da giugno 2014 a giugno 2016. Due i fenomeni evidenziati: l’emergere di attori “non statali” come responsabili delle persecuzioni (organizzazioni fondamentaliste o militanti) e “un nuovo fenomeno di violenze a sfondo religioso, che può essere descritto come iper-estremismo islamico”.

Dal 2014 “violenti attacchi islamisti hanno avuto luogo in una nazione su cinque nel mondo”. In Siria e Iraq, questo iper-estremismo “sta eliminando ogni forma di diversità religiosa” e “minaccia di fare lo stesso in ampie regioni dell’Africa e dell’Asia meridionale”. Sono 38 – dice il Rapporto – i paesi in cui è in atto una persecuzione religiosa (su 196 monitorati). Una fascia che colora di rosso la mappa di Nord Africa (e Corno d’Africa), Medio Oriente e Asia. In Cina state rimosse le croci da oltre 2.000 chiese, in India c’è una sorta di “taglia” sulle conversioni, un premio per chi porta nuovi fedeli all’induismo. Dalla Somalia sono partiti i terroristi della strage all’Università di Garissa (Kenya). Tra le loro vittime anche una studentessa che preparava una tesi sul dialogo interreligioso. In Iraq, l’Isis ha stilato un vero e proprio “prezziario” delle donne yazide, una minoranza a rischio sterminio per cui anche oggi, da ACS, si è levata la richiesta per il riconoscimento del genocidio. Così come si è alzata ancora la richiesta di giustizia per Asia Bibi, la donna pakistana condannata a morte per blasfemia.

La mano dell’iper-estremismo islamico ha toccato anche l’Europa. Alcuni Paesi – in primis Francia e Belgio – sono stati colpiti (in questi giorni, nel 2015, si consumava la strage del Bataclan a Parigi). Ma c’è anche una “guerra” interna al Vecchio Continente, sul piano culturale, quella per “espellere Dio dal vivere sociale” ha detto il cardinale Mauro Piacenza, presidente di ACS International. “La libertà religiosa gioca il suo ruolo nel foro pubblico, nelle relazioni tra gli uomini. La libertà religiosa si fonda sulla ragione e sulla verità che, insieme ad essa, sono i presupposti della democrazia”. Tutto il contrario del relativismo culturale dominante, “il terreno meno adatto per garantire la libertà religiosa”. Sul caso italiano, il Rapporto segnala che “è aumentata l’intolleranza, talora trasformatasi in vera e propria discriminazione, ai danni dei cristiani”. Si fa riferimento a episodi di intolleranza relativi al dibattito su gender e unioni civili, per esempio nelle manifestazioni delle “Sentinelle in piedi”, ma anche il caso del giudice del Consiglio di Stato Carlo Deodato per una sentenza contro la trascrizione dei matrimoni omosessuali celebrati all’estero.

Si segnalano “numerosi atti di vandalismo e profanazione di statue, icone e chiese cristiane” e le periodiche proteste per simboli religiosi nei luoghi pubblici, presepi e recite di Natale nelle scuole. Un cenno a episodi di discriminazione di persone di fede musulmana, in seguito agli attacchi di Bruxelles. La comunità ebraica ha denunciato una cinquantina di episodi di intolleranza nel periodo analizzato dal Rapporto, solitamente graffiti o svastiche dipinti fuori da luoghi gestiti o frequentati da ebrei. L’episodio più grave a Milano, dove a novembre 2015 un uomo è stato accoltellato nei pressi di un negozio kosher. Per non dimenticare continuano le iniziative di sensibilizzazione di ACS: questa sera si illumina di rosso la statua del Cristo Re che domina Rio de Janeiro, il 23 novembre la cattedrale di Westminster. Un tentativo, come quello della pubblicazione del Rapporto, di aumentare la consapevolezza sulle persecuzioni e sulla importanza della libertà religiosa. Continua anche il lavoro di sostegno economico e la formazione. Dopo l’assassinio di padre Hamel, ACS ha messo a disposizione mille borse di studio per la formazione di sacerdoti. “La nostra arma è la speranza” dice Monteduro.

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