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Ildegarda di Bingen: monaca benedettina infiammata dallo Spirito

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Silvia Lucchetti - Aleteia - pubblicato il 29/09/16

Un libro racconta la storia della santa tedesca, Dottore della Chiesa Universale

“Fuoco verde. Ildegarda di Bingen, donna del mistero” (San Paolo edizioni) è il libro della giovane Costanza Cavalli che racconta la storia della santa, mistica, musicista, esperta di erbe Ildegarda, proclamata Dottore della Chiesa il 7 ottobre 2012 da Benedetto XVI che così disse:

«In Santa Ildegarda di Bingen si rileva una straordinaria armonia tra la dottrina e la vita quotidiana. In lei la ricerca della volontà di Dio nell’imitazione di Cristo si esprime come un costante esercizio delle virtù, che ella esercita con somma generosità e che alimenta alle radici bibliche, liturgiche e patristiche alla luce della Regola di San Benedetto: rifulge in lei in modo particolare la pratica perseverante dell’obbedienza, della semplicità, della carità e dell’ospitalità. In questa volontà di totale appartenenza al Signore, la badessa benedettina sa coinvolgere le sue non comuni doti umane, la sua acuta intelligenza e la sua capacità di penetrazione delle realtà celesti».

L’autrice sceglie come voce narrante della storia Clementia, sorella di Ildegarda e suora, e ci dona il ritratto di una donna coraggiosa, amante del silenzio, anticonformista, dedita alla predicazione e alla preghiera. L’evento che apre e conclude il testo è il diverbio con il vescovo di Magonza che accusa Ildegarda di aver dato ospitalità a uno scomunicato, punendo il monastero con il divieto di essere ammessi alle funzioni religiose. Uno giovane ferito, su cui pesa la scomunica, viene accolto nel monastero fino al momento della morte. Ildegarda non accetta il provvedimento e lotta per ribadire l’insegnamento cristiano di accogliere chi è in difficoltà.


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ILDEGARDA E LA REGOLA DI SAN BENEDETTO

La santa e mistica tedesca ultima di dieci figli, nasce in una famiglia nobile nel 1098 in Renania, a otto anni entra nella badia benedettina di San Disibodo e giovanissima prende i voti.

«Era il 1112. Erano già tempi difficili, e tutti, soprattutto i religiosi, subivano le schermaglie tra il Santo Padre e l’imperatore: fu l’arcivescovo di Bamberga, Ottone, a presiedere la cerimonia nella quale venni ordinata, perché il titolare dell’ufficio, Adalberto di Magonza, da cui dipendevamo, era prigioniero di Enrico V, a Trifel. Da quel momento non appartengo più a me stessa, ma a Cristo, sono sua sposa. E la Regola di San Benedetto guida le mie giornate. Una Regola fatta di preghiera, di duro lavoro e dell’indispensabile per vivere. E, in un certo senso, di studio: le consorelle imparavano i nomi delle piante, a che cosa servono, come usarle per curare le malattie, come si pratica la potatura, come deviare il corso dei torrenti per irrigare i terreni, e anche come arare e mietere. Ugualmente, io stessa, decidendo di portare il velo, avevo scelto una vita faticosa: la Regola era la strada maestra per raggiungere l’equilibrio, l’armonia con il creato. Senza mortificare il corpo, perché chi uccide la carne, uccide l’anima che vi abita: Dio ci richiede pietà, non il sacrificio di quanto ci ha donato».

IL DOLORE FISICO, LE VISIONI E IL COMANDO DI DIO

Ildegarda ha le visioni fin dalla più tenera età, è un dono talmente grande che custodisce a lungo dentro di sé in segno di umiltà. Soffre di malori continui, è sempre molto provata nel fisico da frequenti mal di testa e dolori lancinanti che la mettono costantemente alla prova…

«Quando credevo di essere stata messa alla prova a sufficienza, Dio bussò di nuovo alla mia porta. Come la cadenza delle stagioni, i miei malesseri ritornavano. Ma era venuto il momento di rendere pubbliche le mie visioni. A convincermi non fu solo l’insistenza con cui si manifestavano, o i mal di testa che le accompagnavano, ma proprio una di esse, in cui Dio stesso mi comandava di esporre al mondo le parole con cui, attraverso me, proclamava la sua volontà: «Ascolta, o creatura, queste parole, e dille, non secondo te, ma secondo me; e istruita da me, parla di te». Dapprima mi ribellai e mi chiusi nel silenzio(…)».

