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Tre dettagli poco noti sul Purgatorio

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Artist (Italian, Florentine) Details of artist on Google Art Project [Public domain], via Wikimedia Commons

Daniel R. Esparza - pubblicato il 04/10/16

Alcune precisazioni a livello di escatologia ad opera di Santa Caterina da Genova e San Tommaso d'Aquino

Curiosamente, mentre la filosofia e la teoria politica contemporanee – almeno dal XX secolo – hanno utilizzato categorie tratte dall’escatologia cattolica (in modo sorprendentemente fruttuoso, bisogna ammettere), la riflessione sulle realtà ultime, almeno intraecclesialmente, sembra non occupare al giorno d’oggi un posto privilegiato.

Ciò non vuol dire, tuttavia, che nella tradizione cattolica l’escatologia non sia stata oggetto di riflessione intensa e spesso erudita.

Di recente, Shaun McAfee ha pubblicato su EpicPew una lista di dieci cose che molto probabilmente non sappiamo sul Purgatorio. Abbiamo selezionato le tre che ci sembravano più interessanti, per stimolare – se possibile – una conversazione di questi temi.

Chi è in Purgatorio è già unito a Cristo

Le anime del Purgatorio fanno parte della cosiddetta “Chiesa purgante”, nota anche come “Chiesa sofferente”. La Tradizione riconosce che noi fedeli siamo, per così dire, raggruppati in tre grandi stadi: la Chiesa militante, la Chiesa purgante e la Chiesa trionfante. Nella Lumen Gentium si legge:

“Fino a che dunque il Signore non verrà nella sua gloria, accompagnato da tutti i suoi angeli e, distrutta la morte, non gli saranno sottomesse tutte le cose, alcuni dei suoi discepoli sono pellegrini sulla terra, altri, compiuta questa vita, si purificano ancora, altri infine godono della gloria contemplando ‘chiaramente Dio uno e trino, qual è’”.

Se le anime del Purgatorio fanno parte della Chiesa purgante – come potremmo esserlo noi, tra le nostre sofferenze come Chiesa militante –, allora fanno ovviamente parte del Corpo Mistico di Cristo, e quindi restano uniti a Lui.

La sofferenza in Purgatorio è volontaria

Ciò merita una spiegazione un po’ più dettagliata. Come si legge nel post di Shaun McAfee su EpicPew, nel trattato sul Purgatorio di Santa Caterina da Genova si spiega che vedendo ciò che la aspetta in Cielo l’anima si “getta” volontariamente nel Purgatorio. Il Purgatorio è volontario non perché qualcuno possa scegliere di non andarci, ma perché vedendo ciò che guadagna passandoci l’anima vi si sottomette volontariamente. San Tommaso d’Aquino dice esattamente lo stesso.

In Purgatorio c’è anche gioia

In genere si pensa al Purgatorio come luogo di sofferenza, anche se temporanea, ma in realtà, come spiega Santa Caterina da Genova, il Purgatorio non è esente da gioia. Come Cristo consola le anime della Chiesa militante, lo fa anche con la Chiesa purgante, e come noi possiamo consolarci gli uni gli altri durante la nostra vita terrena, possiamo farlo anche in Purgatorio. Santa Caterina spiega però che c’è di più:

“Il fuoco dell’amore di Dio è quello che consuma nell’anima ogni ruggine o macchia di peccato. La sofferenza del Purgatorio è quindi innanzitutto la pena di danno, molto più della pena di senso, ovvero molto più di qualsiasi altra pena che vi si possa trovare”.

In effetti, la cosa più terribile per l’anima è la lacerazione interiore prodotta da un amore che a causa di quegli impedimenti ancora non del tutto eliminati si vede ritardato nell’ansia del suo perfetto possesso di Dio. E più c’è purificazione, più intenso è l’amore e più crudele è il dolore. Amore e dolore sembrano crescere così in Purgatorio in progressione accelerata.

Il Purgatorio è dunque un crescendo d’amore e di dolore che conduce al cielo, alla felicità perfetta. Nelle anime del Purgatorio ci sono una gioia immensa, simile a quella del Cielo, e un dolore immenso, simole a quello dell’Inferno; e uno non elimina l’altro”.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

LEGGI ANCHE: Quante volte si può applicare l’indulgenza per portar via un’anima dal Purgatorio?

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