«LE VEDO NELL’ANIMA»

Le visioni l’accompagnano fin dalla primissima infanzia e coincidono con tempi di sofferenza fisica e psichica particolarmente acuti. Non sono momenti ti estasi e neppure di trance, Ildegarda resta sveglia e vigile mentre vive l’esperienza mistica.

«Fin dall’infanzia ho sempre avuto nell’animo queste visioni; in queste visioni la mia anima, come piace a Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti di venti diversi, raggiungendo genti diverse. Queste cose non le percepisco con le orecchie esteriori, né le penso segretamente fra me, né le apprendo mediante l’uso congiunto dei cinque sensi; posso dire soltanto che le vedo nell’anima, e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicché mai in esse ho subito il mancamento dell’estasi; io le vedo di giorno e di notte, ma sempre da sveglia».

LO SPIRITO SANTO «UNA FIAMMA CHE NON BRUCIA MA SCALDA»

«Avvenne nell’anno 1141 dall’incarnazione di Cristo, quando avevo quarantadue anni e sette mesi, che una luce infuocata, fortissima e abbagliante, scendendo dal cielo che si era aperto, infiammò tutto il mio cervello e mi riempii di calore il cuore e il petto: era simile a una fiamma che non brucia ma scalda, come fa il sole quando colpisce qualcosa con i suoi raggi. E, subito, fui in grado di interpretare i libri, il salterio, il vangelo, e gli altri libri cattolici, l’Antico e il Nuovo Testamento (…) Io sentivo dentro di me, in modo straordinario, la forza e il mistero di visioni segrete e stupefacenti…».

ILDEGARDA E BERNARDO DI CHIARAVALLE

L’umile e tenace monaca nell’arco della sua vita intrattiene rapporti epistolari e incontra personalmente importanti personaggi dell’epoca, tra cui Federico Barbarossa. Si confronta con le più alte personalità della Chiesa e dell’Impero: li rimprovera, gli offre consigli, ricorda loro il potere assoluto di Dio. Importante e prezioso lo scambio con Bernardo di Chiaravalle

Ildegarda:“«Se Dio aveva affidato davvero a me quell’incarico, avrei dovuto far risuonare la sua parola in tutta la cristianità? Avevo bisogno di conferme. E l’uomo giusto cui chiedere era Bernardo di Chiaravalle. (…)Gli scrissi una lunga lettera: confessai la mia misera istruzione e le mie visioni divine. In una di queste l’avevo visto: era come un’aquila che guardava il sole e sollevava il mondo verso la salvezza. Mi affidai al suo giudizio, chiesi se dovevo parlare apertamente e rischiare che le mie visioni fossero prese per eretiche, o se dovevo tacere».
Clementia:«Ti rispose?»
Ildegarda:«Sì, era una lettera breve, in cui mi esortava a obbedire alla Grazia con umiltà e dedizione. Mi fu di grande conforto, diceva: «Ci rallegriamo per la Grazia di Dio che è in te, e per quanto dipende da noi
ti esortiamo e ti supplichiamo affinché tu la riconosca come tale e cerchi di corrispondervi con la massima umiltà e devozione, consapevole del fatto che Dio resiste ai superbi, mentre concede agli umili la Sua grazia. Del resto, laddove c’è una scienza interiore e un’unzione che istruisce su ogni cosa, noi che cosa possiamo insegnare o consigliare? Piuttosto, ti preghiamo e ti supplichiamo, affinché tu interceda presso Dio per noi e, parimenti, per coloro i quali sono uniti a noi in un vincolo spirituale nel Signore»”.

Riportiamo in conclusione un estratto della Lettera apostolica di Papa Benedetto XVI per la proclamazione a Dottore della Chiesa Universale di Santa Ildegarda di Bingen:

«(…) Il suo messaggio appare straordinariamente attuale nel mondo contemporaneo, particolarmente sensibile all’insieme dei valori proposti e vissuti da lei. Pensiamo, ad esempio, alla capacità carismatica e speculativa di Ildegarda, che si presenta come un vivace incentivo alla ricerca teologica; alla sua riflessione sul mistero di Cristo, considerato nella sua bellezza; al dialogo della Chiesa e della teologia con la cultura, la scienza e l’arte contemporanea; all’ideale di vita consacrata, come possibilità di umana realizzazione; alla valorizzazione della liturgia, come celebrazione della vita; all’idea di riforma della Chiesa, non come sterile cambiamento delle strutture, ma come conversione del cuore(…)».  

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